Ci innamoriamo di chi ci dà le emozioni di cui abbiamo bisogno

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~Non ci innamoriamo di chi è perfetto ma di chi ci dà le emozioni di cui abbiamo bisogno~

Si siedono su una delle panchine che costeggiano le corsie centrali del ponte. Appoggiano la schiena alla ringhiera che li divide dall'intenso traffico del mattino. Si fissano per un istante che sembra loro interminabile, parlano e si ammirano con gli sguardi che partono dagli occhi grigi di lui a quelli azzurri di lei.

"Inizia tu" dice lei guardando Dorian.

"Ok. Ehm... ti piace il gelato?"

Lei scoppia in una risata sonora.

"Non potevi scegliere domanda più stupida per iniziare... comunque mi piace molto"

Lui la guarda facendo finta di essersi arrabbiato, poi sorride e dice: "Io lo adoro, o meglio, lo venero"

E si abbracciano.

"Così è troppo facile però! Adesso vediamo chi è più bravo: adoro riflettere" lo guarda in segno di sfida e con un espressione di vittoria sul volto.

"Ok ok hai subito trovato il mio punto debole, sono abbastanza incauto. E mi butto a capofitto in tutto. Ok, non sono per niente una persona riflessiva, va bene? Non c'è bisogno che me lo rinfacci!" mette su il broncio mentre lei ride divertita.

"Ora mi vendico: mi piace il calcio"

Lei gli fa la linguaccia. "Ah, fregato, anche a me piace il calcio!"

E si abbracciano di nuovo.

Vanno avanti per quella che sembra un'eternità, quasi sempre abbracciati, a parlare delle loro passioni e dei loro interessi comuni, che scoprono essere tantissimi. Quando si rendono conto che è l'ora di pranzo, si alzano e si incamminano per mano verso il centro città, dove sono sicuri che troveranno un posto per mangiare.

Ora sono nella piazza principale, davanti a un locale molto invitante strapieno di gente molto poco raccomandabile. Spostano lo sguardo poco più in là e scorgono un ristorantino molto tranquillo, con un bellissimo dehor dove ci sono due coppie di clienti che sorseggiano tranquillamente il caffè. Si guardano, consapevoli che stanno pensando la stessa identica cosa.

"Ok, ci siamo capiti" esclama lei, e insieme si dirigono verso la loro seconda opzione.

Si siedono a un tavolo, tenendosi per mano senza alcun imbarazzo. Sfogliano il menu, e alla fine optano tutti e due per un pranzo a base di pesce.

Parlano dei viaggi che hanno fatto. Lui è stato in Svezia, in Australia e nelle verdi pianure irlandesi. Lei invece è uscita solo una volta dalla sua città: aveva quattro anni e sua madre l'ha portata in Italia a visitare Venezia. Ricorda pochissimo di quel viaggio, era molto piccola, ma è l'ultima cosa felice che ha fatto con sua madre prima che lei l'abbandonasse. Poi è rimasta con suo padre. Finchè non se n'è andato anche lui.

Viene scossa da un fremito provocato dai ricordi.

Lui le cinge le spalle e le sussurra: "Va tutto bene, tranquilla, ora ci sono io qui con te. Non sarai più sola, te lo prometto."

L'abbraccia con forza, mentre le lacrime le rigano le guance. Lui le asciuga con le dita gli occhi bagnati e sorridendo le dà un delicato bacio sul naso.

"Grazie. Tu ti sforzi di capirmi, di comprendere questa situazione impossibile che è la mia vita. Tu mi dai la forza di lottare, sei l'unico per adesso che non mi voglia abbandonare, anche se tutti gli altri ormai l'hanno già fatto"

"Ti amo, come non ho mai fatto con nessuno. So che sembra strano che io possa amarti dopo pochissimo tempo che ti conosco, ma spesso l'amore è un sentimento più grande di noi, che non possiamo controllare. E ci colpisce sempre nel momento in cui siamo più vulnerabili."

Posano uno la fronte su quella dell'altra, e rimangono così a sorridersi, anche quando il cameriere appoggia sul tavolo le prime portate.

Mangiano più tranquilli, ora che lui è riuscito a tranquillizzarla, e chiacchierano di come passeranno il resto della giornata. Che sono sicuri sarà molto più lunga di come sono state queste prime sei ore di un lunedì troppo bello per anche solo sembrare vero. Eppure, lo è.

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