Temporeggiare

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  Derek doveva aver ascoltato la loro conversazione, nonostante fosse sdraiato su un giaciglio improvvisato fatto di coperte. Stiles lo trovò peggiorato, malato, e sicuramente più arrabbiato che stanco, come la notte in cui era arrivato.
Quando i suoi occhi scorsero il suo viso corrucciato e sudaticcio, Derek evitò di guardarlo direttamente, facendo una smorfia frustrata e guardando Scott.
"Perché diavolo lo hai chiamato?" gli disse in un grugno. Stiles si avvicinò per esaminarlo senza dimostrarsi offeso.
Era evidente non facesse piacere a nessuno dei due quella situazione. Era un buon motivo per rendere Stiles più cocciuto e volenteroso a sbrigliare quel problema il prima possibile.
Quando si piegò sulle proprie ginocchia, intercettò l'occhiataccia sospettosa di Derek: erano passati anni e lo trovava ancora inutile e fastidioso. A Stiles piacque l'idea, soltanto perché così avrebbe provato più gusto nel fatto che dovesse girargli attorno.
"Stiles è il mio-"
"Emissario" concluse Stiles intromettendosi con aria orgogliosa e fiera. Ancora non lo aveva sfiorato, impaurito che Derek potesse addirittura arrivare a morderlo o graffiarlo – perché, andiamo, ne era senz'altro capace. Per un po' rimase solo ad osservarlo.
I tratti si erano fatto più rigidi, appuntiti e la barba non aiutava ad ammorbidirli. Gli occhi lucidi, aperti con evidente sforzo faticavano a mantenersi del famoso verde paglierino che li contraddistingueva. La bocca era semiaperta, ma arricciata nella tipica espressione immusonita. Il pomo d'Adamo si alzava e abbassava mostrando, per quanto tentasse di camuffarsi, un chiaro segno di affaticamento. Anche il petto si muoveva spasmodicamente come se avesse corso fino al momento prima del loro arrivo e tutti i suoi muscoli ben delineati erano rigidi come se stesse in posa.
Derek doveva aver annusato tutta la sua sfrontataggine perché replicò solo con una smorfia disgustata che gli fece roteare gli occhi al cielo e smetterla di titubare a toccarlo.
Gli afferrò grossolanamente la mascella, usando l'incavo tra il pollice e l'indice per fermare il mento. A quel gesto, Derek digrignò i denti, lasciando fuoriuscire un mugugno in protesta feroce e alquanto pauroso che però non scalfì l'espressione sicura di Stiles. Assieme a quel grugno lupesco, la mano di Derek era subito andata a circondare il polso dell'Emissario e la presa si era fatta subito minacciosa, come se avesse intenzione di spezzarglielo da un momento all'altro. Derek, però, non scorse alcun acceleramento del battito di Stiles dalla presa costrittiva attorno al suo polso e un consapevole Stiles si concesse un ghigno soddisfatto.
Era diventato più difficile spaventarlo. Dopo tutti i mostri che avevano conosciuto, un licantropo malaticcio non era più capace di turbarlo. E, sì, si sentì un gradasso, ma poco importava a quel punto.
"Sei affaticato perché ti stai sforzando di restare umano?" domandò alzando i suoi occhi in quelli di Derek che, sgranandosi appena, lo fissarono nuovamente spaesati.
Era insolito per Stiles vederlo cedere così facilmente, o anzi, riuscire a carpire le differenze di quel volto sempre corrugato in un cipiglio; ma era anche chiaramente soddisfacente riuscire a fronteggiarlo senza l'insicurezza che un tempo contraddistingueva i loro incontri.
Dovette capirlo anche Derek, in quel momento, di non avere più di fronte il vecchio Stiles. Gli lasciò il polso e si accasciò debolmente sul pavimento.
Annuì senza aggiungere altro quando anche Stiles lo lasciò andare.
Ignorò l'idea che Scott potesse fargli domande, una volta aperta bocca, e gli disse senza un briciolo di incertezza: "La rosa, nella stanza di Peter, l'hai vista?"
Derek lo guardò nuovamente dritto in volto. Non era confuso, come se non sapesse di cosa stesse parlando. Lo era, però, come se si domandasse perché lui ne sapesse qualcosa.
