Mercenario

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Questi sono i primi tre capitoli di "Selforus", edito in ebook su Amazon e Kobo Store.

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Sono un guerriero mercenario. Non mi piace uccidere, ma mi pagano e sono anche abbastanza bravo a farlo. Prendo la giornata un po' così, comandando la mia piccola truppa e cercando di sopravvivere. C'è voluto molto a guadagnarmi il loro rispetto, ma poco, se contiamo la mia giovane età.

A ventitrè anni il mio corpo è pieno di cicatrici, ognuna racconta una battaglia. Almeno tre mi segnano il viso, ma ho imparato ad amarle: la prima è stata quella sulla guancia, avevo appena nove anni ma già combattevo ai confini di Maken. La seconda, sul mento, ha un colore particolarmente chiaro ed è la firma lasciata dal comandante di un esercito di Umber, sei anni or sono. E la terza, beh, la terza in realtà me la sono provocata in una scazzottata in taverna. Quel bastardo ha tirato fuori un coltello sul più bello e mi ha aperto la fronte, dal centro fino quasi all'orecchio. Lì per lì perdevo tanto sangue che credevo mi avesse appena fatto lo scalpo.

Come un tatuaggio, quei segni scandiscono il mio cammino nel mondo. Non ricordo nemmeno il volto dei miei genitori, ma posso ricordare nei dettagli almeno duecento battaglie, al servizio dell'Impero di Maken.

Non amo la guerra; è semplicemente il lavoro che mi sono trovato. Persino l'Imperatore Raxendath in persona si fida delle mie braccia, e non solo per quello che riguarda l'impugnare una spada.

Amo il sesso, ed ho avuto in dote l'enorme fortuna di apprezzare molto di più i corpi maschili che quelli femminili.

Questo è estremamente vantaggioso, per un guerriero: anche durante le ritirate più impervie e solitarie in qualche luogo dimenticato dal mondo, è difficile che io patisca l'astinenza.

Sono una persona estremamente semplice, mi piace divertirmi e prendere la vita come viene. Il mio nome – ma non ho idea di chi me l'abbia dato – è Telyor.

Comando uno squadrone di quaranta uomini, che metto volentieri al servizio del nostro Sommo Imperatore. Per lo più è gente semplice, che ho raccattato nei pub più lerci di Maken, ma ognuno di loro potrebbe schiacciare una roccia con la sola spinta di una mano. Senza trascurare i poteri degli elementi: ogni mio guerriero ha una facoltà unica, portata ai massimi livelli.

Beh, questo vale in parte anche per me. Io sono Figlio della Terra, il che significa che da questo elemento traggo i miei poteri fin dalla nascita.

"Riposo, ragazzi" dico scherzosamente transitando accanto a loro, nell'accampamento. Quattro o cinque stanno arrostendo delle salsicce sul fuoco, altri ridono togliendosi gli ingombranti stivali e bevendo birra. Sono fiero di loro: sanno come godersi la vita.

Gli altri soldati agli ordini dell'Imperatore sembrano tutti così sofferenti, infelici. Quantomeno, sempre di cattivo umore. Combattere non è per niente bello – e sono disposto a sfidare chiunque sostenga il contrario – dunque ci tengo che chi è ai miei ordini si senta libero di divertirsi, nelle pause tra una battaglia e l'altra.

Sono stato convocato per qualche motivo da Sua Eccellenza in persona. Non sono agitato, però difficilmente in queste situazioni non provo un minimo di soggezione.

Non è una faccenda di autorità: non l'ho mai sentita particolarmente, né ho mai avuto particolari peli sulla lingua nell'affrontarla, di qualunque tenore fosse. Ma è lui, l'Imperatore, che è unico al mondo.

Non sembra una creatura umana. I suoi occhi nerissimi bruciano sempre come brace ustionante. Posso visualizzarli nella mia mente anche solo camminando nel fango, mentre mi dirigo verso la sua lussuosa tenda.

SelforusWhere stories live. Discover now