Parte seconda

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SECONDA PARTE


Derek e lo Sceriffo avevano parlato per più di mezz'ora dopo che Melissa si era ritirata in camera da letto per dare il giusto spazio ai due. Non approvava il modo in cui John aveva deciso di relazionarsi con Stiles e Derek, ma lo capiva. Anche lei era un genitore e non era mai facile accettare che il proprio bambino stava crescendo, che stava diventando adulto e genitore a sua volta. La maggior parte avevano più o meno nove mesi per abituarsi all'idea, loro avevano ricevuto la notizia solo poche ore prima. Ma né Stiles né Derek erano da biasimare visto che anche loro lo avevano saputo quel giorno stesso.


«Mio figlio ti ama».
«Anche io lo amo». Non riuscì a fare a meno di dirlo, era come se sentisse il bisogno di giustificarsi.
Lo Sceriffo alzò l'indice per fermare Derek.
«Mio figlio ti ama e sono sicuro che rimarrà con te, ma non sarà felice, Derek. Ti ha già salvato una volta, ti ha messo davanti a tutto – ai suoi studi, ai suoi amici, a me – se lo ami veramente non permettere che lo faccia una seconda volta».


Un'ora e sedici minuti dopo queste parole rimbombavano ancora nella testa di Derek. Da un'ora e sette minuti si trovava davanti alla casa in cui Stiles era cresciuto, seduto per terra e senza il coraggio di entrare. Sapeva che il suo ragazzo lo stava aspettando, sapeva che si era accorto del suo arrivo, ma Derek, semplicemente, non sapeva cosa fare.
Stava perdendo la testa... Troppe decisioni da prendere, troppe responsabilità...
Rientrò qualche ora dopo, intorno a mezzanotte. Stiles lo stava aspettando sul divano; la televisione accesa senza volume e Claire che dormiva stretta a lui.
Non si mosse di un millimetro quando sentì la porta di casa aprirsi, aspettò che Derek entrasse nel suo campo visivo e, facendo attenzione a non svegliare la piccola, se la issò su una spalla e salì le scale, chiudendosi dietro la porta della sua camera da letto.
Nessuna parola, nessuno sguardo, niente di niente.
Aveva paura.
Avevano paura.
Stiles pensava che Derek non si fidasse di lui, che cercasse un modo per dirgli che voleva farla finita, che era troppo infantile per aiutarlo a occuparsi di Claire, troppo piccolo per una simile responsabilità.
Derek aveva il terrore che prima o poi Stiles si rendesse conto di aver buttato al vento la sua vita per qualcuno per cui non ne valeva la pena. Tutti quelli intorno a lui morivano o lo abbandonavano, e sapeva che se fosse successo anche con Stiles non sarebbe stato capace di venirne fuori mai più.
Lui era la sua ancora, il suo appiglio con il mondo esterno, l'unico ad avergli fatto capire che Laura era morta, ma lui era ancora vivo.

All'alba Stiles non riuscì più a trattenersi e scese di sotto per controllare se Derek fosse ancora in casa. Conoscendolo, e conoscendo le sue manie di autodistruzione, non si sarebbe sorpreso se non lo avesse trovato.
Invece lo trovò raggomitolato sul divano troppo corto per permettere a uno della stazza di Derek di stare comodo. Aveva gli occhi chiusi, ma Stiles sapeva che era sveglio. Si inginocchiò davanti al divano, e allungò una mano per scostargli una ciocca di capelli dagli occhi. Poi abbassò lo sguardo sulle labbra leggermente aperte, il cui colore rosso era messo in risalto dal bianco dei denti. Lo baciò facendo cozzare i loro denti. Derek si distese supino e se lo tirò addosso. L'altro, per la sorpresa, si sbilanciò, rischiando di far fare entrambi una brutta caduta, se non fosse stato per la prontezza di riflessi del maggiore.
«Sei arrabbiato?», domandò Derek ancora ad occhi chiusi.
«Sì».
«Mi dispiace».
«Per aver parlato con mio padre anche se io non volevo o perché pensi che abbia ragione?».
«Stiles...».
«No, Derek, niente Stiles. Lo so che Claire è una grande responsabilità, so anche di essere giovane, forse troppo, ma ti amo, diamine».
«Stiles».
«Che c'è?».
«Stiamo litigando».
«Lo so».
«E ci stiamo abbracciando».
«So anche questo».
«E quindi che si fa?».
«Si fa che se provi a lasciarmi ti strappo la gola. Con i miei denti».
«Ehi! Quella è una mia frase».
«Nostra, Derek. Siamo una coppia e ciò che è tuo è anche mio».
Se non fosse stato troppo impegnato a baciare il suo ragazzo e a togliergli quella stupida maglietta di Superman, probabilmente Derek avrebbe ribadito a tono. Ma la pelle nuda di Stiles era troppo appetibile, e la sua schiena costellata di nei troppo desiderabile.
«Derek, smettila, Claire potrebbe scendere da un momento all'altro».
In risposta il moro inarcò il bacino e sprofondò le mani nei capelli di Stiles, scompigliandoglieli ancora di più.
«Derek...».
Le loro lingue si inseguivano in un danza senza fine, saggiandosi e ritirandosi solo per potersi riunire ancora e ancora.
«Basta!». Dopo l'ennesimo sfioramento che Derek voleva far apparire casuale, ma che casuale non era, Stiles fece ricorso a tutta la sua forza di volontà e si allontanò dal suo ragazzo.
Raccolse la maglietta appallottolata e lasciata cadere da Derek dietro al divano.
«Sai, i bambini non vivono di aria, e io nemmeno».
«Non ho dormito tutta la notte, non ho intenzione di guidare quel catorcio che è la tua macchina solo per comprarti la colazione».
«Comprarci, Derek, comprarci. E non offendere la mia bambina!».

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