CAPITOLO 13

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Arrivati da Starbucks ci sediamo.
C'è un silenzio imbarazzato dopo quello che è successo in macchina. Io non so cosa vuole fare quel ragazzo.
Se la sua intenzione è farmi impazzire, beh ci sta assolutamente riuscendo: fra poco dovranno rinchiudermi in un manicomio e buttare via la chiave.
<<Salve ragazzi cosa volete ordinare?>> La cameriera arriva sui pattini a rotelle e agita i suoi capelli marroni lunghissimi e lucenti.
<<Io un cappuccino, grazie.>>
Ho assolutamente bisogno di tenere la mente attiva.
<<Io un caffè schiumato.>> ordina lui.
La cameriera, che prima non l'aveva guardato in faccia, alza gli occhi dal libretto delle ordinazioni e quando li posa su di lui, cambia subito atteggiamento e si irrigidisce.
Sbatte le palpebre almeno cento volte al secondo e annuisce con un sorriso, che credo voglia essere seducente ma le viene male, imbambolato.
Io alzo gli occhi al cielo, non stupendomi per niente della reazione di questa ragazza, in fondo è quella che provoca in tutte, e mio malgrado, sono compresa anche io.
Rimane lì a fissarlo per quella che credo sia una mezz'ora buona e vedendo che non va via lui dice: <<Allora?>> come sempre maleducato. Anche se la ragazza già mi è antipatica, lo riprendo comunque per il tono sgarbato. Forse perché mi ricorda troppo quello che usava con me appena ci conoscemmo.
<<Taylor, sii più gentile, grazie>> 
Lui annuisce.
<<Puoi andare via e tornare con le nostre ordinazioni, per favore?>>
Lo fulmino con lo sguardo e lui mi guarda con una faccia da angelo, alzando le mani. Possibile che riesca a sembrarmi stupendo anche quando mi fa arrabbiare in questo modo?! Anzi non penso sia possibile, ma è ancora più stupendo quando mi irrita e credo che lo sappia visto che lo fa in continuazione.
<<Così va bene?>> mi sussurra con un sorriso da angelo, sporgendosi verso di me sul tavolo, mentre la cameriera arrossisce dalla testa ai piedi e va via imbarazzata.
Dentro di me, mi compiaccio che lui non l'abbia degnata nemmeno di uno sguardo e che pone tutta la sua attenzione su di me.
<<No, non va per niente bene. Devi avere più rispetto per le donne Taylor.>> lo rimprovero appoggiandomi allo schienale e lui ritorna al suo posto.
<<Beh ma se mi fate incazzare non ci posso fare niente io.>>  mi dice innocente.
<<Ma tu lo sei anche quando non lo facciamo.>>
<<Beh allora cominciamo a studiare, così posso rimproverarti senza sembrare poco rispettoso, madame.>> mi prende in giro. Lo guardo a bocca aperta e lui scoppia a ridere, il suono più bello del mondo, se dovessi sentire un solo suono in vita mia, sceglierei questo.
<<Li prendo, ma sappi che se lo farai, ti tirerò uno schiaffo, così impari.>> sorrido compiaciuta.
<<È una minaccia, signorina?>> mi chiede fingendosi offeso.
<<Beh... si>>.
Lui si porta una mano al petto, come se si fosse fatto male al cuore.
<<Così mi fai male.>> mi prende in giro.
Io rido e sono contenta che riusciamo a comportarci come due amici senza arrivare a situazioni, imbarazzanti e che mi provocano mille pensieri, ma soprattutto pericolose per la mia salute mentale, come quella di prima.
Mi immergo nella matematica completamente e mi fermo solo per dare un sorso al mio delizioso cappuccino.
<<Devi toglierti il baffo sai?>> mi dice serio guardandomi concentrato.
Scatto subito sulla sedia imbarazzatissima.
<<Cosa? C-che stai dicendo?>>
Prendo lo specchio dal mio porta pastelli, che ho sempre con me, perché a scuola può servire, non si sa mai.
Prima che possa tirarlo fuori però lui mi ferma, vedendomi in panico.
<<Scherzo, hai tutto il cappuccino sulla bocca.>>
Scoppia a ridere e io vorrei subito ammazzarlo, mi sono sentita imbarazzatissima, però mi è sembrato strano perché io non dimentico mai di togliermelo.
<<Aspetta ti pulisco io.>> mi dice con voce più bassa, adesso roca.
Si avvicina lentamente e allunga una mano verso le mie labbra, passa il pollice su quello superiore e poi su quello inferiore. Si morde il labbro e come d'istinto lo faccio anche io, non so nemmeno cosa mi stia succedendo: farfalle nello stomaco, cuore a mille, respiro corto, labbra spalancate, bocca secca. Una miriade di emozioni tutte insieme che mi fanno girare la testa in un modo così piacevole: è così bello essere toccata da lui, essere accarezzata dalle sue mani ruvide.
Gemo sotto il suo tocco e lui risponde al mio, in modo naturale, con un altro, sommessamente.
Mette la mano sulla mia guancia e io mi appoggio al suo palmo chiudendo gli occhi, rilassandomi, quando li riapro lui lentamente avvicina il viso al mio.
Mi posa un bacio sulla fronte, poi scende sullo zigomo, più giù sulla guancia e infine mi posa un leggero bacio all'angolo della bocca, a mezzaluna.
Lo guardo con gli occhi spalancati e lo spingo via.
Lui mi guarda perplesso, come se stesse in trance e non riuscisse a capire ciò che sto facendo. Poi si riscuote.
<<Scusa... è stato più forte di me non volevo scusa...>> dice alzando le mani a mo' di giustificazione.
<<Beh.. non farlo più. Seriamente Taylor altrimenti non uscirò più con te e mi farò dare le ripetizioni da un altro.>>
<<Da chi?>> chiede e giuro di averlo visto rabbuiarsi.
<<Non sono affari tuoi Taylor. Perché vuoi saperlo? Cambierebbe qualcosa? Non mi dire che sei geloso ora. Basta...>>
Faccio per raccogliere le mie cose e andarmene.
<<Che cosa stai facendo Amb?>> chiede lui sull'attenti.
<<Basta Taylor, smettiamola di prenderci in giro non può funzionare.>>
<<No Amber... ti prego non...>>
<<Cosa, Taylor? Cosa?>> chiedo girandomi da lui di scatto, alzando un po' troppo la voce, infatti dopo me ne rendo conto e mi guardo intorno.
Lui si alza in piedi e batte una mano sul tavolo, facendomi sobbalzare.
<<Merda, Amber, ti ho chiesto scusa non c'è bisogno che tu te ne vada.>> dice lui a voce altrettanto alta.
<<Ah no? Allora spiegami perché l'hai fatto Taylor perché io non lo capisco. Siamo solo amici no? Spiegamelo e io non me ne vado.>>
Abbasso la voce sull'ultima frase.
Mollo la borsa e lascio che cada a terra. Mi siedo pesantemente sulla sedia e incrocio le braccia guardandolo dal basso.
Si siede anche lui.
<<Non lo so. Non so perché l'ho fatto, ma non ne facciamo una questione di stato non era nemmeno un bacio, Amber, basta!>>
Lo guardo, mentre le lacrime mi salgono agli occhi, ma le trattengo e non le lascio scorrere. Forte. Devo essere forte, o almeno sembrarlo, solo così non potrà più ferirmi.
<<Hai ragione, scusami tu. Solo non ti avvicinare, siediti dall'altra parte e aiutami solo in matematica. Ci siamo visti per questo e così è giusto che sia.>> lo guardo impassibile e lui contraccambia il mio sguardo, più duramente. Sembra però perplesso e stupito del fatto che io abbia ceduto subito.
Bene, da oggi in poi dovrà imparare a vedermi così.
Per tutto il resto del tempo ci concentriamo solo sulla matematica, quando finiamo sono le nove di sera, ho tre chiamate perse da parte di mia madre, lo stomaco che mi brontola perché non ho cenato e sono stanchissima.
Quando usciamo chiamo mia madre e Taylor mi aspetta rimanendo accanto a me sul marciapiede.
-Amber dove sei?- Chiede mia madre alterata.
-Mamma, calmati stavo solo studiando, te l'avevo detto- mi giustifico.
-Non cercare di giustificarti è tardissimo torna subito a casa, stiamo aspettando te per cenare.-
-D'accordo arrivo subito- sbuffo, riattaccando.
<<Andiamo ti accompagno a casa>> dice Taylor.
<<Non vengo con te, vado a piedi.>>
Faccio per andarmene.
<<No, tu vieni a casa con me, ti accompagno io. Non pensare che ti lascio andare al buio e poi tua madre mi sembra già abbastanza incazzata, non c'è bisogno di peggiorare la situazione facendo tardi>> dice afferrandomi per lo zaino.
Mi divincolo.
<<Lasciami subito. Se vado ora non farò tardi, quindi non mi rompere e fammi andare via. E poi non ho bisogno di un altro papà che mi dica quando posso tornare a casa, se voglio farlo con il buio lo faccio.>>
Incrocio le braccia al petto e gli volto le spalle per andarmene.
Lo sento sbuffare e dopo i primi due passi, non sento più la terra sotto i piedi:  Taylor mi sta sollevando, caricandomi in spalla.
<<Ehi ma che... Taylor lasciami subito andare!>> Urlo dandogli pugni sulla schiena.
<<Te lo scordi. La prossima volta smetti di fare la bambina e mi ascolti. Queste sono le conseguenze.>>
Scuote la testa e si diverte mentre io mi divincolo, urlo e gli tiro pugni e calci, ma lui sembra non sentire dolore e, anzi, ride più forte il bastardo.
Mi tiene sulla spalla finché non arriviamo all'auto, apre la portiera e mi sistema sul sediolino accanto al suo, bloccandomi con la cintura di sicurezza. Poi sbatte la portiera, gira velocemente intorno all'auto e mi raggiunge al posto guida.
<<Ma sei impazzito?!>>
Gli urlo in faccia non appena lui sale in macchina, mi sorride ancora di più.
<<Non volevi ascoltarmi e io ho fatto di testa mia>> dice con naturalezza.
<<Fammi scendere immediatamente da qui!>>
Cerco di aprire la portiera ma lui la blocca con la sicura per bambini.
Lo guardo arrabbiata come non mai.
<<No! Avanti Amber, cazzo, smettila di fare la bambina.>>
Incrocio le braccia al petto e guardo fisso davanti a me, mentre lui mette in moto la macchina.
Il tragitto trascorre in silenzio, un silenzio carico di tensione. Arrivati a casa mia, slaccio la cintura.
<<Ciao Amber, a domani. Ci vediamo alla festa.>>
Mi guarda con un sorriso strafottente.
Ah, che rabbia!
Esco sbattendomi la portiera alle spalle, senza nemmeno salutarlo e mi trattengo dal fargli un gestaccio.
Corro su per le scale che portano alla porta e busso, nel gelo del vialetto.
Nel frattempo Taylor mette in moto, fa inversione e va via, scomparendo nella notte.
Mia madre viene ad aprirmi, con il viso contratto in una smorfia arrabbiata.
<<Oh, finalmente ti sei degnata di arrivare.>>
<<Scusa mamma, non mi ero resa conto dell'ora: stavo studiando>> mi giustifico.
<<Potevi almeno fare una telefonata. Vieni a tavola>> dice dirigendosi in cucina ed io la seguo.
Mi siedo al mio solito posto, mio fratello davanti a me, mio padre alla mia sinistra e mia madre alla mia destra.
<<Papà?>> Dico non appena iniziamo a mangiare.
<<Si tesoro?>>
<<È domenica la tua cena di lavoro?>>
<<Si perché?>> chiede lui perplesso.
<<Posso evitare di venire? Vado a casa di Ally o di Alexa, non ci sono problemi per loro.>>
<<No, dobbiamo essere presenti tutti. John vuole conoscervi tutti e ha detto che vuole presentarci tutta la sua famiglia, quindi no, tesoro. E poi so che hanno un figlio che ha la tua stessa età.>>
<<Ah si?>> chiedo, alzando gli occhi al cielo, ma perché a me?!
Non mi interessa niente che hanno un figlio maschio, ho già abbastanza problemi con i ragazzi. Che pensano che possa mettermi con lui?
Lui annuisce.
<<Dai ti prego papà. Mamma?>>
<<No, amore ha ragione tuo padre e adesso mangia.>>
<<Ma perché?>> sbuffo in tono lamentoso.
<<Perché no. Mangia>> ordina mio padre in tono autoritario.
<<Okay.>> sospiro, sconfitta.
Odio quando mio padre e mia madre si alleano contro di me, odio il lavoro di mio padre e odio i soci di mio padre!

PERFETTA ILLUSIONE #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora