Rosie Clef

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"Oh mia piccola Watson!"

L'esclamazione di Sherlock riempì la cucina mentre batteva le mani per mantenere il tempo. Un sorriso gli si aprì sulle labbra quando la piccola, di soli 6 anni, aveva appena concluso la melodia per ricominciarla d'accapo immediatamente, senza nemmeno fermarsi. Era testarda e perfezionista, esattamente come suo padre e forse anche per quello il detective sentiva d'amarla più di qualsiasi altra persona al mondo.

Era probabilmente la cinquantesima volta che provava 'Twinkle Twinkle Little Star' con il proprio violino tra le mani ed erano riusciti ad allenarsi sempre mentre John era a lavoro. Praticamente era il primo segreto in tanti anni tra lui e John e ciò non poteva che regalargli una piccola scarica d'adrenalina.

Rosie aveva chiesto a lui di darle lezioni di violino per fare una sorpresa a suo padre e secondo Sherlock era stata anche la scelta più logica viste tutte le volte in cui, quando era più piccola, lui aveva suonato per lei e per farla addormentare. Rosie sapeva benissimo quanto l'altro suo papà fosse bravo con il violino e per questo l'aveva scelto, ma oltre questo, Sherlock riconosceva a se stesso anche la felicità di essere stato designato per un compito così importante: aiutare una figlia a far sorridere il proprio papà.

Rosie non l'avrebbe mai chiesto a nessun altro se non a Sherlock e lui stava cominciando a bearsi di quella consapevolezza solo adesso.

"Quando arriva papà vai a prenderlo giù, salutalo con un bacio come sempre, così non sospetta niente e poi portalo qui e chiedigli di chiudere gli occhi prima di entrare!" Cominciò a spiegare lei con una vocina piccola e squillante, mentre con le mani gesticolava quanto più poteva nonostante il violino. Sherlock le sorrise e annuì prima di aiutarla a scendere, con un salto, giù dalla sedia. "Poi entra e io mi metto di nuovo sulla sedia e comincio a suonare. Vuoi accompagnarmi?" Chiese avviandosi nel salone e avvicinandosi al violino dell'uomo. Avevano suonato solo le prime volte insieme, poi Sherlock si era fatto tranquillamente da parte dopo averle insegnato le varie scale e accordi.

"Oh no, sarai bravissima anche da sola. Ma resterò accanto a te, va bene?" La piccola annuì e poi mise il suo strumento nella custodia, con le mani che già formicolavano per la voglia di suonare ancora.

Non vedeva l'ora che venissero le sette per far vedere a suo padre la sua performance.

"Secondo te sarà sorpreso?" Chiese mentre si arrampicava sulla poltrona rossa prima di girarsi e poggiare le mani sui grandi braccioli e le gambe lasciate penzoloni oltre il bordo. Sherlock prese posto sulla propria di pelle nera e rimase a guardarla, mentre con una mano sistemava la propria vestaglia beige.

"Sicuramente lo sarà! Tu pensi che ci abbia scoperti?" Domandò con una voce fintamente preoccupata. Lo sapeva troppo bene che John non si era accorto praticamente di nulla, non aveva nemmeno il minimo sospetto.

Rosie però parve pensarci un po', mentre arricciava naso e labbra.

Era così uguale a John che alle volte Sherlock si ritrovava a fissarla più del dovuto, con un enorme senso di protezione che gli montava nel petto. Era certo la figlia del suo compagno, ma da quando lei aveva cominciato a chiamare papà anche lui, la differenza non esisteva più. Era anche sua figlia.

Rosie aveva cominciato ad essere sua figlia quando si addormentò per la prima volta tra le sue braccia, dopo un pianto disperato tra quelle di John; aveva cominciato ad essere sua figlia quando aveva mosso i primi passi con lui e Sherlock si era ritrovato più felice del previsto a mandare un video a John che era a lavoro; aveva continuato a sentirla sua figlia quando stava male e la notte era lui a restare sveglio per lei o a suonare per farla addormentare. Era diventata sua figlia quando, durante un caso, pensò che fosse meglio chiamare la polizia per anticipare le mosse dell'assassino, piuttosto che lanciarsi per acciuffarlo da solo.

Rosie Clef || JohnlockDove le storie prendono vita. Scoprilo ora