Quella notte Luce nel suo letto dell'istituto, ebbe per l'ennesima volta il sogno premonitore sul futuro, che già da ben 2 anni la svegliava. Il sogno consisteva in volti di umani che, improvvisamente, si trasformavano in non morti uccidendo e mangiando chiunque vedessero nei dintorni. Guardando la sveglia del comodino che stava alla sua sinistra, l'ora che segnava erano le 2:00 di notte, non riuscendo più a prendere sonno, decise di alzarsi, e avviandosi alla finestra scostó la tenda bianca e si sedette sul davanzale. Fuori era buio, era inverno inoltranto, ed era da tutta una giornata intera che pioveva, il tempo non risparmiò nemmeno la notte; appoggiata la testa al muro Luce guardó il buio difronte a sé, e immersa nei suoi pensieri aspettava che il giorno facesse comparsa, accompagnato dal cinguettio degli uccelli e dalle macchine in movimento. Pensó a ció che avrebbe fatto uscita da lì, come prima cosa sarebbe andata a trovare la sua migliore amica Lory unica persona su cui potesse contare. Non sapeva bene cosa avrebbe fatto, dove avrebbe vissuto: ma non di certo si sarebbe disperata perché non aveva più un posto dove stare. Cercare di capire perche avesse queste visioni, che principalmente si manifestavano sotto forma di sogni e che altre volte sotto forma di visioni in qualsiasi posto si trovasse, ne dubitava lei stessa! Ma poi qualcosa dentro di lei, che sentiva e non sapeva spiegare, le diceva che cio che vedeva era reale. Voltata la testa in direzione della sveglia, si accorse che erano passate 6 ore, e che alle 9:00 in punto avrebbe avuto appuntamento con la dottoressa Mary Jonson. Si preparo velocemente, una veloce doccia per schiarirsi le idee, si vestii fece colazione nella sala grande(come veniva chiamata) e non appena fu pronta, si diresse come ogni giorno in direzione allo studio che si trovava passando il lungo corridorio della mensa. Vi erano altre porte li, ma Luce entró nella terza porta, lato sinistro del corridoio.
La stanza non risultava grande, ma nemmeno troppo piccola, vi si trovava una scrivania al centro, con qualsiasi tipi di documenti servissero alla dottoressa, una foto che era della sua famiglia, un soprammobile a forma di pesce (non aveva ancora capito perche propio un pesce). Nella parete di destra vi era un quadro che se guardato da persone normali sembrava uno scarabocchio, se invece a guardarlo erano persone un pó particolari ( come tutti coloro che stavavo lì dentro) poteva essere scambiato per una farfalla. Sotto il quadro si trovava una pianta, ovviamente finta, dava un tocco in più all'arredamendo. Sulla parete di sinistra si trovava uno scafale enorme, che conteneva molti libri di psicologia, sulla mente, sulla follia dell'uomo e altro.<Bene Lucinda, vieni siediti pure, e incominciamo, sai che ormai sono due anni che seguo il tuo caso, quindi vorrei essere del tutto sicura se lasciarti uscire sia la cosa migliore, capisci?>
<Si capisco perfettamente, ma come lei già sa, io sono sicura di ciò che vedo. Lei potrà credere a ció che vuole.>
< Lucinda, so ció che mi hai detto, ma vedi, nel mondo in cui stiamo, le persone normali hanno la visione della realtà chiara, ma a volte per determinati eventi, preferisco cambiare ció che é reale da ció che non lo é, traumatizati, feriti, rattristati, decidono di scappare da ciò che li fa soffrire. Immaginando di vivere in un mondo a parte per allontanarsi da tutto il dolore e la sofferenza che la vita ha dato loro! Bene Luce, adesso raccontami di nuovo la tua storia, in modo che tutti e due potremmo capire come risolvere le tue visioni, e farti vivere serenamente, do la parola a te!>
< Mi chiamo Lucinda, ma preferisco farmi chiamare luce, non so da dove iniziare!?>
<Lucinda e un bel nome, ma se preferisci, ti chiameró Luce, bene: adesso rilassati, concentrati e raccontami di te.>
