10. Halloween Pt.2

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Oddio, che schifo! Ho paura di prendere un qualche tipo di infezione in questo bagno. Il pavimento bianco è ormai diventato a strisce nero, c'è un odore nauseabondo assurdo.
Entro nel bagno facendo molta attenzione a non toccare niente e nel fare la pipi, cercando di restare in equilibrio, quasi mi piscio sulle scarpe. Mai più, la prossima volta la faccio in strada.

''Mia...tutto bene?''
''Si...'' urlo
''Sicura? Sei la dentro da una vita."
''Provaci tu a fare pipi senza beccarti una malattia qua dentro senza metterci troppo!" alzo gli occhi al cielo, ci manca solo lui a mettermi fretta.
Della possibilità di lavarmi le mani neanche l'ombra, tutti i lavandini sono stracolmi di carte inzuppate d'acqua. Sbuffo così pensantemente da far ridere di gusto Diego.

''Non c'è proprio niente da ridere...'' inizio a scendere le scale, ma è più difficile del previsto avendo la suola delle scarpe completamente bagnata.
''Appoggiati a me, non vorrei doverti recuperare alla fine delle scale." e ride di nuovo.

Accetto il suo aiuto perchè il vino mi ha resa più audace e poi, non so, mi va e basta di stare appoggiata a lui (con una legittima scusante poi!).
Mi riaccompagna dov'ero prima con Valentina, ma lei non c'è e neanche Samuele. Almeno non è più al suo posto, in consolle. C'è il tipo del bar, però.

''Ehi, hai visto la mia amica? Quella che era con me prima al bar?'' mi scocca l'ennesimo sorriso da parte a parte, che ora mi sembra solo un sorriso stupido.
''Al bar con te? No, sinceramente ho visto solo te al bar prima! Dai vieni qui, balliamo oppure andiamocene da qualche parte, poi cerchiamo la tua amica...'' mi mette una mano dietro alla schiena e mi attira verso di lui.
''No, devo cercarla adesso, scusa!'' gli dico e nel girarmi sbatto contro Diego.
''Chi era quello?" cosa?
''Il ragazzo del bar, era prima qui con me e Vale, pensavo l'avesse vista, ma niente!''
Lancia un'occhiataccia verso il tipo, di cui continuo ad ignorare il nome.
''Vieni con me!'' mi prende per mano e mi guida nella folla.
''Dove andiamo?'' urlo, ma non mi sente, c'è troppa gente e il volume della musica è troppo alto.

Una volta fuori dall'edificio, mi lascia andare la mano.
Proviamo a chiamare l'uno e l'altra, ma nessuno dei due risponde. Dove diavolo si sarà cacciata! Gliel'avevo anche detto che sarei ritornata subito.

''Vieni, andiamo a Piazza del Gesù, proviamo a vedere se solo lì...''
''Non devi per forza restare con me, ti stai rovinando la serata per colpa mia!''
''Stai scherzando? Non ci penso proprio a lasciarti qui, da sola!'' mi riprende per mano e questa volta spero che non me la lasci più.

Camminiamo a passo di lumaca perchè i miei stivali non mi permettono di fare meglio. A metà strada sento il telefono vibrare. Mi fermo di scatto. Un sms:

Sono Samuele, ho portato Valentina a casa nostra...è troppo ubriaca per andare a casa sua. Dammi cinque minuti e vengo a prenderti, non muoverti da lì, ok?

Tiro un sospiro di sollievo.
''Sono a casa, lei era ubriaca e Samu l'ha riaccompagnata. Tra cinque minuti vieni a prendere anche me!'' faccio qualche passo in direzione della facoltà di architettura.
''Aspetta!'' mi afferra per un braccio.
''Che c'è?''
''Tu vuoi andare a casa?'' il suo torno di voce è cambiato.
''In che senso?''
''Non rispondere ad una domanda con un'altra domanda...rispondi e basta: Vuoi andare a casa? Adesso, vuoi tornare a casa?'' mi sembra esasperato, ma perchè?
''Tu vuoi che resti?'' rispondo ancora una volta con una domanda, ma devo sapere perché vuole che io resti.
''Te lo sto chiedendo no? La risposta alla tua domanda mi sembra ovvia...'' abbassa lo sguardo e mi stupisco di questa sua reazione.
''Allora resto!''
Gli sorrido e i suoi occhi cambiato d'intensità per la terza volta in un'ora.

Mi prende, di nuovo, per mano mentre il mio stomaco fa le capriole.
''Dove andiamo? Architettura è di la...''
''Non ho nessuna intenzione di rimettere piede li dentro!'' bene, continua a non dirmi dove ha intenzione di andare.

Lo guardo scettica mentre zigzaghiamo tra le persone, poi arriviamo davanti ad un motorino e si ferma. Ne apre la sella, prende il casco e me lo passa.
''Mettilo!''
''E' un ordine?'' perchè il mio tono di voce sembra così civettuolo?
''Si e ti ordino anche di mettere questo sulle gambe quando ti siedi...'' mi passa il suo cappotto.
''No, fa freddo! Tienilo tu!''
''Non fa così freddo e poi posso resistere dieci minuti senza. Mentre tu non ne puoi fare a meno, ti si vedrebbe tutto...'' si passa una mano nei capelli mentre mi guarda dalla vita in giù. Divento di fuoco.

Quando salgo, dietro di lui, sul motorino faccio esattamente come mi ha detto. E mi viene da ridere quando, per due volte di seguito, si gira a controllore che l'ho messo in modo da coprire tutto.
''Mi dici dove andiamo?''gli dico all'orecchio, avvicinandomi di più.
Mi fa segno di no con la testa e lo vedo sorridere dallo specchietto.
Quando sto per ritrarmi, mi trattiene la mano che avevo, leggermente, appoggiato sul suo fianco destro. E capisco che vuole che io la lasci li, dov'è.

Scendo dal motorino, cercando di risistemarmi al meglio quel pezzo di stoffa che per Vale è un vestito. Passo il cappotto a Diego e vengo assalita dai dubbi.

''Aveva un senso il mio abbigliamento fino a quando eravamo ad architettura, ma ora non ne sono più tanto sicura, cioè guardaci!'' o meglio: guardami? Come diavolo sono conciata!
''Ahahah...tu pensi troppo lo sai? '' mi prende per mano e mi trascina letteralmente dietro di se, mentre i giocolieri nel mio stomaco iniziano a saltare al ritmo della tarantella, di nuovo.

Più camminiamo e più le parole mi si strozzano in gola. So dove siamo, qui è San Martino. Ci sono già stata, è stato due anni fa. La nonna aveva in mano questa cartolina e mentre mi teneva per mano mi sussurrava di chiudere gli occhi e far finta di essere qui. E lo feci e tutto fu molto meno doloroso, almeno fino a quando non riaprii gli occhi.
Non riesco a trattenere un enorme sorriso, ne ad evitare che i miei occhi diventino lucidi. Lascio la sua mano e mi appoggio al muretto senza riuscire a staccare lo sguardo dal panorama che ho di fronte. Un tripudio di colori, di luci e di vita.

Non so quanto tempo passi di preciso prima di scoprirlo, al mio fianco, intento a fissarmi e a sorridere.

''Perchè ridi?'' gli chiedo
''Non sto ridendo...''
''Ok, allora perchè sorridi?''
''Perchè mi piace come la guardi...come guardi la mia città.''
''Perchè come la guardo?''
''Come se non avessi mai visto niente di più bello!'' dice tutto d'un fiato, senza aver bisogno di pensare ad una risposta, come se la risposta fosse scritta a caratteri cubitali nei miei occhi.

''Forse è proprio così!'' ammetto voltandomi verso di lui, restando ipnotizzata dai suoi occhi fissi nei miei.

Vengo pervasa da un improvviso imbarazzo, sento le guance in fiamme e non posso far altro che abbassare lo sguardo, prima di prendere fuoco per davvero.
Poi lui fa qualcosa di inaspettato, porta una mano sotto al mio mento e mi costringe a guardarlo dritto negli occhi: ''Si, forse...è proprio così!" dice continuando a guardarmi.
Sono imbarazzata, lo stomaco si contrae e qualcosa nel mio respiro iniza a cambiare. Non so per quanto tempo restiamo così, occhi negli occhi, io ne suoi e lui ne miei. C'è qualcosa di magico in questo momento:
come se fosse una canzone d'amore d'altri tempi,
come se fosse la più bella di tutte le poesie.

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