Ormai da anni il signor Sergio cercava una casa in cui andare ad abitare, ma ancora non l'aveva trovata. Durante tutta la sua vita non aveva fatto altro che dedicarsi al lavoro, evitando sempre di stringere legami troppi stretti con altre persone.
Finalmente era giunta la pensione e nulla lo avrebbe trattenuto dall'andare a vivere nella casa dei suoi sogni. Aveva odiato Don dal primo giorno la piccola casa in città nella quale si sentiva come in carcere, incatenato fisicamente e mentalmente. Purtroppo le abitazioni che aveva ispezionato erano tutte o troppo piccole o troppo semplici a guardarle, senza quelle belle decorazioni architettoniche, meglio se gotiche, che tanto lo attraevano, che tanto rappresentavano ciò che lui era realmente. Desiderava una villa che facesse colpo sulle persone, su tutti coloro che vi passavano davanti. L'ultimo requisito, l'unico del quale avrebbe potuto fare a meno, era la posizione: doveva trovarsi preferibilmente lontana da centri abitati, isolata.
Finalmente i suoi sogni si realizzarono. Era un nuvoloso giorno d'estate, uno di quelli per cui, dopo molti di caldo intenso, si pregherebbe. Spirava un venticello rinfrescante, che contribuiva a rendere il clima mite. Anche gli uccelletti parevano rinvigoriti ed effondevano per tutta l'aria il loro dolce e soave cinguettio.
La vide lì, in vendita; era una piccola villa fuori dalla città, con un'architettura in stile gotico e divisa su due piani. Non esitò a contattare l'agenzia che era stata incaricata della vendita. Solo un giorni dopo, accompagnato da un agente immobiliare, andò a fare un sopralluogo; era esattamente come l'aveva immaginata, anzi, forse addirittura meglio. Non era una persona trovo emotiva, eppure, di fronte a quel capolavoro architettonico, ebbe un fremito, una voglia inspiegabile di possederla.
Tutto quello che vi scorgeva all'interno lo lasciava senza fiato per lo stupore. Durante la sua ormai lontana carriera scolastica, si ricordò in quel momento, la professoressa aveva cercato di spiegargli innumerevoli volte il senso del temine "sublime",
eppure lui non l'aveva mai compreso fino in fondo, ma era certo che fosse quello che provava al momento, l'ineffabilità di quella casa.
Quando passarono nell'ultima delle dodici stanze, si decise a domandarne il prezzo, pronto a tutto pur di averla.
-Cinquantamila euro.- fu la risposta secca che ottenne.
-Solo?! Questa casa è sottovalutata!- disse con un tono di sorpresa, tristezza e gioia nello stesso momento.
-Non dovrei dirglielo, ma lei mi pare una brava persona, quindi... Deve sapere che la gente racconta che sia infestata. Siamo stati costretti ad abbassarne il prezzo, per avere qualche possibilità di venderla.-
-Infestata?!- gridò, scoppiando in una risata.
-Circa dieci anni fa, qui viveva il barbiere che lavorava nel paese accanto.- continuò l'agente immobiliare, con un tono di voce serio, camminando, fino ad arrivare vicino ad una teca. -Questo è il luogo in cui teneva i suoi rasoi. All'inizio amava tagliare i
capelli, poi passò a tagliare le gole. Trovarono le sue vittime seppellite in giardino.-
Scrutò attentamente quell'insieme di veri e propri cimeli. Ne rimase estasiato; le forme sinuose di quelle lame, le decorazioni dei loro manici, lo colpirono almeno quanto la casa. Era un continuo sogno, un continuo cambio di scenario. Passava dall'essere immerso in un mare di color zaffiro ad un cielo con nuvole di perla, da un palazzo regale ricco di pietre preziose ad una povera casa di una qualche campagna
sperduta, circondata da alberi con tronchi marrone scuro, dall'essere illuminato da una luce divina, splendente, che pareva ricolmarlo di fede, speranza carità, ricordargli di tutto il bene che c'è nel mondo al...nulla.
-Perché in questa teca manca una lama?- chiese con stupore, ripresosi da quel sogno ad occhi aperti.
-Non lo si sa; forse era proprio quella l'arma usata per tutti i delitti, ma non è stata mai rinvenuta.-
-Come è morto?-
-Gli hanno sparato proprio qui, in questo punto. Aveva ancora tra le sue braccia il corpo dell'ultima vittima. Ora i vicini del paese dicono che si aggiri ancora, armato del suo rasoio, in questa stanza, che chiamano "la barberia".-
-Peccato che io non creda ai fantasmi, altrimenti questa storia mi avrebbe davvero impressionato.- disse accennando un sorrisetto. -Dovrebbe impararlo anche lei: i fantasmi non esistono!-
-Quindi è davvero intenzionato ad acquistare l'immobile?-
-Certo, anche subito, se avesse con sé i documenti da firmare.-
Dopo sei giorni, il signor Sergio aveva già effettuato il trasloco e si era definitivamente stabilito in quella casa. La sua stanza da letto si trovava al secondo piano, proprio accanto al luogo in cui l'uomo era stato ucciso; non era molto grande. Le pareti erano ricoperte di una tappezzeria ormai polverosa ed in alcuni punti già scollata dai mattoni dietro di lei. Neppure la luce poteva essere definita ottimale: vi era un'unica piccola finestra che si apriva su uno dei muri perimetrali, verso il retro dell'abitazione, che si affacciava su un prato abbastanza vasto che finiva con un piccolo boschetto dietro il quale, a non più di un chilometro i distanza si trovava il piccolo paese in cui il barbiere lavorava. Aveva occupato tutte le camere, ma la sua preferita era "la barberia"(che nome stupido per una stanza), tramutata in un accoglientissimo salotto, dove ci si poteva scaldare davanti al camino bevendo del buon vino e guardando la campagna dalla parete a vetri che rendeva quella parte della villa molto luminosa.
Una sera chiuse le imposte arrugginite della sua camera da letto. Qualcosa lo turbava...aveva come una strana sensazione, come se qualcosa di funesto pendesse sopra la sua testa. Sentì suonare la mezzanotte, poi un colpo: le finestre si spalancarono, lasciando filtrare un flebile raggio lunare, che, invece di schiarire la stanza, la rese più tetra. La tappezzeria scollata proiettava sul muro forme tetre, sottili, come lunghi artigli che si protendevano per stringere tra le loro grinfie il debole letto in legno, che si sarebbe accartocciato sotto quell'ombrosa ed inconsistente forza. Si sentiva soffocare, il battito del suo cuore accelerò all'inverosimile. Aveva bisogno di guardare, lanciarsi con la mente al di fuori della sua stanza, scoprire perché le imposte si erano spalancate. Si voltò lentamente in quella direzione e vide una faccia funerea al di fuori della casa. Rimase senza parole, gli occhi e la bocca spalancati, la mente vuota da ogni pensiero, mentre mugolava qualcosa di incomprensibile. Il fiato gli mancava. Batté gli occhi, ma questa se ne era già andata. Corse nel salotto, dicendosi:-E se i fantasmi esistessero?-
Spalancò la porta e vide di nuovo quella faccia funerea, che dopo qualche minuto svanì come era comparsa, nella notte senza luna.
La sera seguente avvenne la stessa cosa: le imposte della camera sbatterono e Sergio vide il volto al di fuori dissolversi dopo qualche secondo, nel buio dell'oscurità.
Da quando aveva acquistato quella villa aveva avuto modo di visitare più volte il paesino al di là del bosco ed i suoi cordiali abitanti. Vi si recò anche in quel giorno, dopo una notte insonne, ancora scosso per quanto era accaduto. Passeggiando per le vie, ebbe l'opportunità di incontrare molte delle persone che lo abitavano. Era così pieno di vita, così vitale pur nella sua piccolezza, un tripudio di colori ad ogni angolo: vivaci panni stesi, case dalle mille tonalità di verde, nettamente diverse da quello stile che egli aveva sempre ricercato, nettamente diverse da casa sua. Non gli piacevano, anzi, in cuor suo le disprezzava, eppure erano in grado di tranquillizzarlo e renderlo felice, quasi di buon umore, anche dopo tutto quello che aveva passato, visto, sentito. Vide affacciata al balcone la signora Rossi, sempre con il sorriso sulle labbra nonostante la sua ormai avanzata età, intenta a scuotere dei tappeti che di certo avevano visto tempi migliori. La salutò con un cenno del capo, cordiale come al solito, immemore della notte passata.CONTINUA...
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Il duplice
Short StoryLa mente dell'uomo non è stata creata per carpire tutti i segreti che questo mondo ha in serbo, non è stata creata neppure per capire l'uomo stesso; è fallace, incerta, ingannabile. Fino a che punto si può capire cosa sta accadendo, distinguere tra...