Mercoledì. Giorno in cui la voglia del suicidio si fa sentire molto. Ed è proprio con questo motto che inizio la giornata, vestendomi un po' a casaccio e andando a scuola con mio fratello.
Nel cortile di quell'accogliente Liceo Scientifico ci trovi vari tipi di persone: alcune con i libri in mano per cercare di ripetere (o di studiare?), ragazze intente a truccarsi, ragazzi che si vantano delle loro auto lussuose con quest'ultime, studenti che semplicemente parlano e poi ci sono io. Io che, come uno zombie, cammino con il mio zaino in spalla alla ricerca di Maria o di Sara.
«Oi! Michi!» mi urlano due ragazze. «Ah?» dico, girandomi verso di loro e aggrottando le sopracciglia. Poi, dopo svariati minuti e svariate occhiatacce da quelle ochette di seconda, mi accorgo di star parlando con Maria e Sara. «Ah!!» urlo, avvicinandomi a loro. «Che cazzo guardate?» sbotto, riferendomi alle ochette.
«Che finezza...» si complimenta con me Maria. «Sonouscitaconunragazzoecisiamobaciati!» sussurra Sara, strizzando gli occhi e aspettando le nostre reazioni. Okay, ora vi spiego: Sara, in terza superiore, era innamorata di un ragazzo, precisamente un amico di Herman. Si chiamava Federico, e lui la usò per una notte di svago e poi non la pensò neanche di striscio. Lei ci rimase malissimo, ed è da allora che non pensa a nessun ragazzo.
«Oh Mio Dio!» esclama Maria, abbracciando Sara. «Sono felicissima per te!» mi aggiungo all'abbraccio. «Allora? Chi è?» chiedo curiosa. «Si chiama Nicolò.» mi risponde e mi sento quasi svenire. «Nicolò di quinta?» chiedo, sperando in un no che non arriva, diversamente dal suono della campanella. Sara svia l'argomento con un «Ci vediamo dopo!» e corre in classe. Strano, penso.
Mi giro di scatto verso Maria che è quasi più sconvolta di me. «Non è il ragazzo per lei.» p dice, cercando più di convincere sé stessa che me. Annuisco. Sussurro un «Lasciamola provare.» e Maria mi mette un braccio sulla spalla incamminandoci verso la classe.
All'entrata le mura colorate di un giallo ocra un po' scambiato mi si presentano davanti. Volto a sinistra e lì vedo Leonardo parlare con Nicolò e mio fratello. Alzo il cappuccio della mia felpa rossa cercando di non essere vista e maledico mentalmente la classe che si trova in culo al mondo.
Sto per passare davanti a loro con la testa abbassata quando sento un «Ciao sorellina!». La voce è ovviamente di Paolo. Alzo lo sguardo e pronuncio un «Ciao.» tirando per un braccio Maria che si era incantata guardando Nicolò.
«Vieni qui per un attimo, dai.» dice mio fratello, ridendo. Mi avvicino e lui mi posa un braccio sul fianco, attirandomi a lui e appoggiandomi alla finestra. Leonardo non mi guarda neanche di striscio, così lo ignoro in risposta. «Allora, che hai alla prima ora?» chiede, sempre mio fratello.
«Arte, ma a quanto pare ti servo quindi probabilmente la salterò.» gli rispondo. Poi Leonardo si alza dalla finestra e si incammina verso destra senza neanche salutare. Aggrotto le sopracciglia e mi alzo anche io. «È una delle sue giornate no?» chiede Nicolò. Mio fratello annuisce. «Ciao.» dico e entro in classe insieme a Maria.
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Esco da scuola alle 14:10 e mi avvicino a mio fratello per andarmene. «Paolo, andiamo?» chiedo, notando che ci sono anche Leonardo, Nicolò e Lia. «Ciao, Michela.» Lia mi guarda con fare altezzoso. Le faccio un cenno e riprendo a guardare Paolo che ridacchia. «No, tesoro, vado a fare un giro con i miei amici.» gira la testa verso i suoi amici, di nuovo.
Cavolo, che noia. Adesso mi toccherà camminare a piedi, che ormai il pullman è già passato. Sbuffo e giro le spalle, quando Leonardo finalmente parla. «Ti accompagno io.» mi guarda e scende dal muretto. Ave, penso, Gesù ha parlato di nuovo. Prima è scorbutico e poi si finge gentile.
Nonostante ciò, annuisco, sussurrando un «Grazie.» Non vorrei camminare da sola a casa...e poi vuoi stare con lui, aggiunge il mio subconscio. Lo spengo mentalmente.
Leonardo scende dal muretto, e, nel mentre, giuro di sentir Lia sbuffare. «Andiamo.» dice Leonardo e ci spostiamo verso la sua auto. Entriamo, e fortunatamente non mi apre lui lo sportello. Io posso farlo da sola.
Poso il mio zaino sulle spalle e appoggio la testa sul sediolino. Leonardo tiene salde le mani sul volante, così affascinata da lui lo guardo. È bellissimo. Indossa una maglietta bianca con un giubbino di pelle e un paio di jeans scuri. I capelli sono spostati verso il basso, come quasi sempre.
«Vuoi un autografo?» dice ridendo. Abbasso lo sguardo e arrossisco. «Tieni la testa alta. Te lo puoi permettere.» continua, tornando serio. «Perché stamattina eri...-mi fermo, cercando di trovare un aggettivo adatto per non sembrare ridicola, ma non lo trovo- ...così.» Taglio la testa al toro.
«Così come?» chiede. Ugh. Ma dai. «Mi hai ignorato.» rispondo. «Giornata no.» annuisco.
Arrivati sotto casa lo ringrazio e scendo dalla macchina, Sto quasi per attraversare la strada quando lo vedo uscire e fermarsi davanti a me.
Si appoggia con le spalle all'auto e le mani in tasca.
«Stasera ti va di andare fuori?»
Mi sembra incerto (quasi imbarazzato?) e sorrido. Annuisco. «Ci vediamo alle 8» affermo.
Mi fa un cenno con la testa e torna in macchina. Parte e mi fermo sul marciapiede, col mio zainetto in spalla, sotto casa, pensierosa più che mai.
Sono fottuta.