Terza Prova <La morte>

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Primrose

Il giorno in cui sono morta iniziò come un giorno tra tanti. Mi svegliai nel mio letto, lì, nel Distretto 13. Faceva freddo, molto freddo. Mia madre dormiva nella cuccetta sotto di me, mentre quella che avevo di fronte era vuota. Katniss. Mia sorella, la mia coraggiosa, coraggiosissima, sorella, era a Capitol City a combattere una guerra più grande di lei. Una guerra che aveva iniziato per causa mia. Una guerra che non sarebbe mai esistita se non si fosse sacrificata per me ai 74° Hunger Games. Tanto, io sarei morta comunque. Voleva solo salvarmi, e aveva fallito. Se chiudevo gli occhi potevo ancora sentire la sua voce urlare in quel caldo giorno di giugno. <Mi offro volontaria. Mi offro volontaria come tributo!>
Sospirai, scuotendo la testa. Dovevo dimenticare. Avrei avuto una vita lunga e prosperosa grazie a lei... oh, povera illusa. Diedi da mangiare al mio gatto. Al mio bellissimo gatto. Era arancione, grande e peloso. Quando lo accarezzavo potevo ancora sentirmi una bambina felice e spensierata. Ma non ero più felice, e neanche spensierata. A dirla tutta non ero neanche più una bambina. Alla mia età mia sorella sfamava me e nostra madre... ed io? Che facevo? Giocavo a fare l'infermiera?
Indossai i miei grigi e monotoni abiti, per poi dirigermi in mensa a fare colazione. Mi ero anticipata un po' rispetto a mia madre, volevo farla dormire. Era così stanca. Così triste. Piangeva di nascosto tutte le notti. Ma non solo in quel periodo, no. Era da quando mio padre era morto che piangeva sempre. Credo che Katniss a volte la odiasse per questo, ma io non potevo che biasimarla. Anche perchè anch'io piangevo.
Mangiai poco e veloce, per niente affamata. Di certo non immaginavo che quello sarebbe stato il mio ultimo pasto. Mi diressi all'ospedale e iniziai il mio solito lavoro. <Sei davvero brava! Un giorno diventerai un grande medico!> mi dicevano. Peccato che quel futuro mi sia stato strappato via. Mi ci vedevo già. Grande. Bella... felice. Mi sarei sposata e avrei avuto due bambini, gemelli. Un maschio e una femmina. Avevo già scelto i nomi: Mark e Molly. Avrei avuto una casa, una famiglia... una vita.

La mattinata trascorreva lenta e noiosa. Curavo i feriti, cambiavo i letti. Il solito. A un certo punto, mentre camminavo nel corridoio, sentii qualcuno conversare animatamente. Infilai la testa in una porta e notai cinque medici e una ventina di infermiere, tra cui mia madre. È quasi tutto il personale, pensai. Mi misi a origliare, curiosa. <Abbiamo bisogno di volontari. Qualcuno deve andare lì, a Capitol, e asistere i feriti. È un compito pericoloso, lo so, ma ne abbiamo bisogno. Tra quelle persone che combattono ci sono i nostri figli, i nostri mariti, le nostre mogli... Chi si offre?> chiese una donna con un blocco in mano. La Dottoressa Flitcharm. Vidi mia madre stringere i denti alla parola figli. Sapevo benissimo a chi stesse pensando, perchè ci pensavo anch'io. Allora ebbi un'illuminazione. <Dottoressa? Dottoressa Flitcharm?> chiesi, entrando esitante. <Prim? Primrose, che succede? Tutto okay?>
Mi guardai intorno e posai lo sguardo su una certa donna bionda che mi guardava. Avevo un disperato bisogno di vedere Katniss, di sapere che stava bene... ma dovevo anche proteggere mia madre. Era tutto quello che volevo: che loro due, la mia famiglia, stessero bene. Non mi serviva altro per stare bene. <Dottoressa, mi offro volontaria> dissi, e nel profondo sapevo di aver firmato la mia condanna. <Oh, tesoro, sei molto dolce, ma... sei una bambina> sorrise lei. <No. Voglio andare. Voglio dare una mano. Voglio rendermi utile> posai lo sguardo su mia madre. Stavano per scenderle delle lacrime, ma si trattenne. Sapeva che non poteva fermarmi, sapeva che ci sarei andata comunque. La Dottoressa la guardò e lei annui, triste. <Va bene, cara. Qualcun'altro?>
Inaspettatamente qualcuno alzò la mano. Ero stata io. Avevo convinto le persone a dare il loro contributo.

Non posso dire che il viaggio sull'overdraft fu bello, ma neanche brutto. Avevo salutato mia madre chiedendole di fare un sorriso, promettendole che sarei tornata. Eppure, avevo la sensazione che non sarei riuscita a mantenere quella promessa. Ora ripercorrevo con la mente alcuni ricordi, solo i più belli. Quando mia sorella mi regalò la mia capretta. Quando presi con me Ranuncolo. Quando rividi Katniss dopo i primi giochi. Chiusi gli occhi e il viaggio sembrò durare un attimo. <Attenzione, prepararsi all'atterraggio> disse una voce metallica e aprì gli occhi. Presi alcune cose per curare i feriti e mi diressi con gli altri alle porte.
Quando misi piede per terra mi resi subito conto che c'era qualcosa che non andava. Qualcosa di sbagliato. L'aria era tesa e rigida. Mi guardai intorno, spaesata... e fu allora che la vidi. Mia sorella. Katniss Everdeen. La ragazza di Fuoco. La Ghiandaia Imitatrice. Mia sorella. <Katniss!> urlai il suo nome, felice. Lei mi guardò, ma non sorrideva. Sembrava... preoccupara. <Prim!> gridò <Prim, no! Primrose vattene!> Ma allora fu troppo tardi. Qualcosa esplose. Sentii la vita lasciare il mio corpo, e allora realizzai: ero morta.

Parole: 838.

Ho deciso di cambiare stile di scrittura per questo racconto, spero che vada bene.

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