Sallie

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(L'ascolto della canzone in copertina è vivamente consigliato al fine di potersi immergere totalmente nell'atmosfera della OS)

"Alzati, dobbiamo andare."

Apro gli occhi e davanti a me vedo il volto di un vecchio che mi fissa. È vestito di bianco, ha barba e capelli color argento, occhi di ghiaccio e non mostra alcun segno di impazienza.

Con l'educazione che mi ha sempre contraddistinto fin da bambino, mentre mi rialzo da terra e mi scrollo di dosso schegge di vetro dalla giacca, rispondo: "E tu chi cazzo saresti, l'artrosi in smoking, per caso?"

Lui non si scompone, né appare turbato dai miei modi bruschi. Si limita a sorridermi e dice: "Guardati intorno. È finita. Dobbiamo andare."

Seguo il suo consiglio e do una rapida occhiata al locale in cui mi trovo. Parte dei tavoli è ribaltata, le vetrate sono distrutte, il bancone del bar è cosparso di sangue, così come la quasi totalità dell'ambiente circostante. Ne seguo con gli occhi la scia e arrivo a capirne la provenienza: appartiene a una decina di uomini vestiti di nero che giacciono riversi a terra, ma questi purtroppo non sono gli unici cadaveri che il mio sguardo incrocia. Noto una donna poco distante da me, con le gambe disposte una sopra l'altra e la bocca contratta in una smorfia di dolore, un uomo con il ventre squarciato seduto in un angolo e perfino un ragazzino abbracciato alla madre con il cranio perforato.

Sono tutti morti.

Un leggero fastidio al ventre mi costringe ad abbassare lo sguardo. Di istinto appoggio le mani dove credo esserci il fegato e queste si tingono di rosso.

"Porca puttana, sti bastardi hanno colpito anche me. Cioè, vecchio, guarda qua", dico infilando il dito nella ferita, "un buco grande come una noce!"

"Tempo scaduto, mettiamoci in cammino", risponde lui, continuando a sorridermi.

"Ora te lo dico e vedi di non fartelo ripetere un'altra volta: hai rotto il cazzo. Dì un po', lo sai chi sono, brutto coglione? Mi chiamo Adam Holt. Questo nome ti dice niente? Nemico pubblico numero uno per anni, signore della droga, capobanda di una delle più grandi organizzazioni criminali del ventunesimo secolo, nonché uomo più ricco della nazione. Quindi, se devi andare, vacci tu. A fanculo, però."

Senza nemmeno aspettare la risposta del vecchio, che comunque saprei ripetere a memoria, vado dietro al bancone del bar e afferro l'unica bottiglia di whiskey rimasta intatta dopo la sparatoria. Sposto uno dei tanti cadaveri presenti, per poi prendere il fondo di un bicchiere esploso. Ci verso dentro il nettare degli dei e, guardando il mio interlocutore, dico: "Vedi? Questa è la dose esatta di whiskey che andrebbe servita al cliente. Se te ne versano di meno, prendili a schiaffi perché sono dei pidocchiosi, se te ne versano di più, prendili a calci perché di sicuro è whiskey scadente, buono solo togliere la ruggine dalle ringhiere", e così dicendo, butto giù la bevanda dal colore paglierino. Con mia grande sorpresa, la sento scendere in gola, ma non mi riscalda il cuore come è solita fare.

Whiskey da pezzenti, penso.

Il vecchio mi guarda come se fossi pazzo e quel fottuto ghigno non sparisce dal suo viso nemmeno per sbaglio. Esausto delle sue continue prese in giro, raccolgo da terra una delle molte pistole sparse e gliela punto contro urlando: "Ti faccio ridere? Dai, ridi. Ridi ancora. Ridi più forte. Morirai ridendo."

"Sono stanco di aspettare e ho molto lavoro da fare. Andiamo a casa."

Sono sul punto di premere il grilletto quando sento in lontananza il rumore delle sirene farsi sempre più vicino.

"Salvato in calcio d'angolo. La prossima volta non sarai così fortunato."

Mi fiondo fuori dal locale, passando per l'uscita sul retro, che in questi casi è sempre una sicurezza, e in una manciata di minuti mi ritrovo all'aria aperta.

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