Le richieste della principessa

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Non so da quanto mi tengono qui. Forse un mese, forse due. Non mi concedono di tenere effetti personali, dicono che sia un privilegio adatto solo a principesse e regine del deserto.
Non ho ancora visto la principessa, tutti ne parlano ma è come se fosse invisibile, non la si vede mai.
Ho visto un ragazzo, però, proprio l'altro giorno.
È venuto al cospetto della principessa, così mi hanno spiegato. Mi hanno anche detto che è di un altro villaggio.
Poco importa, dicono che non posso scegliere da sola le mie conoscenze.
A quanto pare sono loro a scegliere per me. Scelgono tutto: il cibo, gli abiti, le conoscenze... sembra una dittatura.
Questa mattina una delle serve della principessa è venuta in camera mia e mi ha detto che la principessa desiderava incontrarmi.
«Quando arriverai, ti inchinerai e non parlerai finché la principessa non ti darà il permesso di farlo» mi spiegò.
Annuii.
«Tieni, indossa questo, non è necessario che il velo ti copra il viso se sei in compagnia di sole donne, soprattutto finché rimani qui a palazzo» disse appoggiando un abito e un velo sul mio letto.
Quando fui pronta fu la stessa serva a portarmi dalla principessa.
Feci come mi era stato spiegato, mi inchinai e non dissi una parola.
La principessa congedò la serva.
«Mia cara, ti starai chiedendo perché ti ho fatta chiamare» cominciò.
Io annuii, ma non dissi nulla.
«Beh, è molto semplice. In questi giorni, a palazzo è arrivato un uomo. È di un altro villaggio, chiaro, e di solito solo la principessa o il principe possono permettersi di sposare qualcuno di esterno al villaggio. Questa volta, però, faremo un'eccezione. Vedi, si da il caso che questo giovane abbia chiesto espressamente di te, sostenendo di essere stato ammaliato dalla tua bellezza. In più mi è giunta voce che anche tu ti sei interessata a lui, sbaglio forse?»
«In effetti sì, principessa. Quando l'ho visto, ho voluto sapere di chi si trattasse» mi spiegai.
«Molto bene. Allora ti illuminerò. Si chiama Ayman e fa il mercante, come suo padre. Ogni tanto affronta lunghi viaggi per procurarsi la merce da vendere, ma per lo più risiede nel villaggio vicino ed è in cerca di sposa. E possiamo anche dire che l'abbia trovata».
«Ma principessa, io nemmeno lo conosco» tentai, ma fu inutile. La principessa rise.
«Mia cara, non c'è bisogno di conoscerlo per sposarlo. Qui funziona così, i matrimoni vengono combinati. E ritieniti fortunata Aisha, sei anche in ritardo, rispetto all'età da marito. Qualcuno potrebbe pensare che non ti abbiano ancora presa in sposa perché hai qualcosa che non va».
Ingoiai il boccone amaro. In effetti qualcosa di diverso ce l'avevo. Non ero araba. Non ero musulmana. Non ero originaria di quel deserto tanto ostile.
Non ero a casa mia.
E nemmeno mi chiamavo Aisha, quello era solo il nome che mi era stato affidato dalla principessa.
Il mio vero nome è Elena, ma qui tutti non fanno che chiamarmi Aisha.
Mi piaceva Elena. Era il nome scelto dai miei genitori, un nome con un bel significato, un nome che usciva dalle labbra molto naturalmente, quasi in modo melodioso.
Anche Aisha è bello sì, ma non è il mio. Dicono che la principessa abbia scelto questo nome per me perché significa "vita, prosperità".
Sinceramente tutta questa situazione non ha senso. Nulla ce l'ha.
È cominciato tutto quando la principessa ha voluto farmi arrivare dall'Italia al suo cospetto. Non so come sapesse della mia esistenza né a cose potessi servirle.
Che poi, voglio dire, ho lasciato l'Italia e la mia famiglia cattolica per venire nel bel mezzo del deserto e comportarmi come una musulmana.
Non so nemmeno io perché l'ho fatto. Magari ho pensato che, visto che era la principessa a richiederlo, avrei potuto rendermi utile.
Ed ora mi ha promessa in sposa ad Ayman, un uomo che neanche conosco e devo anche rassegnarmi all'idea.
La principessa mi congedò ed io tornai nella mia stanza.
Non sapevo cosa fare, l'unica cosa che volevo fare in quel momento era piangere, così mi lasciai andare ad un pianto liberatorio. Ad un tratto sentii un rumore, anche se non ci feci troppo caso. Il rumore persisteva, però.
Aprii la finestra, guardai fuori e ciò che vidi fu Ayman.
«Volevo vedervi ancora» mi disse col sorriso sulle labbra.
Aveva un bel sorriso, dovevo ammetterlo.
Possedeva quella bellezza "esotica"...
Aveva una carnagione caffèlatte, capelli neri e occhi verdi. Il viso era magro, le labbra carnose e invitanti. Il fisico non si poteva definire esile, ma nemmeno possente. Ma lui, tutto di lui, era davvero una gioia per gli occhi.
Sorrisi.
«Aspettate, ora scendo» gli risposi e vidi i suoi occhi accendersi.
Di corsa uscii dalla mia stanza  e raggiunsi il giardino interno, quello sul quale affacciava la mia finestra.
«Siete ancora più bella di quanto ricordavo» mi disse ed io sentii le guance andare a fuoco.
«Vi ringrazio, ma state sicuramente esagerando»
«Io non credo» ribatté ed io mi sentii ancora più in imbarazzo.
«È una fortuna che non usiate il velo qui a palazzo, altrimenti non vi avrei notata» continuò.
«Diciamo che dovrei metterlo comunque in presenza di uomini, ma non mi piace molto»
«Se non sono troppo indiscreto, come fa a non piacere il velo a una musulmana?»
«Beh ecco...» lo guardai negli occhi ed esitai. Lui pensava che io fossi musulmana, che gli usi e i costumi di quel posto fossero anche i miei. Niente di più sbagliato.
«Io non sono musulmana» dissi infine, togliendomi quel peso. Dopo averlo visto bene, notando tutta la sua bellezza, e aver sentito quanta gentilezza ci fosse nella sua voce, sperai che la notizia non lo portasse a cambiare idea sul matrimonio.
«Davvero? E scommetto che non siete nemmeno araba, sbaglio?»
Dissentii, non avendo il coraggio di dire nulla.
«Questa è una notizia inaspettata, si può dire che siete piena di sorprese, Aisha».
Lo guardai negli occhi, ma non sembrava arrabbiato, affatto. Anzi, sembrava un bambino che ha appena ricevuto una caramella.
«La cosa non vi infastidisce?» gli domandai.
In tutta risposta mi prese la mano e la baciò.
Restai un attimo a guardarlo, senza parole.
«Devo andare, temo» sussurrai.
«Avremo modo di rivederci, non vi preoccupate» disse, per poi farmi l'occhiolino.
Lentamente mi voltai e, al contrario della corsa che feci per scendere, questa volta andai piano.

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