Cercando di non mostrarsi stranito, Derek gli annuì di nuovo.
Stiles lo guardò esterrefatto. Il tempo non gli aveva dato l'esperienza o fatto trovare la voglia di parlare e rendersi più utile negli scambi comunicativi che, in quelle situazioni, risultavano chiaramente indispensabili. Sbuffò sardonico e con tono simile, domandò: "E di grazia sapresti dirmi se sai di che si tratta?"
A quel punto, Scott intervenne – probabilmente incapace di mantenersi in silenzio: "Di che rosa state parlando?"
Non chiese a Stiles perché ne sapesse qualcosa, perché dal modo incerto con cui gli aveva dato la notizia del ritorno di Derek, c'era arrivato da solo a pensare che Stiles gli nascondesse un bel po' di informazioni. E lo detestava parecchio, scusandolo ogni volta per l'associazione mentale che faceva con Deaton. Il Dottore, infatti, oltre a insegnargli l'arte del soprannaturale e tutte quelle robe a lui oscure, doveva avergli trapassato anche l'enigmaticità, risultando sempre schivo e meno propenso a spiegargli cosa cazzo stesse succedendo.
Stiles si girò a guardarlo. "Seriamente, Scott? Col tuo infallibile udito non l'hai sentita sussurrare al piano di sopra?" esclamò, sapendo di aver detto troppo.
Perché a quelle parole fu Derek a parlare: "Sussurrare? Tu la senti sussurrare?"
Stiles si voltò per guardarlo e si rimise in piedi, sulla difensiva. A tentoni e con estrema fatica, Derek decise di mettersi a sedere e poi di alzarsi, per fronteggiarlo minaccioso.
Scott li lasciò soli, per accertarsi velocemente cosa ci fosse al piano di sopra. Stiles guardò Derek e cercò nuovamente di decifrare le espressioni che tramutavano velocemente il suo viso bruno.
"Perché tu non hai sentito delle voci provenire dalla rosa? Non ti ha parlato?" domandò Stiles. Derek "no" negò semplicemente, asciutto, con i pugni stretti e tremanti. Stiles pensò repentinamente che fino a quel momento dovesse essergli passato chissà quale pensiero per la testa che lo riguardava – forse influenzato dalla sua presenza, la notte del suo arrivo – e che quel nuovo dettaglio gli aveva tolto via ogni dubbio.
Lo ignorò per un attimo e portandosi una mano sul mento pensò a ciò che aveva appena scoperto: la supposizione più fattibile fu che lui era riuscito a sentire qualcosa provenire dalla rosa perché era un druido, grazie alla scintilla che gli aveva permesso di diventarlo. Forse aveva sentito quei sussurri, soltanto lui, perché era il solo a doverli udire. L'unico capace di capirne qualcosa. Ci pensò, mentre Derek, condotto da chissà quali frenetici pensieri, gli ruggì irato digrignando maggiormente i denti e mutando velocemente, nei tratti facciali e nelle mani, in un lupo.
Stiles indietreggiò. Scott sarebbe stato lì in un attimo non appena lo avrebbe sentito, quindi non si allarmò. "Der-" tentò, ma l'altro lo fermò "Se scopro che in tutto questo casino mi ci hai infilato tu, Stiles, io-" ringhiandogli addosso.
Perché, certo, doveva essere elementare dare la colpa a lui, visto che era l'unico a sentire una rosa parlare. Certo. Stiles lo fermò, deducendo da sé la minaccia: "Cosa farai? Mi strapperai via la gola? Con i tuoi denti? Oh mi era mancato decisamente sentirtelo dire, sai?" affermò col suo solito sarcasmo, ora chiaramente macchiato da una vena di insolenza che, in passato, non c'era mai stata, mentre ignorava la stilettata al cuore pronta a suggerirgli che in tutto questo ci fosse anche un fondo di verità.
Derek fece un passo in avanti, pronto in un salto, a farsi padroneggiare dall'istinto di sbranarlo, ma fu ostacolato da Scott che saltando attraverso il buco sul pavimento al piano di sopra, si ritrovò a ringhiargli contro mostrandogli chiaramente l'unica prova che potesse arrestare l'altro licantropo. Derek fece un passo indietro, di fronte agli occhi rossi dell'Alpha. Poi, sfiancato dall'utilizzo eccessivo delle forze, si accasciò sul giaciglio, perdendo definitivamente i sensi.
Stiles si fece subito avanti, in ginocchio per controllarlo. Non lo svegliò, probabilmente consapevole che fosse inutile e quando si voltò verso Scott "l'hai vista?" gli domandò.
Scott annuì. "Davvero l'hai sentita sussurrare?"
Stiles annuì. Gli doveva un chiarimento. "La notte in cui è arrivato, avevo questa sensazione. Non so spiegartelo e scommetto che con tutte le volte che l'ha provata anche Deaton, anni fa, nemmeno lui avrebbe tentato di fartelo capire. Insomma, ho seguito istintivamente questo sentore fino a giungere qui. Ho visto il bagliore della rosa e sono entrato. L'ho trovata nella stanza di Peter – deducendo fosse la sua dall'insenatura sulla porta, l'hai vista? – e l'ho sentita. Non so cosa voglia significare tutto questo, sicuramente ora che hai chiesto il mio aiuto, cercherò di capirci qualcosa. All'inizio credevo riguardasse Peter e quando ho visto il lupo, ho pensato seriamente si trattasse di lui, poi è successo quel che è successo e francamente ho pensato che avresti trovato tu le risposte a tutto questo".
Scott non disse nulla, pensando a ciò che gli aveva detto. Salirono al piano di sopra, lasciando Derek in quella stanza senza indugi, certi che da lì non si sarebbe mosso.
Di fronte alla rosa, Stiles si rese conto che essa era già cambiata. Alcuni petali erano caduti verso la fine del gambo e il bagliore della prima notte non era più così fulgido.
"Ti sussurra anche ora?"
Stiles negò. Infatti, ella era stranamente silenziosa. Stiles si avvicinò ancora con la voglia di toccarla, come la prima notte. L'attrazione, nonostante il suo silenzio, era ancora forte.
Scott lo fermò agguantandolo per un braccio, chiaramente in allerta che essa potesse essere in qualche modo pericolosa... al tatto. Stiles optò col dargli ragione, nonostante facesse davvero fatica.
"Cosa hai sentito, Stiles?" domandò finalmente Scott, come se si fosse tenuto quella domanda in bocca fino all'ultimo, lasciandosela sfuggire in un momento di debolezza.
Stiles non voleva rispondergli. E senza sentirsi in colpa, come avrebbe fatto una volta, non lo fece. "Devo- devo fare delle ricerche, Scott" replicò e l'Alpha annuì.
"Quanto pensi che possa durare Derek in... queste condizioni?"
Stiles tornò a pensare al licantropo al pianterreno e guardò nel vuoto, elaborando un pensiero e facendo mente locale al tempo stesso.
"Io... posso preparargli qualcosa per aiutarlo. Sì, credo di poterlo fare. Posso garantirgli una settimana, forse due. Il resto lo farà questa casa, alla quale sembra letteralmente legato"
Scott annuì nuovamente. "Dobbiamo farcele bastare per venirne a capo. Lo sai anche tu quanto può essere pericoloso un lupo senza inibizioni"
Fu la volta di Stiles di annuire laconicamente.
Tornarono al piano di sotto, ma Stiles si fermò davanti all'ingresso. Scott, sul ciglio della porta in cui avevano lasciato Derek, si voltò a guardarlo, esitante, sapendo già cosa l'altro gli stesse per dire.
"Ti aiuto in quanto tuo emissario, Scott. E farò tutto il possibile per risolvere questa... cosa. Ma sarai tu a prenderti cura di lui. Perché questo chiaramentenon è il mio compito"
Scott si sentì spoglio. Con la famiglia e il lavoro, l'esigenza di prendersi cura di Derek gli risultava insostenibile, soprattutto da solo. Poteva costringere Stiles a collaborare anche in questo, ma non se la sentì e annuì semplicemente.
Stiles, ancora una volta privo del malore che avrebbe potuto percepire all'altezza del petto, diversi anni prima, se ne andò dopo avergli fatto un'ultima promessa: "Ti chiamo appena ho pronto l'intruglio".

I wanna be known by you ~ SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora