Chapter eight

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L'umore di Federico  non era più come quello di questa mattina quando mi diede un passaggio sulla sua moto, lo potei notare facilmente, non aveva più il solito sorriso sfacciato, l'ho vista quella luce nei suoi occhi spegnersi, ho riconosciuto quello sguardo perso nei ricordi, o chissà dove, quante volte indossai quello sguardo anch'io, quante volte  sentii il mio sorriso scomparire nell'arco di pochi secondi, quante volte avvertii il luccichio nei miei occhi colmi di speranza: con la speranza che tutto si sarebbe sistemato, che tutto si sarebbe calmato, che tutto sarebbe andato bene, che i fantasmi del passato scomparissero portando con sé anche quelli del presente; spegnersi come se non avessi pagato la bolletta della luce.

Ma la verità è che questa vita è complicata e non dimentica di trascinare con s'è nessun essere umano.

Tutti abbiamo dei punti deboli e tutti stiamo male per qualcosa, è inevitabile, ma essenziale.
Come faremmo ad apprezzare la felicità ed i momenti di gioia se non stessimo mai male? Se non conoscessimo cos'è il dolore o la tristezza?
Probabilmente cercheremmo in tutti modi di provare quel dolore, quella tristezza, quella malinconia; perché ciò che non abbiamo ci affascina più di ciò che possediamo.
Come faremmo ad apprezzare veramente una persona che entra a far parte della nostra vita se non ne abbiamo mai persa una?
Se nessuno si comportasse mai male con noi, come faremmo ad intuire chi ci vuole bene davvero, da chi non ce ne vuole affatto?

Semplicemente non sapremmo valorizzare la felicità come merita, e forse non la riconosceremmo neanche.
La vita è un enigma ed io vorrei tanto dire di poter risolverlo, ma non oserei mai. Non credo che qualcuno, nei secoli dei secoli, sia stato e sarà mai in grado di farlo.
Semplicemente perché è qualcosa di troppo grande per essere capito, e probabilmente è anche meglio così, perché le piccolezze ormai, non sembrano più essere notate.

Presi le mie cose e uscii dalla classe per andare in quella di storia.

Parlavi di debolezze eh? Ecco, la tua ce l'hai davanti agli occhi.

Odiavo quel dannato corridoio.

Il ragazzo dai capelli castani, dagli occhi ed il cuore di ghiaccio; Alec, si fermò davanti a me ed io non ebbi nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia.
Cercai di andare avanti facendo finta di niente ma mi mise una mano sulla spalla ed il mio corpo si immobilizzò d'improvviso. Sentii lo stomaco chiudersi ed una grandissima voglia di vomitare, il cuore quasi a volermi uscire dal petto, sentii l'ansia crescere in me ed il respiro accelerarsi per poi morirmi in gola, come chi fa una maratona, ma all'ultimo abbandona.
Mi parve di soffocare, le gambe e le braccia iniziarono a tremare leggermente, e le mani iniziarono a sudare, mentre sentivo una vampata di calore incontrollabile prendermi in pieno.
No, non potevo avere un attacco di panico davanti a tutti, non me lo potevo permettere, non me lo sarei mai perdonata.
Non potevano venire a conoscenza di una mia debolezza in più, sarei stata carne per leoni a digiuno da giorni.

≪ Alec, cosa diavolo vuoi adesso? ≫ gli dissi con tutto il coraggio che avevo in corpo, cercando di apparire il più forte possibile.
≪ No no no, non si risponde così ad Alec, lo sai. Ma hey aspetta un attimo, non ti sei ancora decisa a metterti un sacchetto della spazzatura in faccia? Dovresti farlo, per il bene comune ≫ mi disse, senza alcun filo di rimorso in voce.
D'un tratto una folla si accerchiò davanti a noi, ormai era sempre la stessa routine, lui cercava in ogni secondo della mia vita di deridermi davanti a tutti e gli altri gli davano corda, nessuno mai si perdeva questi "bellissimi" momenti.

Non risposi, non ne ero capace,
non con lui.

Non alzai nemmeno lo sguardo, ma sentii tutti gli altri ridere, le loro risate lacerarono la mia pelle fino ad entrarmi nelle vene scontrandosi con il sangue, non me ne capacitavo, come potevano ridere davanti a tale cattiveria?, come potevano ridere delle sofferenze altrui?

Fragili come petali di rugiadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora