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Mi chiamo Katrine Parker, detta Kat, ho 16 anni e il mio sogno è quello di diventare un'archeologa e per ciò passo le mie serate tra le rovine delle case abbandonate della mia città.
Ad essere sinceri il motivo non è solo questo, non ho nessuno con cui stare la sera. Avevo degli amici con cui uscire, ma finivo sempre per stare da sola e per di più alcuni si sono dimostrati falsi ed approfittatori. Così ho pensato "Meglio starmene da sola piuttosto che sentirmi sola con le persone a me care". Poi, siccome i miei avrebbero fatto troppe domande se, così di punto in bianco, avessi smesso di uscire la sera, ho deciso di andarmene in giro da sola.
Dunque, quasi ogni sera alle sette, preparo il mio zainetto con una torcia, acqua, fiammiferi e altre cose che possono servirmi ed esco.
All'inizio avevo paura, i posti più tranquilli e belli al buio possono sembrare davvero molto tetri e terrificanti.
Una delle mie prime mete fu il parco dove giocavo da piccola, non è completamente abbandonato, ma sono davvero poche le persone che ci vanno ormai e quasi tutto è rotto.
Mi piacciono le cose rotte, forse mi rispecchio in loro, perché anche io sono rotta dentro a causa delle prese ingiro che mi hanno resa il relitto di me stessa. È per questo che voglio diventare archeologa, per loro anche solo un frammento è importante.
Comunque ero lì, sola nel parco, le foglie sugli alberi frusciavano e mi davano un senso di calma, mi sedetti e chiusi gli occhi finché non sentii un cigolio, aprii gli occhi e saltai in piedi, l'altalena dondolava da sola poi vidi un pipistrello volare sopra di me e corsi via, con il cuore a mille e l'adrenalina alle stelle.
Ora ripensando a quel momento mi sento così stupida, l'altalena dondolava per il vento e quello era una grande falena e non un pipistrello.
Però quelle cose in rovina, il buio, il silenzio...mi dava un senso bellissimo di pace.
È così, anche se avevo paura, decisi di continuare. Infondo quella sensazione di essere osservata era piacevole, mi faceva stare in allerta, mi rendeva forte.
Adesso non corro più spaventata, lascio che la paura diventi parte di me e che l'adrenalina scorra come sangue in tutto il corpo divertendomi ad ispezionare i posti più strani.
Purtroppo per il momento le mie scoperte sono state: un cane morto, una pietra a forma di stella ed un vecchio guanto perso da chi sà chi, ma presto farò una scoperta eccezionale che mi farà finire su internet e nei telegiornali... e forse quel giorno è oggi.

Cammino tranquillamente nella parte vecchia della città con lo sguardo fisso a terra e le mani nelle tasche del giubbotto. Scalcio le pietroline che mi trovo davanti un po'annoiata canticchiando. Non so dove andare, dopo un anno conosco questo posto meglio delle mie tasche, forse non c'è davvero più niente da visitare.
Giro un angolo ed entro in una porta rossa mezza rotta. L'interno è buio, come sempre, così accendo la mia torcia e mi ritrovo d'avanti una stanza vuota, con solo un tavolo di legno tarlato, impolverato e senza una gamba. Mi guardo un po'a torno, sui muri la carta da parati è stata strappata via in alcuni punti da me, che speravo di trovare qualche scritta nascosta o un affresco.
Chiudo gli occhi e mi concentro sul rumore dei tarli.
Mi piace questo posto più di qualsiasi altro perché è calmo e rilassante, poi quando la persiana sbatte per il vento l'adrenalina sale subito e mi sento di poter spaccare tutto, di essere più forte di quanto sia e di poter fronteggiare chiunque.
Sento uno strano rumore ed apro gli occhi.
Ci sono due lucette gialle puntate su di me.
Anzi, sono occhi che mi fissano.
Mew
Sorrido.
È un gatto.
Mi guarda per un altro po', poi fugge via e io lo inseguo.

Corre veloce e non riesco a stargli dietro.
Lui sembra accorgersene, si volta a guardarmi e si ferma.
Mi avvicino e riprende a correre.
Vuole essere inseguito.
Lo inseguo fino a che non gira in una strada che, sinceramente, non ricordo di aver mai vista prima.
Aspetto ferma sul posto, un po' spaventata ma anche incuruosita, prima di girare anche io.
D'avanti a me si apre un vicolo ceco largo sì e no un metro e mezzo.
No, non è un vicolo ceco, c'è una porta di metallo e il gatto sta entrando proprio lì da un buco.

C'è più silenzio del solito, non si sente il tubare dei piccioni, né il mare in lontananza e non spira un alito di vento.
Un po'titubante faccio un passo in avanti per seguire il gatto, ma poi sento una voce -Non farlo- dice. Il mio cuore salta un battito, poi accelera di colpo. Mi guardo in torno, ma non c'è nessuno, solo un merlo appollaiato su un muretto. Sono irrigidita dalla paura, faccio un respiro profondo e cerco di rilassare muscoli. -C-chi è stato?- chiedo con voce tremante senza ricevere risposta. Sospiro sollevata e sento il battito del mio cuore rallentare fino a diventare normale.
Nonostante tutto sono ancora titubante. "Vado avanti o torno indietro?".
Osservo le piume pece del merlo che sembra fissarmi con i suoi tondi occhi scuri contornati di giallo, apre il becco arancione e sento ancora quella voce -Non farlo-.
Spalanco gli occhiali per la sorpresa, ma poi scoppio a ridere "Lo avrà sentito da qualcuno e ora ripete".
Faccio un lungo respiro e vado avanti raccogliendo tutto il coraggio che ho in corpo.

Sono difronte alla porta ben chiusa
È di un metallo rossiccio, forse è anche arrugginita.
"Di certo non passo dal buco del gatto e con la mia forza non riuscirò a buttarla giù...".
Guardo la serratura, è vecchia e molto semplice da scassinare.
Prendo delle pinzette, mi guardò in torno per controllare che non ci siano telecamere ed inizio ad armeggiare con la serratura finché non sento uno scatto.
Spingo la porta con tutta la forza che ho e questa si apre piano cigolando.
Mi ritrovo d'avanti ad una stretta, buia e per di più ripida scalinata.
Mi vengono le vertigini solo a guardarla.
Salgo le scale con fatica.

Ormai sono già a metà quando sento un cigolio e la porta sbattere togliendomi quel poco di luce che veniva da fuori.
Inizio a cercare alla ceca la torcia, ma poi ricordo di averla lasciata quando avevo iniziato a seguire il gatto.
-Stupida- dico e la mia voce riecheggia, fino a non sembrare più mia.
Faccio qualche passo, poi inciampo.
Cerco di ri alzarmi ma sento qualcosa di umido e viscido sotto le mie mani.
Sembra quasi...no, non può essere.
Mi ricordo dei fiammiferi e li prendo frettolosamente dallo zaino.
Ne accendo uno e non posso credere a quello che vedo.
Un gatto nero diviso a metà, lo stesso gatto che avevo inseguoto.
Mi guardo le mani, sono piene di sangue.
La cosa che mi lascia più sconcertata è la temperatura del sangue...non è caldo.

La curiosità uccise il gattoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora