Capitolo 12

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Tarin vide Ivan scomparire nel passaggio nel muro insieme a quel vecchio che si era presentato. L'aveva già visto una volta, il giorno prima. Quando i vari generali avevano portato i duecento bambini al cospetto del Re.

Era un uomo così pauroso, il re. Non appena Tarin l'aveva visto, un brivido gli aveva attraversato la schiena. Sprizzava malvagità da tutti i pori.

Non appena li aveva visti varcare quella soglia, aveva fatto un sorriso a trentadue denti ma era strano. Non era un sorriso umano, era bestiale, perfido. Più che un sorriso, era un ghigno.

E quel vecchio era lì insieme a lui. Lo ricordava benissimo e ricordava la sua stupida tunica argentea con quella corda e i quattro nodi. Nella stanza ce n'erano altri tre vestiti allo stesso modo ma lui era il più vecchio di tutti. Aveva persino bisogno di un bastone per riuscire a stare in piedi.

Ma doveva essere una persona molto autorevole. Il Re lo aveva chiamato...Consigliere, se non sbagliava. Un personaggio molto illustre all'interno della corte. Una persona che c'entrava con quello che era successo loro. Una persona che il piccolo Ivan conosceva.

Forse si era sbagliato. Aveva iniziato a parlare con quel bambino perché...gli stava simpatico e pensava che potesse essere innocente. Ma se conosceva il Consigliere non lo era così tanto.

"Sei pazzo" gli disse Rose prendendolo per il braccio e scrollandolo. "Lui è il nemico. Quello lì ha ucciso i nostri".

"Per l'amor del cielo, Rose" sbottò Tarin. Era stanco di quella ragazzina. "È solo un bambino. Non più grande di me o di te. Come può aver ucciso i nostri?"

"Beh comunque non dovresti farci amicizia" disse lei incrociando le braccia. Non le piaceva avere torto. "Non ci si può fidare di uno di Aragon. Sono tutti..."

"Sì, sì, lo so. Sono tutti bastardi, assassini, criminali e bla bla bla." Era davvero stufo di sentire tutte le cavolate che Rose tirava fuori dalla bocca. Avrebbe voluto solamente qualche ora di silenzio. Era chiedere troppo?

Tarin andò a sedersi sul fondo della cella. La pietra era così fredda che la sua schiena si gelò immediatamente. E poi era così buio. Quando il vecchio era venuto con la sua torcia, aveva rivisto la luce e sentito un po' di calore dopo più di un giorno senza. Odiava quel posto e odiava il Re di Aragon. Non vedeva l'ora dia andare a casa e, stando a quanto ne sapeva Ivan, poteva accadere più presto di quanto immaginassero. Ma qualunque momento sarebbe stato troppo tardi. Non voleva più stare là dentro. Non voleva più mangiare quel cibo vomitevole e bere quell0'acqua sudicia che sapeva di piedi. Voleva tornare a casa, dormire sul suo comodo letto, mangiare un bel maiale.

Voleva essere di nuovo e libero e avrebbe anche ucciso per quello.

"Ci serve un piano" mormorò ai suoi compagni.

Tutti i bambini si voltarono verso di lui.

"Un piano per che cosa?" chiese Marik, uno degli altri tre bambini là dentro. Era il più piccolo tra loro.

"Per fuggire da qua". Tutti lo guardarono attoniti, come se stesse delirando. "Ivan è scomparso nel muro. Quello è un passaggio segreto. Possiamo usarlo per fuggire".

"Credo tu dimentichi qualcosa, babbeo" fece Rose tutta contenta. "Siamo dentro una cella e non possiamo superare le sbarre".

"Non me ne sono dimenticato. Dobbiamo solo aspettare che ci portino da mangiare. È l'unico momento in cui le sbarre vengono aperte. Ne approfitteremo per scappare".

I quattro amici si guardarono a vicenda negli occhi. Tarin stava già impazzendo. Sapeva benissimo che le guardie erano armate fino ai denti. Cinque mocciosetti come loro non sarebbero nemmeno riusciti ad arrivare in fondo alla cella prima che i due uomini li avessero conficcato una spada nel cuore.

"Tarin, non cela faremo mai lo sai bene" disse Uriah tremando. Il solo pensiero di sfidare le guardie gli faceva accapponare la pelle.

"E quindi? Volete restare qui dentro a marcire per il resto della vostra vita?"

Non poteva crederci. I suoi amici erano molto più vigliacchi di quelli che credeva. Volevano stare lì fermi e aspettare che qualcuno venisse a liberarli. E...se non fosse mai accaduto? Non poteva rischiare. Non voleva stare in quella cella in minuto in più.

"Stando a quello che ha detto quel bambino. Ita, Ivas..."

"Ivan" lo corresse subito Tarin.

"Ok, stando a quello che ha detto Ivan, non manca molto alla nostra liberazione. Tanto vale aspettare, no?" continuò Uriah.

Aveva undici anni, era il più grande tra loro cinque ma allo stesso tempo era il più codardo. Avrebbe preferito morire piuttosto che affrontare qualcuno a viso aperto.

Ma aveva ragione, in fondo. Se la loro liberazione era davvero così vicina si trattava di resistere qualche paio di giorni lì dentro. Ce l'avrebbe fatta. Avrebbe resistito. Tutto pur di ritornare a casa sua.

"Io sto con Tarin" disse Rose decisa.

Tutti nella cella rimasero di stucco e Tarin più di tutti. Lui e Rose non erano mai stati d'accordo su qualcosa. Litigavano per tutto, anche per le cose più insulse. Non aveva mai pensato che un giorno avrebbero potuto essere d'accordo su qualcosa.

"Ma perché Rose?" le chiese Uriah sconsolato. Nessuno sarebbe stato così pazzo da andare contro il pensiero di Rose e lui voleva evitare che gli altri appoggiassero quella pazza idea. Era folle. "Ascoltate me e aspettiamo".

"Io non ho voglia di aspettare" sbottò la ragazza. "Voglio andarmene di qui ora e trovare il bastardo che ha ucciso mia sorella. Se vio volete rimanere qui fate pure ma siete solo dei pazzi. Qualunque cosa ha in mente quel figlio di puttana del re, per noi no sarà un piacere. Credete a me".

Uriah non trovò niente da ridire. Rose aveva colpito nel centro.

"Va bene ci sto" disse Marik.

"Anch'io" fece Cal, l'altro ragazzo insieme a loro.

Tutti si girarono a fissare Uriah. Era seduto con la schiena appoggiata al muro di pietra e si fissava intensamente i piedi.

Sembrava molto sconfortato.

"Ci sto" mormorò il ragazzo.

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Il Soldato di Aragon (#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora