Ancora non comprendeva il perché dell'ostinazione della gente a non capire. A non pensare. Perché non ragionavano?
«Ehi, femminuccia! Perché non vai a giocare con i tuoi simili?»
Rannicchiato su se stesso, con i capelli rosa sparsi su ginocchia e braccia, come a dire che lui, no, non avrebbe giocato con nessuno.
Sassi scagliati nella sua direzione; sassi vivi, animati dal disprezzo che suscitava negli altri.Perché non si degnavano di guardare fino in fondo una persona, prima di giudicare? Lui ci aveva sempre provato! E gli altri cosa facevano? Se ne fregavano bellamente, continuavano a vivere la propria vita come se lui non fosse, come se lui fosse un fantasma.
«Ma che capelli hai?» Risate. «Sei maschio o femmina? Nessuno dei due?»
Sguardo basso sulle mattonelle del parco. Quelle mattonelle come lui: rotte dalle radici degli alberi, dall'interno.Doveva comunque costringersi a correre dietro agli altri. Gli stavano tutti davanti, nessuno al suo fianco. Possibile che fosse sempre così lento?
«Gli altri avrebbero già cominciato a parlare a quest'età...»
«È inutile: è lento.»
Freddo pungente nelle ossa.Urla. Doveva solo urlare, e credeva che tutto sarebbe scivolato dal suo animo. Le mani nei capelli che aveva sempre detestato; ancora urla disperate ma vuote: sarebbe rimasto tutto dentro di lui.
Gli sorrise. «So che non sei un SEED. Spero che un giorno potrai avere fiducia in me.»
Digrignò i denti, volgendo il volto imbarazzato dall'altro lato. «Io sono un SEED!»Una mano calda sulla spalla, un'altra sul fianco sinistro. Scivolò nell'abbraccio che ‒ quello di sicuro ‒ avrebbe catturato pian piano la pozza nera, ristagnante da anni.
«Io ci sono.»
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Ego sum
Fanfiction|RanMasa accennata| |283 parole| |Molto vaga e criptica| Ogni notte si svegliava e usciva di appena un metro. Anche con la pioggia; anche con la grandine; anche con la neve, con il gelo più assoluto. Sarebbe riuscito a seppellire meglio il tutto, so...