Santa, won't you bring my babe to me?

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Nessuno merita di passare da solo la notte di Natale, nessuno.

Eppure io questo ventiquattro dicembre lo sarei stato.

E' strano da dirsi perché fino a qualche settimana fa avevo pianificato tutto alla perfezione perché fosse il Natale più bello di sempre.

Avevo rinunciato alle vacanze in Sicilia dalla mia famiglia per passare quelle due settimane, che – per una congiunzione astrale – ero riuscito ad avere libere nonostante i miei tantissimi impegni per via del mio lavoro, con l'amore della mia vita.

E per me quello era tutto.

Bevo un altro sorso di quel tè caldo che tengo in mano mentre guardo l'albero di Natale che illumina il soggiorno adesso tremendamente vuoto, un po' come quello che provo all'altezza del petto.


"Amooore, puoi venire un attimo?" la chiamò Piero urlando dal soggiorno, così che lo potesse sentire dalla cucina dove la ragazza stava preparando il pranzo.

Lei abbandonò quello che stava facendo per raggiungere il ragazzo in sala.

Non appena arrivò in soggiorno quella che le si presentò davanti fu probabilmente la scena più bella di sempre, tanto che un sorriso proprio non riuscì a trattenerlo: Piero con al collo una serie di festoni colorati, arrampicato su una scala mentre cercava di mettere il puntale dritto sulla punta dell'albero.

"Amoooor- oh eccoti qui." Si interruppe notando che era già arrivata e che lo stava guardando sorridente "Che dici è dritto?"

"E' perfetto, amore." disse lei sorridente appoggiandosi con una spalla al muro e con le braccia conserte.

"Sei sicura? Perché a me sembra sempre stort-"

"E' perfetto così. Adesso scendi di lì che voglio darti un bacio."

"Questo Natale voglio che sia tutto perfetto, anche l'albero." Disse Piero prima di avvicinarsi alle sue labbra per lasciarvici un dolce bacio.

"Siamo insieme, più perfetto di così?"


Cominciò tutto in un caldo pomeriggio di fine Agosto.

Entravo in quel bar praticamente tutti i giorni quando registravamo a Bologna e ogni mattina non vi era nessuno se non l'anziano proprietario del bar con cui ormai ero diventato amico.

Una mattina però, entrato nel bar per il mio solito caffè delle dieci, la notai: stava da sola, seduta ad un tavolo piuttosto appartato, mentre leggeva un libro con davanti con cappuccino a metà.

Mi colpì subito, era a dir poco bellissima: i tratti del viso così delicati, la pelle così chiara illuminata ancora di più dal contrasto con il rossetto scuro che portava sulle labbra.

Presi il mio caffè sempre rivolto verso di lei, che non aveva ancora neanche una volta alzato gli occhi dal suo libro, desideroso di incontrare il suo sguardo.

Pessima idea, mi direi adesso.

Non so bene come, ma il rumore della mia tazzina sul piattino sembrò risvegliarla e riportarla alla realtà e così alzò lo sguardo e lo posò su di me.

Ci guardammo negli occhi alcuni istanti, io le sorrisi e lei mi sorrise di rimando, poi andai via, con la triste consapevolezza che probabilmente non l'avrei più rivista.

Passò una settimana prima di incrociare ancora una volta quella famosa ragazza che mi aveva colpito a tal punto. Sempre nello stesso bar.

Giorno dopo giorno la vedevo sempre lì con il suo libro, fino a che un giorno entrai nel bar e la vidi che parlava al telefono: non era sicuramente una conversazione piacevole quella che stava tenendo dal modo in cui gesticolava nervosa.

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