Estate 2016
Ero tornato nel Bel Paese relativamente da poco tempo, per quanto possa essere poco un mese, e quella sera avevo già in mente che fine avremmo fatto. Bisogna capire che quando CJ dice l'incriminata frase, sai già che la serata finirà sotto i ponti della Ghisolfa a contendersi il tavernello con i barboni (quello schifo non merita l'iniziale maiuscola). Il giorno prima della sera in questione il nigga si palesa sotto casa mia, mi guarda con gli occhioni lucidi e un sorriso a trentadue denti; già so a cosa vado incontro, ma é inevitabile: "Oh CJ, bella! Cosa c'è?" Già mi pento di quello che ho appena detto. "ZZZZIIIOOOO!!! Domani sera la Jolanda ci ha invitati da lei a cena e c'è figa, SI SCOPAAAAAAAAHHH!!!" Il danno oramai era fatto. Le promesse di CJ sono famose perché valgono tanto quanto un "ti amo alla follia" detto prima di mettere incinta una. Veniamo a Jolanda. Una bella ragazza nettamente più alta di un hobbit (CJ), decisamente maggiorata e perennemente fatta. Tutto regolare, almeno per i nostri standard. Sapendo a cosa andiamo incontro, protagonisti e lettori, arriviamo alla serata X.
Con la bellezza di 85 gradi all'ombra che consentivano di cuocere uova sode nelle mutande ci troviamo in zona Moscova, che é la nostra area di competenza. Siamo io, Vecchio, il cui odore non é mai stato il punto forte, tanto più con l'arsura cittadina, e infine Cucciolone, con i peli umidi e tanta voglia di andare quanta ne ho io di mantenere intatta la mia dignità a una festa. Dato che più che il trio delle meraviglie sembravamo la giuria della sagra della 'nduja, optiamo per la metropolitana, onde evitare di peggiorare la situazione già tragica di suo. Non so se siete mai stati in metropolitana d'estate. La prima cosa che ti colpisce é l'odore, l'intensità di 400 ascelle sudate, 26 scatarri, 123 bocche mal lavate, 27 scoregge il tutto raggruppato in un grande abbraccio; un unico, immenso cuore pulsante dal caustico e pungente aroma, chiamato metropolitana milanese. Quando si esce da una carrozza si é come degli unti dal Signore, la differenza é che qui si é unti dall'anticristo in persona. Le vecchiette per strada ti guardano come un assassino facendoti intendere la disdicevolezza dell'atto di viaggiare in sotterranea a luglio. Disagio per l'ambiente e bestemmie per aver sbagliato strada a parte, usciamo dalle viscere della terra giungendo nel manicomio di piazza Argentina, quella meravigliosa coltre umana fatta di nevrosi e urlatori che non manca mai di stupire i passanti, il parco giochi di Freud. Riusciti a capire dove cazzo abitasse quella puttana e con i nervi a fior di pelle, ci avviamo al doloroso passo.
Ci presentiamo al citofono con un rutto per calcare il terreno, ma arrivati all'uscio ecco la sorpresa: oltre a Jolanda c'erano due ragazze. Il nigga ci ha smentiti, almeno, così ci sembra in quel momento. Ci presentiamo: saluti di rito a Jolanda, capocciata di intesa con CJ e arriviamo alle due donzelle. La bionda la chiamerò Guga (poi capirete il motivo), la mora Olivia perchè non ho idee migliori al momento. Stavo per crogiolarmi nella mia solita sedentarietà su un divano comodissimo, quando dalla sala/cucina esce un individuo mai visto prima di quel momento. Si presenta come Il Molinari ed estrae una bottiglia di sambuca dal nulla, pronunciando testuali parole: "Secondo me la sambuca va bevuta calda". Adesso, la mia passione per la sambuca è immensa, ma se l'esordio è questo, la simpatia per quel liquore dolciastro tende a scemare verso un oblio di batteri, peli e fluidi corporei. Vediamo di inquadrare il genos della storia: il gruppo degli "homies" (leggi l'introduzione, lezzo) è collegato a Jolanda dall'amicizia comune di CJ, Jolanda ha due amiche, ovvero Guga e Olivia, quindi Il Molinari chi cazzo è? 5 minuti di osservazione sono sufficienti. E' il cagnolino con tanto di pedigree di Olivia, il BFF, in poche parole quello sottomesso, il povero stronzo. Entrando in casa avevamo interrotto l'opera di rollaggio del nigga; speravo che il rollaggio facesse schifo almeno quanto il contenuto, ma diciamolo, la coerenza non fa per noi. Finito il consueto rito di insimpatizzazione può iniziare la serata.
La fame c'è (ci mancherebbe altro), il cibo pure, ma Guga, dall'apice del suo 14 di QI decide che è opportuno presentare sul tavolo imbandito anche una frittata. Questa è una di quelle tante decisioni che mi hanno fatto pentire di quella serata. Già il fatto che metta 6 uova e due scatole di pancetta in una padella con il diametro del mio pene mi fa venire qualche dubbio, quando poi vedo la sua attitudine ai fornelli decido di intervenire, sentendomi chiedere dalla sopracitata: "Ah ma quindi fai l'alberghiero?" Ora, venivo da una situazione accademica complicata con un cambio di ateneo appena fatto, sentirmi così sminuito culturalmente e attitudinalmente è stata una pugnalata rovente in pieno petto; l'empio e oscuro senso di colpa per il cambio di ateneo che avevo imparato a tenere recondito nel profondo del mio inconscio era venuto a galla. Quasi con le lacrime agli occhi mi giro verso di lei, e con sguardo pietoso, che avrebbe fatto invidia a Dante durante l'incontro con Beatrice, ribatto con: "E' complicato". Tornando alla frittata, chiedo alla padrona di casa di darmi una mano a girare quella merdaccia che stavo preparando, dimenticandomi del fatto che lei fosse in condizioni al limite dell'umano. Il risultato è una poltiglia di simil-uova dal sapore buono ma dall'aspetto preoccupante, che mi rimedia gli sguardi di disapprovazione di tutti nonostante la mia innocenza: le vecchiette che ti guardano male in strada sono dilettanti a confronto. La cena passa, liscia come i capelli unti di un chitarrista deathcore. Ora, per quanto idiota possa essere, c'è da dire che Guga, calcolata sulla scala telepass (quando passa si alzano le sbarre) si merita 87/100: bionda, occhi azzurri, non altissima ma con tutte le forme al posto giusto. Insomma, una pulzella in grado di attirare figure falliche solo con uno sguardo fulmineo. Tento un approccio. Le mie condizioni nel frattempo sono peggiorate, infatti oltre al forismo, bisogna aggiungere le continue frasi sagge del Molinari il quale, un colpo al cerchio, un colpo alla botte, riusciva, con tecniche di vendita sconosciute anche al più viscido dei venditori di auto usate, a rifilare alla gente abbondanti bicchieri di quella sambuca misteriosa già citata. Tornando a me, l'approccio inizia male e prosegue peggio, come Dante non si curava degli ignavi, così l'oca bionda non cagava minimamente me. Decido di giocarmi il jolly. L'asso nella manica si chiama Mitocondrio, un asso pelosissimo e batuffoloso: il coniglio di Jolanda. Ancora non lo sapevo, ma quella strategia sarebbe stata uno dei tanti motivi di pentimento legati a quella serata. Gli occhi azzurri glaciali di Guga, delle porzioni di mare artico leggermente mosso da una brezza nordica e rassicurante, subiscono una scossa, come un leggero blackout, la quiete prima della tempesta; il vento si alza, scende la tramontana da nord, per cozzare contro il libeccio e il maestrale, una tempesta furiosa che trasforma i suoi occhi da abissali splendori a Giudice Morton di Roger Rabbit. Si avventa sul coniglio con movenze da predatore e scaraventandomi via ne reclama il possesso. Credo che neanche Gollum potesse perdere in modo così repentino la dignità. Se c'è una cosa che ricorderò per la vita è la risata di quell'essere vaginamunito, uno stridolio maniacale, frutto di anni di reclusione nel manicomio di Arkham, residuo vivo degli orrori della guerra, risultato delle perversioni macabre di un serial killer pedofilo.
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I fiori della nebbia (o le stagioni a Milano)
HumorRacconti di serate che, per quanto ambientate in un panorama elegante e in zone "in" del capoluogo lombardo, narrano delle meravigliose odissee low cost vissute in prima persona da anti eroi pronti a tutto per trovare un briciolo di divertimento, an...