RESILIENZA

⊱white

❲cœur de pirateᴺᴱᴵᴹᴱᴰᴵᴬ❳

    Park Jimin/박지민
—BIANCO

Avete mai pensato a quante cose siamo in grado di fare in una sola giornata? Pensiamo già alla mattina: Alzarci dal letto dopo aver già ignorato tre sveglie, lavarci di corsa e subito dopo vestirci con i primi abiti che troviamo dentro l'armadio–cercando poi di evitare di passare davanti a uno specchio e ignorare così l'accostamento dei colori sbagliato che abbiamo indossato. Riusciamo persino a mangiare qualcosa al volo subito prima di dirigerci alla fermata e sperare di arrivare puntualmente a scuola. Siamo anche in grado di trovare un piccolo spazio da dedicare alla nostra playlist preferita, a volte durante una piccola pausa studio o prima di addormentarci.

Ci sono delle volte in cui lasciamo tutto in sospeso solo per inviare un messaggio a chi vogliamo più bene, dimenticandoci pure di svolgere le cose più essenziali. Lo facciamo così, senza uno scopo, solo perché delle volte il pensiero di rendere qualcuno felice fa stare bene anche noi. A volte facciamo tutto così in fretta dimenticandoci di dare il giusto peso alle piccolezze che ci circondano. Ci sentiamo così oppressi dalla velocità in cui scorre il nostro orologio che non guardiamo mai quello che c'è oltre i nostri occhi stanchi.

Non perdiamo poi così tanto tempo a osservare tutte quelle amabili piccolezze che come un elegante cornice contornano il quadro della nostra giornata. Non ci accorgiamo dei sorrisi spontanei della gente con la quale incrociamo per sbaglio lo sguardo sulla metropolitana. Non assaporiamo il profumo del caffè appena pronto la mattina, non vediamo la coda del nostro cane muoversi freneticamente al nostro rientro in casa. Non diamo nemmeno la giusta importanza a un bacio dato solo per amore, senza chiedere niente in cambio.

Jimin lo faceva. Lui si fermava ad osservare il mondo che si muoveva veloce sotto i suoi piccoli piedi, lo faceva senza avere addosso la paura di perdere l'ultimo autobus o la migliore occasione della sua vita. Jimin esaminava ogni increspatura sui muri,anche quella più invisibile, ogni sfumatura diversa del cielo, il ritmo delle luci natalizie sugli alberi, le gocce di pioggia ferme sulla finestra o quelle più salate sulle guance stanche di sua madre.

Persino il suo olfatto aveva memorizzato ogni luogo in cui era stato: l'odore pungente di tabacco nel salotto dei suoi nonni paterni, il profumo del pane appena sfornato proveniente dalla panetteria sotto casa sua, ricordava anche la fragranza dolce dello shampoo all'albicocca usato da Hanbin.

Park Jimin collezionava piccolezze, anzi, forse viveva solo per catturarle tutte. Le memorizzava e poi come se fossero delle fotografie scattate con una polaroid le incollava sull'album infinito della sua memoria. Il suo, però,non era poi un gran pregio. No, perché Jimin era così bravo a dipingere con dettaglio le sfumature di tutti i suoi amici che dentro di sé nutriva sempre la speranza che un giorno anche gli altri notassero le sue, di piccolezze.

Il piccolo mondo di Jimin era più caotico di quello degli altri, lui non viveva correndo ma ciò che lo circondava rimbombava così forte nella sua testa da farlo impazzire.

I suoi occhi erano più attenti, le sue parole più dolci, il suo cuore amava così tanto da sentirsi sempre solo.

Ecco perché, adesso guardava in modo dispiaciuto la sua immagine riflessa nello specchio. In quel esatto momento, Jimin stava memorizzando tutto il male che Min Yoongi gli aveva procurato: toccava con delicatezza ogni tonalità violacea che ornava il livido sulla sua guancia, quello che c'era all'interno, non solo del sangue pestato ma anche tanta frustrazione.

Dai suoi occhi scuri nemmeno l'ombra di un'insulsa lacrima, non ci riusciva, l'umiliazione era così forte da impedirgli di piangere. Non riusciva a capacitarsi di come le sue gentili parole fossero riuscite a generare della feroce rabbia. Si dice che un minimo battito d'ali di farfalla sia in grado di generare un uragano, era ciò che aveva appena fatto Jimin?