Capitolo 13

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Ivan e Sden stavano camminando nel passaggio da alcuni minuti ormai e nessuno dei due aveva proferito una singola parola. E per Ivan era molto meglio così. Non voleva più scambiare una parola con quel vecchio. Ormai lo considerava un traditore.

Ma per suo sfortuna il silenzio che c'era tra di loro venne rotto dal Consigliere.

"Posso sapere il motivo di questa stupida quanto inutile fuga?"

Inutile, quella parola. Per lui tutto era inutile, anche quei ragazzi là sotto, anche la vita di suo fratello e quella di sua figlia. Ivan era pronto a scommettere che l'aveva sacrificata nel bel mezzo della strada per il successo. Se aveva sacrificata la vita di sua figlia senza ripensamenti, Kurt per lui non era altro che un sacrificio. Uno scarto che non sarebbe mancato a nessuno. Ma a lui sarebbe mancato, sì. Sden non poteva decidere chi meritava di sacrificarsi e chi no. Se davvero voleva così bene al regno, sarebbe dovuto andare lui al Monte Keyta. L'aveva promesso. E il terzo nodo della fune legato alla sua cinta era lì a ricordarglielo.

"Ti rifugi nel silenzio, Ivan?"

"Non mi chiami per nome" disse lui adirato.

Non voleva che quel lurido vecchio pronunciasse il suo nome. Il nome che sua madre aveva scelto per lui. Non ne era degno.

"Perché? Ti arrabbi se ti chiamo Ivan?" sogghignò.

Ivan strinse le mani a pugno e sentì il suo sangue bollire. Poi risentì quelle piccole scosse nelle sue mani. La stessa sensazione che aveva avuto qualche minuto prima nelle prigioni. Una sensazione molto piacevole.

"Come ti dovrei chiamare allora?" continuò Sden. Quella situazione lo stava facendo divertire. Aveva avuto a che fare con molti bambini nell'arco della sua lunga vita. Sapeva come dovevano essere trattati. "Dopotutto è il tuo nome, no? Non è così, Ivan?"

"Basta!" urlò il bambino.

All'improvviso Sden volò per aria e sbatte contro la parete. Poi cadde lentamente a terra strisciando la sua vecchia e malconcia schiena contro il muro.

Il vecchio Conigliere guardò fisso il bambino. Era lì fermo con gli occhi blu più grandi del normale e i capelli che si muovevano all'impazzata come se ci fosse vento.

L'aria intorno a loro era piena di elettricità, Sden riusciva a sentirla.

Non poteva essere. Quel bambino...Ivan...

"Non mi chiami Ivan! Ha capito?" tuonò.

"Sì, mi dispiace" disse il vecchio affranto. Non voleva farlo arrabbiare più di così. "Ma promettimi che risponderai alle mie domande altrimenti io non smetterò".

Lo stava ricattando. Quel vecchio non avrebbe mai dato qualcosa senza avere nulla indietro. Persino una minaccia poteva essere un modo di guadagnare.

"Va bene" disse lui chiudendo gli occhi e prendendo un grosso respiro.

I suoi capelli ritornarono a posto e gli occhi di una grandezza normale. L'aria divenne di nuovo respirabile e tutta quella rabbia che pima aveva in corpo si dissolse nel nulla. Ma era stato così straordinario.

Sden era stato scaraventato in aria e poi per terra. Ed era stato lui a farlo, o almeno credeva. Ma doveva essere così, non c'era nessun altro in quel passaggio oltre a loro due.

Non aveva la più pallida idea di come avesse potuto fare una cosa simile. Serviva la magia ma lui non aveva poteri magici. Nessuno nella sua famiglia li aveva mai avuti quindi neanche lui avrebbe mai potuto.

Si voltò per vedere se qualcuno li avesse seguiti, magari uno dei bambini di Avanelle aveva dei poteri e li aveva usati per mettere fuori gioco Sden. Ma non vide nessuno.

Il Soldato di Aragon (#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora