Il cieco e lo zoppo

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Negli ultimi mesi la vista di un timido lupo è gradualmente calata fino a restare completamente cieco. L’animale era sempre riuscito ad arrancare dietro il branco, cibandosi degli scarti donati dai suoi compagni. Un giorno si svegliò da solo e, non importò quanto chiamasse e ululasse, nessuno gli rispose. La bestia ora sta camminando esitante per la foresta, sbattendo occasionalmente contro gli alberi. Ogni tanto si ferma ad annusare l’aria con circospezione e poi prosegue, sperando di ritrovare i suoi amici. 

Un cervo si sta leccando la ferita alla zampa, preoccupato per la propria sorte finché non incontra la fonte di tutte le sue paure: un lupo. Quando quest’ultimo avverte un affaticato fruscio, subito chiede “Chi è là? Sei un amico?”

Il cervo, dopo qualche secondo di lugubre ragionamento, risponde di sì, dice di essere un amico. E gli chiede cosa gli sia successo. I due animali si avvicinano e la bestia, respirando affannosamente con la lingua a penzoloni, non riesce a fare a meno di scodinzolare. “Ho perso i miei amici, senza di loro morirò di fame.” Il cervo, evitando accuratamente di menzionare le sue caratteristiche erbivore, si offre di aiutarlo a ritrovare il suo branco. Ovviamente sta mentendo e spera che, portandolo lontano, lui muoia di fame e non lo metta in pericolo.

Il lupo non capisce e sembra dare eccessiva fiducia al suo invisibile compagno. Gli racconta tutto quello che ha sempre sperato fare: trovare una compagna fedele, addestrare per bene i suoi cuccioli. Come se la sua cecità fosse un problema risolvibile. La notte il lupo gli prega di dormire di fianco a lui come faceva suo padre, facendogli caldo. In un batter d’occhio l’animale si addormenta come un cucciolo. Il cervo, preoccupato, si chiede per quanto tempo potrà nascondersi dietro quella maschera. Prima o poi il suo nemico si accorgerà che c’è qualcosa che non va, e deciderà di attaccarlo. Il cervo non potrà fuggire, la zampa gli fa sempre più male e si sta gonfiando, riempendo di macchie nere.

Il giorno dopo il lupo, che riesce a stento a camminare, si permette un’osservazione.

“Scommetto che in realtà neanche tu hai un branco. Sei zoppo, vero? Ti hanno abbandonato, proprio come hanno fatto con me. Ma io non ti riserverò lo stesso trattamento, la mia cecità mi permette di vedere quello che sei davvero: un bravo compagno, che ha deciso di aiutarmi nonostante i problemi. Dimmi una cosa, mi stai davvero portando dal mio branco?”

Il cervo non ha idea di cosa rispondere. Arrancando con difficoltà si limita prima a guardarlo, poi a mormorare qualche scusa. Infine si decide di dirgli che si stanno dirigendo in un posto speciale, dove creature ammalate possono vivere tranquillamente. Ma dentro di sé, il cervo si sente morire. Sono abbastanza lontani dal territorio del suo branco. Anche se volesse, il lupo non potrebbe chiamare in aiuto i suoi compagni perché sono troppo lontani. Ed essendo cieco, il cervo potrebbe fuggire da lui in qualsiasi momento. Però non se la sente, preferisce restare con lui ma più passa il tempo, più la vergogna aumenta. Il sole è calato numerose volte e la bestia è affamata. “Compagno mio, non potresti cacciare qualcosa per me? Ti prego, sto morendo di fame, sono giorni che non mangio. È da un po’ che sento odore di cervo, credo sia malato. Per favore, fallo per un tuo amico, sto tanto male.” Ma il cervo non sa cosa rispondere. Gli chiede scusa e di avere ancora un po’ di pazienza ma, in realtà, non ha assolutamente idea di dove andare a parare.

Quando la sua sopportazione arriva al limite, il cervo cade per terra. La zampa ha ceduto e non riuscirà più ad alzarsi. L’animale è spacciato, non riuscirà a sopravvivere per molto. E allora, continuando a chiedere scusa, confessa al lupo la verità. Lui è un cervo, ha mentito per salvarsi la pelle ma non ha risolto nulla, si è perfino affezionato. Gli chiede di aver pietà di lui, di finirlo in fretta e vivere grazie alla sua carne.

“Amico mio, mi prendi alla sprovvista. Ma non posso farti questo, ti sei preso cura di me e siamo diventati amici. Inoltre io sono cieco, anche se mi cibassi di te morirei di fame tra qualche giorno, o al massimo tra una settimana. Sono condannato, esattamente quanto te.”

Il lupo si avvicina, barcollante, al suo compagno e si stende di fianco a lui. Giacciono insieme parlando senza maschere né bugie.

“Desidero una vita senza queste catene, dove lo storpio e il cieco abbiano lo stesso diritto di vita dei più forti, senza il continuo bisogno di combattere, azzannare e fuggire. Non sei d’accordo?”

Ma il cervo non gli risponde.

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