1. Un inizio

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Finisco di pulire gli ultimi tavoli poi, finalmente, posso andare a casa. Credo di non essermela cavata tanto male, neanche benissimo, ma non avendo mai fatto un lavoro del genere posso considerarmi soddisfatta. Sto pulendo l'ultimo tavolo quando il proprietario del bar mi si avvicina.

"Ci vediamo domani alla stessa ora, ok?" sono sollevata, questo lavoro mi serve più di ogni altra cosa al momento.

"Si...va bene, grazie." Non so cos'altro dire.

Mi tolgo il grembiule, lo ripiego e lo rimetto dove l'ho preso ore fa.

Sono su una nuvola, ho uno squallidissimo lavoro in un bar e sono felicissima. È pur sempre un lavoro e non potevo chiedere di meglio. Il bar è vicino all'università e all'appartamento in cui vivo da appena una settimana.
"Che fai, vai via? Non li vuoi i tuoi soldi?" Mi guarda con aria perplessa.

"Ah, no...non pensavo mi pagassi per oggi." Dico imbarazzata.

"Oggi si è lavorato parecchio, non hai fatto cadere nulla su nessun cliente, te li sei guadagnati! Ecco tieni!" mi da i soldi, i miei primi soldi. I primi guadagnati da me.
È stupido lo so, ma ne vado orgogliosa.

Lo saluto con un sorriso e me ne vado, credo di saltellare tanto che sono felice.

Ho deciso di andare via di casa appena dopo il diploma, mi sono iscritta in un università lontana centinaia di chilometri dalla mia città andando contro il parere di tutti. So bene che non sarà per sempre, che è una situazione temporanea e che non mi laureerò qui. Non importa, non adesso almeno!

Ho trovato una casa, a pensarci bene definirla casa forse è eccessivo. Diciamo che è una casetta, molto molto piccola, che condivido con un ragazzo, non lo conosco ancora bene, ma mi ha fatto una buona impressione sin dall'inizio è la più economica tra tutte quelle che ho visto e dista solo cinque minuti dall'università. Era perfetta, è perfetta.

Per una volta, voglio cavarmela da sola, devo almeno provarci.
Ok, in tutta questa perfezione, non ho ancora detto ai miei di vivere con un perfetto sconosciuto, un ragazzo, ma sono fiduciosa che non ne faranno un dramma. Però, non si sa mai, preferisco rimandare il più possibile questa "rivelazione".

Probabilmente sbaglio ad omettere delle cose, ma finirei per farli preoccupare più del dovuto e non mi va affatto. Sono già parecchio in disaccordo con le mie scelte. Non posso e non voglio fargliene una colpa, al posto loro sarei immensamente preoccupata anche io.

Assorta nei miei pensieri e avvolta nella mia nuova bolla felice, non mi sono accorta di essere arrivata fuori alla porta del mio appartamento. Ho le chiavi, ma busso, così giusto per far sapere a Samuele che sto per entrare. Non abbiamo ancora parlato dell'eventualità di "ospiti" in casa e non so se abbia una ragazza o qualcosa del genere.

Infilo le chiavi nella serratura ed apro, entro lentamente, quasi come non fosse anche casa mia, come se fossi un vicino impiccione.

"Ehi, ciao...come sei entrata?" Cazzo, figura di merda numero uno di quella che sarà una lunga serie.

"Ho le chiavi, me le hai date tu..." dico imbarazzata.

"Si, lo so. Te le ho date affinché tu potessi entrare senza bussare..." mi sorride.

"Lo so, ma ho pensato che potessi essere in compagnia o che so..."
"Nudo?" Mi chiede lui inarcando un sopracciglio.
"Anche." Ammetto, sempre più imbarazzata.
Mi guarda, credo si stia divertendo.
"Non mi troverai nudo, al massimo in pantaloncini e, probabilmente, senza maglia quando quel maledettissimo condizionatore non funzionerà, e non funzionerà molto spesso, credimi!"

Ok, per lui girare praticamente in boxer senza nient'altro addosso equivale ad essere vestiti, bene. Questo è un particolare che devo ricordare di non comunicare a mia madre quando le dirò che vivo con un ragazzo.

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