Le Luci di Natale

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L'urlo lo svegliò di soprassalto facendolo alzare di scatto, si guardò intorno disorientato non capendo bene dove si trovasse, finché non si accorse di non riconoscere la stanza, né il letto in cui si trovava e il panico iniziò a vorticargli sotto pelle.

Calmati Damiano, calma...

Cercò di calmarsi iniziando a respirare lentamente, respiri sempre più profondi.

Ricordò finalmente perché si trovava lì: se n'era andato, sua madre l'aveva ignorato una volta di troppo e qualcosa era scattato in lui, aveva fatto le valigie, cercando di fare mente locale su dove potesse andare, su come sopravvivere, ma alla fin fine non era importante, doveva solo uscire da lì.

Si riscosse del tutto, capendo che molto probabilmente l'urlo che l'aveva svegliato era suo, una lacrima amara scese dall'occhio destro bruciandogli leggermente la guancia al suo passaggio e morendo infine sul lenzuolo stropicciato che teneva addosso.

Si sdraiò nuovamente, consapevole che non sarebbe più riuscito a riprendere sonno e ripensando a tutto quello che l'aveva portato a quel punto. Era sempre stato un figlio modello, uno studente modello, un atleta modello, era sempre stato tutto quello che i suoi genitori si aspettavano da lui: semplicemente perfetto. Proprio perché era sempre vissuto con molte aspettative sulle spalle, ma con la sicurezza di riuscire, impegnandosi, a soddisfarle del tutto, non avrebbe mai pensato che rivelare quel piccolo segreto a sua madre avrebbe aperto una voragine incolmabile fra loro due.

Una mattina di Aprile aveva deciso di affrontare il discorso con Carla, l'esigente madre che lui adorava, o almeno aveva sempre pensato di adorare, gliel'aveva detto, le aveva detto che era omosessuale, sperava che la madre l'avrebbe capito, avrebbe detto che niente importava fino a quando lui fosse rimasto perfetto, ed invece un'espressione gelida aveva preso il posto del sorriso che poco prima faceva capolino sulle perfette labbra tinte di rosso di Carla.

"Non scherzare su queste cose." Aveva detto seria, avvicinandosi a lui con fare preoccupato, e in quel momento Damiano aveva capito che non avrebbe mai più potuto essere il figlio che i suoi genitori volevano.

La storia sembrava essere finita ancor prima di cominciare, Carla aveva fatto finta di niente posandogli una mano sulla spalla e stringendo leggermente mentre si allontanava da lui con la scusa del settimanale appuntamento dalla parrucchiera.

Damiano aveva continuato a portare avanti i suoi meriti, lo studio, la tesi magistrale, il lavoro part time che lo impegnava nei pochi momenti liberi, gli allenamenti di atletica. Tutto sembrava essere tornato alla normalità, se così poteva essere definita quella routine senza fine, mentre un buco si allargava sempre più nel petto man mano che prendeva consapevolezza del rifiuto della madre.

Poi, ad un tratto, qualcosa in Carla era definitivamente cambiato, era diventata scostante, rivolgeva tutte le sue attenzioni verso Silvia, la figlia più piccola e lui veniva sempre più messo da parte; sguardi di disapprovazione avevano iniziato a comparire sulla faccia del padre ogni volta che incrociava il suo sguardo, scherno da parte della sorella che finalmente aveva libertà di movimento coi genitori visto che tutto il loro disappunto si era spostato verso il fratello sempre benvoluto.

C'erano voluti due anni prima che Damiano raggiungesse il punto di non ritorno, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata la muta accettazione della tossicodipendenza della sorella, sentiva ancora riecheggiare nelle orecchie le parole di sua madre: "Almeno tua sorella è curabile, tu sei un caso perso!"

Il suo cuore era morto quel giorno, sepolto dal rifiuto di coloro che avrebbero dovuto amarlo incondizionatamente.

Se n'era andato, se n'era semplicemente andato prendendo le sue cose, aveva chiuso la porta dietro di sé e aveva deciso di non ritornare mai più indietro.

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