Voglio vivere.
Sì. Lui voleva vivere.
Era per questo motivo che continuava ad arrancare lentamente, un passo dietro l'altro, appoggiandosi pesantemente alla parete lurida di quella galleria fognaria.Sì. Lui voleva vivere.
Nonostante il freddo; nonostante il dolore provocato dalla ferita alla spalla che continuava a perdere sangue; nonostante la stanchezza quasi gli impedisse di muoversi; nonostante sentisse ancora l'eco degli ordini urlati dai Cacciatori di Uomini rimbombare tra le gallerie del sottosuolo, voleva vivere.Sì. Lui voleva vivere.
Perché in quel marcio mondo sopravvivere era l'unico modo per vincere. E lui avrebbe vinto, per avere un giorno la propria vendetta su quella società malata e criminale che lo aveva condannato impunemente, che gli aveva strappato quanto di più caro possedeva.Sì. Lui voleva vivere.
Così camminò, e continuò a camminare per quelli che sembravano giorni, invece che ore, fin quando la mente lentamente si svuotò di ogni pensiero e il desiderio di fermarsi, di arrendersi, si fece strada nella sua mente esausta.
Che senso aveva continuare a combattere per quella vita che tutto gli aveva tolto, per continuare a restare in quel mondo in cui la sua presenza non era ben voluta? Perché... Non smettere semplicemente di illudersi di avere un qualche posto, lì nel Mondo?E fu allora, mentre la pioggia batteva implacabile e il vento soffiava con una forza tale da piegare gli alberelli della vegetazione in cui si era introdotto, che sentì un grido, un grido che sapeva di forza, di vita, di voglia di combattere, di sopravvivere.
Quasi senza accorgersene aumentò la velocità del passo, la mano destra stretta con forza alla spalla ferita.Gli alberi si diradarono e dopo pochi istanti si ritrovò difronte ad una lussuosa abitazione ad un piano. E lì, sul largo balcone della villetta, mentre il tifone infuriava, c'era un ragazzino della sua età dagli occhi che brillavano di un luccichio che mai aveva visto prima, puro, che urlava con quanto fiato aveva in gola, reggendosi alla ringhiera bagnata. Un urlo che scosse il cuore creduto ormai perso di quel fuggitivo, di quel Sorcio, facendogli sgranare i grandi occhi grigi e rianimandoli, anche se per pochi istanti, della loro originaria luce.
Sorrise, il ragazzino dai capelli castani e lo sguardo puro, piegando il volto all'indietro, e spegnendo infine l'urlo.
E i quel sorriso, il ragazzo-privo-di-speranza, vide la così detta"luce infondo al tunnel", un caldo, accogliente punto luminoso che gli prometteva che sì, quella speranza che aveva dato per perduta esisteva ancora, che non l'aveva abbandonato. Le labbra del Sorcio, senza alcun ordine, si arcuarono in un sorrisetto incerto eppure in qualche modo fiducioso.
Così, con un balzo, saltò oltre la ringhiera e attraversò le larghe ante del balcone, spalancate come braccia pronte ad accoglierlo.
STAI LEGGENDO
Watashi wa ikitaidesu (No.6 fanfic)
Fanfiction[No.6 OS - Nezumi] "Voleva vivere. Voleva sopravvivere. Perché in quel mondo marcio chi sopravvive vince."