Atto venti - Vivevi anche solo per sapere che anche lei viveva.
L'aria fresca profumava di prati infiniti, la sua pelle aveva la consistenza della meravigliosa brezza estiva ch'il soffio esule ed estraneo, se capitava, lasciava sulle labbra. La sua voce aveva il suono di mille fili d'erba mossi dal vento, i suoi occhi il colore del cielo quando di nuvole non ce ne stanno.
Mi chiedevo, ancor mi chiedo e sempre mi chiederò da dove lei venga. Se dal profondo mare o dall'alto cielo. Chi ha saputo scolpirla così bene? Nel marmo del colore delle nuvole, con mano d'artista, tocco leggiadro e poi, ma poi, con così tanta passione.
Ti faceva ammattire. Farneticavi tra te e te medesimo cose insulse e piccoli richiami alla realtà perché, diamine, il semplice scorgerla ti faceva star male a tal punto da chiederti quale dannato suolo stessi calpestando. Ti faceva dubitare della tua stessa esistenza! Del tuo effettivo modo di vedere le cose.
Lasciatemi dire ed esagerare: lei era eterea.
Era fatta della stessa sostanza di cui erano fatti i momenti felici; la gioia, la sconfinata contentezza e la meravigliosa soddisfazione erano racchiusi nel suo sguardo chiaro, terso e puro. Perché quando ti capitava di guardarla di sfuggita negli occhi ti sentivi leggero e sospeso nell'aria, senza alcun macigno da sostenere sulle spalle, privo di ogni bisogno di respirare perché lei, lei era il tuo mezzo do sostentamento primario.
Vivevi anche solo per sapere che anche lei viveva.
"Credi che mia madre si sentirà sola dopo che ce ne andremo?" – domandò in un sussurro, stringendomi la mano in cerca di qualcosa da fare.
Sospirai. "Non lo so, piccola"
Si appoggiò al mio braccio, facendo un sorriso sornione mentre teneva gli occhi semichiusi. "Che romanticone! Piccola..." – mi canzonò, imitando il suono basso della mia voce.
Ridacchiai leggermente, arrossendo. "Hai qualcosa di meglio in mente?"
"Non ho fantasia" – biascicò lei, mettendosi in punta di piedi per stuzzicarmi il collo e la spalla con piccoli baci umidi.
"Uhm, allora non lamentarti" – sorrisi, sollevando il suo volto con due dita, afferrandole il mento giusto per poterle sfiorare appena le labbra.
Le sua bocca si arricciò in un sorriso, quando i suoi occhi balzarono alle mie spalle per poi avvisarmi che il bus stava arrivando. Mi allontanai da lei di poco, mi abbassai e riafferrai le valige, seguendola quando la vidi avanzare veloci passi insistenti verso le porte automatiche del veicolo. Le valige dovevano essere lasciate in dei ripiani al di sopra dei sedili, lei ci provò e ciò che ne venne fuori fu che non ci arrivava nemmeno. Dopo le mie insistenze lasciò fare a me, poi afferrò i biglietti e mi indicò i posti che avremmo dovuto occupare.
"Ma quando hai preso quei biglietti?" – le domandai, effettivamente confuso dal fatto che lì in giro non se ne vendevano.
"Be'... A Londra" – rispose lei, prendendo una mia mano per giocarci.
"Avevi già intenzione di andartene?" – le domandai ancora, leggermente preoccupato.
"Ma no, li avevo presi se, all'occorrenza, fossero serviti..."
Afferrai i biglietti e li controllai velocemente, confermando i miei dubbi. "Bo, questi sono prenotati per oggi e oggi soltanto. A quest'ora" – aggiunsi.
La vidi per un momento esitare, ma poi non si risparmiò per nulla e schietta come suo solito catturò la mia attenzione in un istante solo.
"Ascolta" – disse lei, girandosi finalmente a guardarmi. "L'ho fatto perché ho capito di non... Harry, è imbarazzante vivere ancora con i miei genitori, isolata dal mondo e tenere te lontano dalla società, ancora. Voglio che tu ti diverta come un ragazzo della tua età dovrebbe fare"
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Latĕbra
FanfictionTutto solo, circondato d'abbandono, a mugolare suoni indistinti, mentre a fatica si dondolava e un po' piangeva. Tutto solo, circondato d'abbandono, a scaldarmi il cuore - - povera creatura; lì mero, senza affetto. copyright reserved to @thescient...