03. Ghiacciolo

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Non voleva perdonarlo.
Lui l'aveva ferita, perché doveva perdonarlo?
Non aveva senso.

Più che ferita, era delusa.
Ok, va bene, forse era un po' esagerata, ma diamine! I maghi era quelli buoni e comprensivi, non i demoni! Non erano i demoni quelli che perdonavano facilmente, non erano i demoni quelli che si lasciavano prendere per il culo senza poi avere almeno una piccola vendetta.

E lei ovviamente non poteva averla.

In più Nash sembrava il classico e puro mago buono, quello che non farebbe male ad una mosca e che ti ascolta qualsiasi problema tu abbia, come dovrebbe fare ogni mago a dire il vero. Quindi, era logico pensare che i maghi avrebbero capito e compreso la sua situazione, nonostante fosse tutta una farsa.

Quindi in sostanza lei doveva perdonare colui che avrebbe dovuto capirla e che non lo aveva fatto.

«Ice io sono sul serio pentito per quello che ho detto non volevo ferirti in questo modo, io...»

«Davvero credi di avermi ferita?» si indicò e poi, fece una risata amara e puntò il dito contro il petto del ragazzo davanti a lei. «Tu mi hai deluso. Sono scappata dall'Inferno per cercare un posto migliore dove stare, un posto in cui sentirmi compresa e in cui poter essere me stessa e poi, la prima persona che dovrebbe fare parte della mia vita, la prima persona con cui dovrei creare un legame, mi dice che sono un mostro senza neanche conoscermi. Scusami, ma questo io non lo accetto.» si girò e andò verso la panchina in ferro situata non molto lontano da loro, sopra la quale aveva appoggiato una borraccia e un asciugamano.
Li prese e si diresse verso la porta, ma ventenne fermata da qualcuno.

Nash le aveva preso la mano per fermarla.
Lei si immobilizzò all'istante. Non era abituata al contatto fisico, a dire il vero lo odiava. Ma la sua mano era fredda, morbida, che stringeva leggermente la sua. Se fosse stato qualcun altro, in quel momento si sarebbe ritrovato a terra con il braccio rotto, ma lei non fece assolutamente niente. Non ritrasse la mano, non gli fece male, niente.

Girò lentamente la testa ed incontrò due pozzi di ghiaccio che la fissavano preoccupati e tristi.

«Io voglio davvero scusarmi. Io ho reagito in questo modo idiota perché non mi aspettavo che una come te potesse essere la figlia del diavolo.»cercò di scusarsi nuovamente.

«Una come me?» domandò Ice non capendo.

«Tu non hai per niente l'aspetto di un demone. Sembri...» si grattò il collo imbarazzato «un angelo. È la prima cosa che ho pensato quando ti ho visto. Un angelo a cui hanno tolto la possibilità di volare, ma che ci riesce comunque. Un angelo caduto che però ha ancora la forza di rialzarsi.» wow. Era davvero impressionata da ciò che lui aveva appena detto.

Avrebbe voluto fare una battuta, come era suo solito fare, ma lei rimase con la bocca asciutta.

Doveva ammettere che era veramente adorabile con quello sguardo dolce e triste allo stesso tempo, quelle labbra carnose e i capelli arruffati.

«Mi hanno sempre chiamata mostro. Anche prima che... lo diventassi. Non voglio dire di essere un agnellino, perché non lo sono. Ho molti scheletri nell'armadio, ma fa ancora male sentirsi chiamare così, perché sono consapevole che lo sono diventata. E sinceramente non so se esserne triste e essere delusa da me stessa o esserne felice perché grazie a tutti quei momenti difficili ora sono... sono più fredda. E nulla più mi scalfisce.» non sapeva nemmeno lei perché si era aperta in questo modo. Solitamente lei era una riservata, chiusa in se stessa e che dubitava degli altri, ma con lui... con lui era diverso.
Le trasmetteva sicurezza.

E questo, non lo avrebbe mai ammesso, ma la terrorizzava.

«Tranne quando qualcuno ti chiama mostro.» precisò lui, sorridendo lievemente, cercando di sdrammatizzare la situazione.

La figlia di Lucifero [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora