Capitolo 15

21 2 2
                                    


Mi stava ispezionando con lo sguardo, non sembrando turbato o imbarazzato da quello che aveva detto. Girava gli spaghetti e li metteva in bocca, attendendo che accadesse qualcosa, ma io avevo bisogno di tempo per elaborare una risposta intelligente. Di solito l'agitazione mi impediva di formulare frasi sensate e per quello, notando il troppo silenzio, mormorai il minimo indispensabile: "Non è vero...".

"E' un'affermazione o una domanda?".

Aprii la bocca per rispondere, ma "Spero in un'affermazione" parlò prima di me, poi sorrise, una fossetta si mostrò a lato "Mi sorprende che ci hai anche pensato".

"I-Io, non- Non ho pensat- Non ci ho-".

Mia madre scoppiò a ridere come se avesse assistito alla più bella delle battute. Aveva probabilmente capito che fosse il modo di scherzare del ragazzo, anche se non era molto facile intendere quando prenderlo sul serio, infatti anche Evan era rimasto contraddetto per tutto il tempo.

"Bhe, non ci sarebbe stato nulla di male" disse lei, inumidendosi le labbra, per poi darmi qualche pacca sulla schiena e continuare a ridere. Non capii quel contatto, lo interpretai come un leggero invito a svegliarmi da quel mio stato di rigidità e lo colsi, finendo il cibo rimasto nel piatto che non riuscii più a gustarmi a pieno. Arrivò la seconda portata e Betta ed Evan ricominciarono un discorso tra di loro. Altri commenti di apprezzamento per il pasto, dei sorrisi, occhiate dolci e battute spiritose. Abbassavo lo sguardo il più delle volte, come se volessi lasciargli spazio, ma, in realtà ero a disagio. Mi ero messa a pensare a quanto davvero mi facesse strano immaginare il mio professore con mia madre, vederli mano nella mano, coinvolti in un bacio e magari saperli a condividere una casa. Già notavo quanto anche solo le piccole ed impercettibili carezze sulle mani risultassero un gesto talmente intimo e tenero da farmelo credere spiazzante, ma era l'espressione di Betta ad essere la vera novità. Sentivo di non esistere quando guardava lui, nessuno era presente a parte loro, lo si leggeva da quella scintilla invisibile e viva che brillava come una stella nei suoi occhi. Magari non era normale, ma non mi disturbava quel suo distacco. Forse perché la vedevo felice o forse perché un po' mi divertiva quella sua complicità con l'uomo, vederla con la testa tra le nuvole come una ragazzina alla sua prima cotta.

"Cosa?" domandai non appena mi resi conto mi stessero interpellando.

"Chiedevo se Evan stesse riuscendo nell'utopico tentativo di insegnarti la matematica" disse lei "Lui è sicuro che arriverai alla sufficienza anche se" alzò le spalle, sospirando "Non ci credo molto".

Che gentile, pensai, mentre l'uomo soffocava una risatina e "Non dovresti dire così" le intimò "Margot è una brava allieva. Una volta imparate bene le basi, la strada sarà in salita e potrà arrivare in alto".

Curvai le labbra, apprezzando le parole, quindi continuò "Nemmeno Victor era bravo in matematica, un caso perso dico davvero, però ora è piuttosto bravo, vero Vic?" provò a tirarlo nel discorso, ma riuscì a catturargli solo un misero "Mh mh" di approvazione. Teneva lo sguardo basso, le mani sotto il tavolo, mentre armeggiava con il cellulare.

"Frequenta lo Scientifico vicino alla scuola di Belle Arti, non so se avete presente".

"Non lo credevo tipo da Liceo" commentai con una punta in eccesso di sarcasmo.

"Mi credevi tipo da cosa allora?".

Nemmeno mi stava guardando.

"Ho sempre pensato saresti finito per fare il meccanico. Parlavi spesso di macchine, moto e cose del genere...".

Lo vidi sorridere quasi impercettibilmente ed Evan, che pareva sentirsi più a suo agio, prese nuovamente parola: "Ha sempre avuto molti interessi. Macchine, musica, sport, danza...".

Forgotten LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora