Capitolo 1: La ricerca

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Era mattino e come al solito mi svegliai tardi. Andai velocemente in bagno mentre inghiottivo tre biscotti della nonna. Mi guardai allo specchio e vidi il mio tondo viso, i capelli marroni mi ricadevano sulle spalle e i miei occhi verdi erano gonfi e stanchi e quindi bisognosi di un po’ di trucco. A causa del mio ritardo persi l’autobus e arrivai a scuola dieci minuti dopo dell’inizio della lezione. Charlotte, Nicole ed Eleonora mi scoccarono un’occhiataccia, come al loro solito,cercai di non farmi notare e corsi al mio posto. Non fu un’impresa semplice a causa della mia goffaggine, ma appena seduta, il sorriso di Giacomo, il ragazzo che mi piaceva da tempo, mi avvolse e mi fece dimenticare tutti i problemi: uno di essi si chiamava Charlotte, era bionda, aveva degli occhi fantastici e si vestiva sempre alla moda, a differenza di me che con lo stile non ci sapevo proprio fare.

Ero tornata da scuola con la mia migliore amica Elisabeth. Lei era una bella ragazza, con i capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo. Non era superficiale e mi aiutava sempre a superare i momenti negativi e i commenti che facevano su di me Charlotte e le sue due amiche ochette.

Tra varie chiacchiere eravamo arrivate a casa, che si trovava nella periferia di Amholland su una piccola collinetta. Dalla finestra di camera mia si vedeva tutta la città e quindi anche il suo maestoso castello. Esso era la parte del paese che preferivo, soprattutto perché al suo interno era situata una biblioteca, dove passavo la maggior parte delle giornate a leggere. C’erano varie leggende sul maniero, tra tutte una mi incuriosiva molto e mi sembrava reale: quella che narrava di persone scomparse attraverso i muri e non riviste più per vario tempo. Molti pensavano fossero spiriti ma io avevo sempre creduto che ci fosse altro sotto. La cosa che più mi faceva credere alla tradizione del castello era la porta del bagno con su scritto perennemente “lavori in corso”.

Quando Elisabeth tornò a casa, andai a sedermi sulla mensola della finestra in soffitta. Adoravo sciogliermi i capelli, spalancare la finestra e sentire la brezza dell’aria accarezzarmi il viso. Ero persa nei miei pensieri e un colpo di vento mi fece perdere l’equilibrio, per non cadere cercai di aggrapparmi alla maniglia della finestra con l’unico risultato di far cadere gli scatoloni con i vecchi oggetti della nonna. Tenevo molto a lei perciò mi alzai e controllai velocemente se tutte le cose erano intatte. Rovistando tra gli oggetti, vidi qualcosa luccicare. Incuriosita, la presi in mano: era un po’ sporca, ma la crema pulisci-tutto della nonna di sicuro l’avrebbe fatta risplendere.  Corsi velocemente da lei che, vedendo la collana nelle mie mani mi domandò immediatamente:

“Gwendolyn dove hai trovato quella collana?”

Allora io gli raccontai ciò che era successo e lei rimase sbalordita. Gina, mia nonna, dopo aver lucidato per bene il ciondolo, iniziò a raccontarmi:

“Questo medaglione era un gioiello di famiglia ai miei tempi…l’avevo ereditato dalla mia bisnonna. Mi era molto caro e per questo lo trattavo con i guanti, pensavo di averlo perso nel bosco quando avevo la tua età e giocavo con due mie amiche.”

Ormai che sapevo tutta la storia lo fissai, rividi nella mia mente i bei momenti della mia infanzia con mia nonna mentre passeggiavamo nel bosco. Quando tornai nel presente, notai una piccola incisione sul bordo della collana. Allora le chiesi:

“Cos’è questo piccolo graffio?”

“Scusa non me lo ricordavo. “  rispose lei. Allora io con un po’ di senso di colpa mi scusai e la nonna per rassicurarmi mi disse:

“Stai tranquilla, ormai questa collana non mi appartiene più, adesso puoi tenertela, perché per me i bei momenti stanno finendo…”

Il giorno seguente, quel rompiscatole di Rontolli, il prof di spagnolo, ci aveva assegnato un lavoro a gruppi. Fui abbastanza fortunata, visto che dovevo lavorare con Elisabeth, Giacomo e, per mio grande piacere, Charlotte. Nel pomeriggio andammo in biblioteca per svolgere il compito, ma come al solito non concludemmo niente e finimmo a parlare e vedere tutti i ragazzi che ronzavano intorno a Charlotte… che fastidio!!!

Allora io ed  Elisabeth ci allontanammo velocemente per fare un giro con la scusa di dover andare in bagno. Mentre tutti iniziarono ad urlare:

“Charlotte, Charlotte, Charlotte!!“ Elisabeth corse via e dopo un po’ che la rincorrevo mi persi nel castello, successivamente, mentre vagavo per questi corridoi contorti e infiniti, mi appoggiai al muro affannata per la corsa, chiusi gli occhi per riuscire a riprendere il normale respiro e pensai:

“Vorrei essere in un altro posto certe volte…”

Senza voglia, riaprii gli occhi per ritrovare la strada e mi trovai in un luogo buio e tetro, senza che me ne accorgessi, mi uscì dalla bocca un acutissimo urlo, di cui mi vergognai. Rimasi un attimo in silenzio e, in lontananza; sentii una voce stridula e molto famigliare che sussurrava:

“Gwendolyn, Gwendolyn, salvami da lui, non voglio che mi prendano…per favore aiutami tu”

Di colpo la voce si fermò e poi di punto in bianco iniziò ad urlare:

“Attenta… sta arrivando, è dietro di te SCAP…!”

Poi la parola si spezzò e si sentì solo più:

“Mmmm, mmmmm…”

C’era qualcuno con quella signora, ma non riuscivo a vederla perciò, trafelata e impaurita, scappai via barcollando nel buio e mi ritrovai davanti a tre porte:   frettolosamente aprii la prima a caso e sbattei la testa contro un albero, perdendo i sensi…quando mi risvegliai, gridai di nuovo con la paura di essere stata catturata, ma capii immediatamente dove mi trovavo, ero nel bosco vicino a casa, mi appoggiai a un tronco e ripensai a ciò che era successo; le lacrime mi salirono agli occhi e mille domande mi giravano in testa:

“Dove ero finita e… come? Chi era quella persona alle mie spalle? Ma soprattutto: di chi era quella voce che mi aveva salvato? Sembrava di mia… no non è possibile non deve neanche passarmi per la mente una cosa del genere.Ok adesso basta con questi pensieri devo solo andare a casa bere una bella cioccolata calda e leggere un libro.”

Mi incamminai verso casa cercando di pensare ad altro, ma dopo un po’ di passi incominciai ad avere la sensazione di essere seguita e osservata. Iniziai a correre verso casa ma nella mia mente risuonava la frase :

“Attenta… sta arrivando, è dietro di te…SCAP…! “

Davanti a casa mia vidi un’ ambulanza e mia nonna sopra una barella. Mille pensieri mi passarono per la mente.

“Se il mio presagio fosse vero… e se quella signora che urlava fosse stata proprio lei, mia nonna…? “

Delle lacrime mi rigarono il viso, non mi sentivo più le gambe e crollai a terra.

Gwendolyn

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