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"Nick!"
Mi giro quando sento qualcuno chiamarmi dal fondo del corridoio.
Jason sta correndo a perdifiato verso di me, con lo zaino che sbatacchia sulle spalle.
"Nick" ripete, quando è più vicino a me. Si appoggia pesantemente agli armadietti e ansima riprendendo fiato.
"Quanto... odio... correre..." mormora tra un respiro e l'altro.
Lascio che si riprenda, mentre lascio correre lo sguardo sui ragazzi a scuola.
La squadra di football, in fondo nell'angolo, circondata dal solito gruppetto di ragazze che sperano in un appuntamento. I ragazzi del corso di musica, con i loro strumenti musicali, parlano concitati dall'altro lato, probabilmente di qualche nuovo spartito che devono provare.
Il club di matematica, con i loro occhiali sul naso, la loro aria da nerd. E sono anche simpatici. Lo dico per esperienza personale.
E lei.
Isabella Swan.
L'essere umano più bello e più pieno di arte che Dio abbia mai creato.
Non le ho mai parlato, ma penso che se lo facessi ne rimarrei estasiato. Ha letto così tanti libri così tante volte che penso ormai penso li conosca tutti a memoria.
Ha un'aria così fragile ma allo stesso tempo così forte. Come una stella aplina. Un fiore delicato, bellissimo, ma che sopravvive al clima rigido della regioni alpine. Uno dei miei preferiti.
"Ancora a sbavarle dietro eh?" chiede Jason.
"Non le sbavo dietro. Penso solo sia un capolavoro."
Lui sbuffa. "Devi essere sempre così vomitevolmente dolce?"
"E tu devi essere sempre così fastidiosamente impiccione?"
"Touchè" mormora, seguendomi in classe.
"Davvero non so cosa ci trovi di bello in lei" riprende quando siamo seduti.
Alzo le spalle. Non penso lui possa capire, è più uno da cose materiali che astratte. Il mio contrario, come su tutto.
"Lei" dice ad un certo punto, fissando la porta dell'aula. "Lei si che è bella."
Non ho neanche bisogno di alzare gli occhi per capire di chi si tratta.
"No che non lo è Jason. Non ha nulla di attraente."
"Solo tu puoi pensare che Melissa, considerata la ragazza più bella della scuola, non abbia nulla di attraente. È pure la migliore amica di Isabella, dovresti essere felice: se mai dovremmo sposarci, le nostre mogli non avranno problemi a relazionarsi!"
Alzo gli occhi al cielo. Solo Jason è capace di farmi questi discorsi.
Lascio che continui a blaterare su quanto sia bella e dotata, e mi perdo ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra.
Il parco della scuola è uno dei posti più squallidi che l'uomo abbia mai costruito. Mozziconi di sigarette, pagine di riviste e confezioni vuote di patatine rotolano solitarie sul cemento più volte rattoppato. Gli alberi morenti trasmettono solo tristezza. Trovo che costringere dei poveri adolescenti nostalgici a passarci i tre quarti dell'anno sia davvero una cattiveria.
I miei pensieri vengono interrotti da una voce nuova: "Ciao, è libero questo posto?"
Alzo gli occhi giusto per incontrare quello azzurri di Melissa, che mi sorridono innocentemente.
Anche se in realtà sta guardando Jason.
Lui la fissa stralunato, gli occhi sgranati, prima di riprendersi e chiudere con uno scatto il mio libro di matematica.
"Certo che no, se ne stava appunto andando, neanche lo conosco."
"Ehi!" ribatto piccato. Sta davvero barattando il suo migliore amico per una cotta liceale che durerà si e no due mesi? Devo rivalutare le mie conoscenze.
Melissa ridacchia, imbarazzata.
Alla fine, sebbene controvoglia, mi alzo dalla sedia e occupo il banco davanti a quello di Jason. Magari avrà l'occasione della vita.
Mi metto a scarabocchiare disegnini sul quaderno, in attesa che entri la professoressa, sentendo Jason balbettare una conversazione con Melissa.
"Scusa, posso sedermi qui?"
Alzo lo sguardo e... wow, non mi ero mai accorto di quanto i suoi occhi fossero profondi.
"Ehm... certo, fai pure" mormoro, togliendo lo zaino dalla sedia che viene occupata da Isabella.
"Ciao, io sono Isabella" dice, porgendomi la mano.
"Nick" rispondo, stringendola titubante.
Poi cade il silenzio, ed io sperimento la fastidiosa sensazione del sudore freddo che bagna la schiena. Non ho proprio idea di come comportarmi. La sua aura di bellezza e arte mi investe e mi toglie le parole di bocca. Può sembrare una cosa eccessivamente sdolcinata, ma è così.
Alla fine mi giro verso di lei, intenzionato a dirle qualcosa, anche di stupido, quando la professoressa entra in classe e interrompendomi.
"Buongiorno" esclama sbrigativa, appoggiando la borsa sulla cattedra.
"Buongiorno" risponde la classe, come una mandria di pappagalli addestrati.
Ma oggi non mi da fastidio. Qualcosa, in Isabella, mi porta a sopportare anche questo. E mi dice che oggi sarà una giornata speciale per me.

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