Capitolo Quattro

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«Scherzetto!».

In un attimo il ghigno tornò sul volto di Jason. Allargò le braccia con noncuranza, senza nemmeno accennare a volersi sfilare la lama dal petto.
Sconvolta, mia madre restò immobile per una frazione di secondo, ma presa dall'esasperazione cominciò a pugnalarlo più volte, cercando disperatamente di forzargli un qualunque genere di reazione.
Si sentiva il rumore disgustoso della carne perforata dal coltello mentre la camicia si strappava, ma Jason continuava a stare perfettamente in piedi.

«Adesso basta».
Bommentò annoiato, e subito dopo colpì al volto mia madre facendola cadere violentemente al suolo. «Per me è un bel guaio, se me l'hai graffiato».

Fui subito al fianco di mia madre per aiutarla a mettersi in ginocchio, un lato del suo viso si stava già gonfiando.
I miei occhi scattarono sul giocattolaio, mi aspettavo un'immediata vendetta, ma rimasi pietrificata nello scorgere cosa stesse facendo.
Si era sbottonato la camicia e piantato le unghie in petto, non lontano dalle ferite inferte dal coltello. Fece affondare gli artigli nella carne fino ad arrivare alle punte delle dita e, sotto il mio sguardo sconvolto, lentamente iniziò a tirare dai lati opposti.
Apparve un piccolo squarcio al centro, che si allargò strappandosi come se la pelle fosse stata di plastica.
Sgorgò del liquido denso e nero che imbrattò il pavimento.
Non era sangue.
E se fosse stato quello, allora doveva essere marcio.
Qualcosa brillò all'interno della cassa toracica esposta.

«Probabilmente non ricordi quanto tengo al mio splendido carillon... ma per fortuna è tutto a posto».

Tolse le mani dal petto e coprì l'apertura con la camicia, nascondendo il carillon che cominciò a suonare dall'interno.
Poi si avvicinò.
Volevo gridare, volevo supplicare, ma l'orrore che avevo appena visto mi aveva lasciata troppo stordita per fare qualunque cosa che non fosse stringermi a mia madre.
Al giocattolaio bastò uno strattone per strapparmela dalle braccia.
La tirò su senza sforzo e le premette la schiena contro il proprio petto, per impedirle di divincolarsi.
Le strinse il braccio intorno al collo, mentre con l'altro le bloccò la mano che l'aveva trafitto.

«Ora ti mostro che cosa succede a chi mi ostacola, mamma».

Le piegò lentamente il braccio nel verso opposto. Lei urlò dal dolore, cercando di liberarsi, ma quel mostro era così forte che riuscì a piegarle l'arto a metà facendo fuoriuscire l'osso.
Mia madre gli affondava le unghie nella pelle nerastra, che si sfaldava producendo un odore nauseante, ma non riusciva a liberarsi dalla stretta che si faceva sempre più ferrea.

«Va bene, verrò con te!». Gridai con tutta la voce che avevo in corpo.

Jason alzò gli occhi e mi guardò serio.
Mia madre stava diventando sempre più pallida per il dolore e il sangue che perdeva.
Aveva bisogno di aiuto ed io non potevo fare niente, se non consegnarmi al giocattolaio.

«Puoi portarmi con te, a patto che lasci stare mia madre».
Dissi con voce tremante.

«Dopotutto siamo amici, giusto?».

Cercai di fare un sorriso convincente, nonostante tremassi da capo a piedi e avessi gli occhi pieni di lacrime, e dovetti trattenermi dall'urlare davanti al ghigno di Jason. Era palesemente soddisfatto e compiaciuto della sua vittoria.

«Ottima scelta, Maggie».

A quel punto, le sue braccia ripresero colore, le lacerazioni si cicatrizzarono in pochi secondi e lui ritornò al suo aspetto originale.
Il suo volto era di nuovo perfetto... ma ormai sapevo che cosa si celava dietro quegli occhi ambrati. Jason sembrò accettare la mia resa, ma prima di lasciare mia madre si cavò di tasca un topolino rosso.
Era evidentemente un giocattolo, di quelli con la chiave per la carica.
Afferrò mia madre per la mascella, costringendola ad aprire la bocca, e lo infilò all'interno della cavità.

«Che c'è mamma, il topo ti ha mangiato la lingua?». Rise divertito spingendola lontano da sé.

In una frazione di secondo vidi gli occhi sgranati e terrorizzati di mia madre.

Una luce. Poi l'esplosione.

Lei cadde in ginocchio con mascella, naso e occhi ridotti a una poltiglia.
Cadde al suolo.
Una macchia rossa che si allargava sotto il suo corpo.
Sangue e pezzi di carne mi erano schizzati addosso, ma io ero rimasta paralizzata dinanzi al cadavere di mia madre, mentre Jason non la smetteva di ridere.

«Pe-Perché l'hai fatto?»

L'ombra imponente del giocattolaio mi coprì e chinandosi in avanti avvicinò il suo viso, deturpato da una crepa sulla pelle provocata dalla mazza.

«Perché io non sono più tuo amico, piccola stronza. Ora sono il tuo creatore».
Mi afferrò il braccio con uno scatto e mi trascinò verso di sé.

«Adesso... Lascia che ti aggiusti».

Jason the Toy Maker [Ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora