CAPITOLO IX (R)✔ - L'hotel

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Barzagli e Ferro parcheggiarono l'auto in una piazzetta minuscola nel cuore pulsante del centro storico. Nonostante Alessandro fosse un ottimo guidatore, dovette fare non poche manovre per riuscire a insinuarsi negli stretti spazi disponibili tra una macchina e l'altra, e in quegli istanti non poté non trovarsi d'accordo con chi sosteneva che se si prende la patente a Genova si è poi in grado di guidare dappertutto.

L'albergo dove Poretti jr era stato ammazzato, si trovava in un angusto vicoletto adiacente la piazza. Per arrivarci dovettero passare davanti a una vecchia osteria, frequentata perlopiù da bevitori incalliti che passavano le loro noiose giornate a giocare a carte, tracannando vino di scarsa qualità e fumando decine di sigarette. Proprio in quei momenti, alcuni di loro discutevano animatamente in dialetto e i due, andando per intuito, riuscirono a carpire che l'argomento capace di creare tanto malcontento, non riguardasse altro che la partita a briscola appena terminata.

Barzagli sollevò la testa, guardandosi attentamente intorno: non c'erano telecamere di sorveglianza, la più vicina era quella a una cinquantina di metri, ma era posizionata lungo la strada dalla quale si accedeva al porto antico. Il passaggio quindi era continuo, centinaia di turisti transitavano lì davanti per tutto il giorno. Sbuffò constatando che non avrebbero potuto contare su quel mezzo.

Arrivarono davanti all'hotel fermandosi ad osservarne l'entrata. Se non fosse stato per l'insegna verde a neon posta sul muro a lato, non si sarebbero probabilmente accorti che fosse proprio quello l'albergo che cercavano. L'ingresso sembrava infatti piuttosto anonimo, le porte a vetri nascondevano l'interno attraverso delle vecchie veneziane rosse, mentre il tappeto sembrava necessitare dell'intervento celere di un potente aspirapolvere.

Dopo essersi scambiati una breve occhiata entrarono, trovandosi immediatamente davanti al piccolo banco della reception, dietro il quale però non trovarono nessuno.
Ferro pigiò il campanello da tavolo ed entrambi rimasero in attesa dell'arrivo del direttore, curiosando con lo sguardo per tutta la hall.
L'ambiente era freddo e squallido, un orribile poltrona rossa spiccava come un pugno in un occhio su di un pavimento di linoleum verde pistacchio, mentre le pareti, erano verniciate di un classico bianco sporco. I pochi quadri appesi erano di scarso valore e la mobilia in generale non sembrava particolarmente ricercata.

In maniera piuttosto trafelata, arrivò finalmente il proprietario: un uomo ossuto di circa sessant'anni, quasi totalmente calvo, che si presentò loro porgendogli la mano.

- C'è un posto dove potremmo scambiare quattro chiacchiere in comodità? - chiese Ferro dopo le presentazioni di rito, indicando con un gesto della mano l'ambiente poco agevole nel quale si trovavano.

- Ma certo, la sala TV. Seguitemi, prego. - rispose l'uomo, conducendoli in quella che, se non altro, era una stanza un po' più curata.

L'arredamento lasciava comunque a desiderare, la finta pelle marrone dei divanetti la faceva da padrone, ma profumava di pulito ed era perfettamente ordinata.

- Signor Gozzi, cosa ci può dire di Adriano Poretti? Oltre a quello che sappiamo già ovviamente, ovvero che era un cliente abituale! - chiese Giorgio, sprofondando letteralmente nell'imbottitura del divano.

L'uomo si strinse nelle spalle.
- Non era di molte parole, ma difficilmente chi alloggia qui ha tanta voglia di chiacchierare, tiriamo avanti la baracca solo grazie a una clientela che non può certo definirsi... di prima classe. -

- Come passava le sue giornate quando era vostro ospite? - domandò Barzagli.

- Effettuava il check-in sempre di mattina, intorno alle 11:00, poi si chiudeva in camera e non usciva fino all'indomani. Non so cosa facesse là dentro e se devo essere sincero non mi è mai interessato saperlo. - rispose l'uomo facendo una smorfia.

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