<Va bene.... Hum.... Dunque: da quando ero appena nata, sono stata lasciata davanti un orfanotrofio: Home Sweet Home, questo era il nome. Ricordo che lì le giornate erano vuote e tristi, non si festeggiavano i compleanni perché eravamo molti e non entravano abbastanza soldi, solo una volta al mese portavano qualchr torta al cioccolato, che tutti ci affrettavamo a prenderne un pezzo. Non avevamo molti vestiti, scarpe. Per pettinarsi gutte noi bambine usavamo la stessa spazzola. Ebbene sì, avevo solo 2 anni, ma ricordo tutto come se fosse ieri! A dirla tutta, ricordo qualsiasi cosa vista: sia del passato o meno. Questa cosa viene chiamata memoria fotografica, e già ho questa piccola capacità se così possiamo chiamarla: comunque, principalmente all'orfanotrofio venivavo adottati bambini in eta inferiore a un anno, e io che già ne avevo due, credevo che sarei rimasta lì per un bel pó di tempo. Aspettavo con ansia che dalla porta principale entrassero coloro che mi avrebbero adottata, così io avrei finalmente avuto una famiglia e sarei stata finalmente felice, e cosi é stato. Una mattina, le suore dell'orfanotrofio ci informarono che una coppia di genitori sarebbe arrivata per scegliere uno di noi bambini, eravamo tutti felici. Ci presentammo per il meglio, lavati e profumati. Ricordo che non stavo piu nella pelle, e quando li vidi entrare pensai che era la mamma più bella del mondo, mi scelsero! Ero felice perché avrei avuto una famiglia. Ma non tutto va come una ci si aspetta. All'inizio quando da poco ero con loro, erano veramente molto gentili con me, si prendevano cura di me poi tutto cambió. Mia madre adottiva scopri di essere incinta, ed io ero felicissima perché avrei avuto una sorella, ma la cosa che non sapevo era che l'amore dei mie genitori sarebbe cambiato: per prima cosa, la camera che per un anno era stata la mia, passo alla nuova arrivata, io fui confinata nella soffitta, che sistemai come potevo. Quei giochi che avevano comprato per me passarono a lei, non mi fecero tenere nemmeno l'orsacchioto Hugo, il cagnolino di peluche che mi teneva compagnia la notte. Tutto ció che avevo avuto era stato dato alla picola Clara, sì chiama così e non potevo toccare nulla che appartenesse a lei. L'amore che per poco mi avevo dato sparì e io mi ritrovai di nuovo sola. Con occhi di bambina vedevo che la mamma era arrabbiata con me per qualcosa che avevo fatto, così pensando di fare la brava, mamma e papà sarebbero stati felici. Col passare del tempo, capii che io non contavo nulla in quella famiglia, io non ero la loro vera figlia, mentre Clara sì.>
<Capisco…ti sei sentita abbandonata da coloro che avrebbero dovuto amarti. Credo che la tua mente abbia voluto allontanarsi da questa realtà che ti feriva, ti rattristava! Provocando in te questi sogni terribili>
< Io davvero, non lo so! Ormai sono grande non ho piu bisogno di nessuno, sono in grado di badare a me stessa. Quando ero piccola, e lì che avevo bisogno di amore e di cure>
< Capisco Luce! Bene é tempo che tu vada per la tua strada, e anche se coloro che avrebbero dovuto amarti ti hanno portata qui in questo posto, perche pensavano tu fossi pazza...si sono liberati di te, perché per loro non eri nulla. Ora dovrai mostrare di essere capace di farcela da sola. Permesso d'uscita accordato>
<Grazie davvero di tutto, saró capace di sopravvivere fuori da cui, arrivederci.>
Finalmente era giunto il momento per Luce di essere libera, di superare quelle difficoltà che si erano presentate.
STAI LEGGENDO
The Girl Dead
HorrorVirginia Nel Northern Virginia Mental Health Institute, al nord della Virginia, la dottoressa Mary Jonson studiava il caso della diciottenne Lucinda Welles. Rinchiusa dai genitori in quel posto a causa di visioni del futuro su un invasione di creatu...