Capitolo uno.

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                                   l'inizio.
Quella mattina ero già pronta nonostante fosse presto. Mi sentivo coraggiosa e raggiante. Avevo appena sei anni e quel giorno era il mio primo giorno di allenamento. Si partiva ad allenare i futuri tributi già da quando erano bambini, questo permetteva di prepararli meglio.

Salutai i miei genitori e mi allontanai verso il centro di addestramento.

I giorni passarono in fretta ed io mi ambientai. C'erano molti altri bambini, ma non mi trovavo a fare conoscenza con loro. Ho sempre fatto tutto da sola, per cui cosa mi costringeva a non allenarmi da sola?

Persino gli anni passarono velocemente, mi ritrovai a compiere gli undici anni ed a diventare molto piú brava in tutto, i coltelli erano la mia specialità. Sapevo usarli con grande abilità. Il piú delle volte centravo perfettamente il bersaglio.

Quella mattina mi stavo allenando, ero la prima ad essere arrivata e avevo tirato giusto qualche coltello.
“Clove?” l'istruttore piombò nella stanza. “Eccomi” risposi “Vieni nel mio ufficio, è arrivato il momento di mostrarti il tuo compagno”
Lo seguii nel suo ufficio. Seduto su una sedia trovai un ragazzo, piú grande di me forse di due anni, possente e biondo. Appena entrai si girò verso di me e mi rivolse un sorriso. “Cato” si presentò porgendomi la mano, la strinsi e mi presentai “Clove”. “Bene, allora, voi due ragazzi d'ora in poi sarete un squadra”iniziò l'istruttore“Da questo momento vi allenerete insieme e vi conviene andare d'accordo. I vostri Hunger Games saranno i 74°, avete cinque anni a partire da adesso, quindi, impegnatevi” Accennammo, entrambi ad un sì con la testa ed uscimmo.
Il giorno seguente, Cato era già arrivato ed iniziammo ad allenarci. “Bene, chiariamo alcune regole: qui comando io. Solo per il semplice motivo che non voglio morire a causa di una stupida ragazzina”

A quelle parole alzai lo sguardo verso il mio compagno di distretto con un' espressione rabbiosa “Come.mi.hai.chiamata?” gli chiesi scandendo bene ogni parola e senza lasciargli il tempo di rispondere mi avvicinai “Posso sopportare i prossimi cinque anni senza spedirti all'ospedale, ma sappi che nell'arena sarai il primo che ucciderò.” sputai acida. Lui non rispose. Rimase a fissarmi ridacchiando compiaciuto. Era troppo. Me ne andai.

It's a promise. [CLATO] [COMPLETATA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora