2. Edward Pertinent

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Quanto è tardi! Sono le tre meno un quarto e devo ancora uscire dall'ufficio! Central Park non è lontano, ma, essendo lunedì, in giro ci deve essere molta gente che intasa le strade newyorkesi. In pochi secondi afferro la giacca ed esco dalla mia stanza, passo davanti alla segreteria.

"Anna, io torno verso le quattro." Dico prima di sparire dietro alle porte scorrevoli dell'ascensore.

Appena le porte si aprono mi precipito fuori facendomi largo tra la gente che cammina di qua e di là per la reception.
Da quando mio zio ha risolto quel caso è pieno di gente qui.
Mi avvio verso l'uscita, ma una mano afferra la mia spalla prima che io possa oltrepassare la soglia.

"Dove stai andando?" È Robert.

"A fare un giro a Central Park, scusa ma sono di fretta." Mi libero dalla presa e in un batter di ciglia sono all'esterno dell'edificio di vetro.

Cammino per la E 53rd street, che dovrò percorrere per un breve tratto e poi girare nella 5th Ave. A passo veloce attraverso la strada cercando di non farmi investire visto che il semaforo dei pedoni era rosso. Sento una voce dietro di me.

"Mariline!"

Ancora Robert? Ma che vuole?
Continuo a camminare facendo finta di non averlo sentito, udendo dietro di me i clacson delle auto e ancora la sua voce che invano mi chiama. Dopo essere passata davanti a diverse vetrine, però, qualcuno mi affianca.

"Vengo con te."

Lo guardo e per un attimo mi blocco. Perché non mi lascia in pace?
Lui sostiene il mio sguardo con espressione da questa volta non ti liberi di me.

"Qual è il tuo problema?" Chiedo schietta.

"Mio problema? Casomai qual è il tuo!"

"Lasciami-in-pace" scandisco bene le parole.

"No" risponde deciso.

Ha un desiderio di morte?

"Ti licenzio!" Lo minaccio.

"Non credo che tuo zio te lo lascerebbe fare..." Ribatte lui.

Ricomincio a camminare ignorandolo. Dopo qualche minuto arrivo a Central Park.
Mi siedo su una delle panchine di legno rosso rivolte verso la riva di The Pond e attendo. Robert mi guarda interrogativo piazzandosi davanti a me.

"Ti levi?" Lo guardo male

Lui resta fermo al suo posto.

"Senti, non ho tutto il giorno, devo incontrare una persona, quindi se te ne vai mi fai un favore..." Dico sbuffando.

Lui esita un attimo, poi si scosta e, senza guardarmi dice "se hai bisogno di me, sono sulla panchina dall'altra parte."

Lo guardo allontanarsi. È sempre stato iperprotettivo con me, anche se lo ritengo più un fratello che un padre. La sua andatura è calma, ma si vede benissimo che è teso. Continuo a guardarlo finché una figura non mi si piazza davanti ostacolandomi la visuale.

"Mariline Stuart?"

Guardo l'uomo che ha appena parlato e che, dalla voce, ho riconosciuto essere quello della telefonata. Mi alzo in piedi e gli porgo la mano che lui non ritarda a stringere, poi ci sediamo entrambi.

"Allora...mi dica tutto..."

"Bhe, ecco io...non so da dove iniziare..." È agitato, ma non sembra in imbarazzo.

"Parta dal suo nome" suggerisco.

"Sono Edward Pertinent, un impiegato della SOLAR interprise, laboratori che si occupano di nanotecnologia." Parte lui

Annoto mentalmente le due informazioni. Intanto che lo ascolto vedo che Robert si è seduto dall'altra parte del lago e che ci sta fissando con nonchalance

"Mi parli meglio del suo lavoro." Dico interessata.

Il posto lavorativo che una persona occupa è molto importante per il caso. Solitamente è fondamentale nella risoluzione di incognite, ma questo campo mi interessa anche personalmente.

"Oh...io...non faccio nulla di che, inserisco solo i dati del professor Woods nel databais..."

"Quindi prende ordini da questo professore?" Cerco di capire meglio.

"Sì, diciamo di sì..."

"Bene e...quanti anni è che lavora lì?"

"Quattro anni. Prima lavoravo per la stessa azienda a Londra."

"Mi spieghi meglio di cosa si occupa."

"Noi facciamo ricerca. L'altro mese abbiamo sviluppato un modo per rendere più agevoli i pc: siamo riusciti a rimpicciolire lo spazio della memory card e della batteria, mantenendo comunque la stessa Potenza..."

Per me sta parlando in arabo...da quello che ho capito, in questo modo, il computer dovrebbe essere più leggero, ma non sono sicura di aver compreso bene...

"E adesso? Di cosa vi state occupando?" Chiedo quando Edward ha terminato il diacorso.

"Adesso? ...È una settimana e mezza che proviamo a lavorare su di un particolare computer, ancora sperimentale, quindi non è presente sul mercato."

Va bene, ma tutta questa storia non ha senso...non ha ancora menzionato minimamente il suo problema!

"Siete stati...rapinati?" Chiedo titubante.

"No." Dice calmo.

"...vi hanno rubato delle informazioni o avete un problema con un'altra azienda...?" Provo io

"Nulla di tutto ciò" Risponde

Lo guardo interrogativa "allora qual è il problema?" La mia voce assume una nota di esasperazione.

"...forse è meglio parlarne in un luogo meno affollato." Sembra titubante e, mentre pronuncia queste parole, si guarda intorno come a cercare qualcuno.

"Va bene." Sbuffo. "Possiamo andare alla terrazza del Suneye building!" Dico dopo averci pensato su un po'.

Edward Pertinent si limita ad annuire per poi alzarsi dalla panchina. L'edificio non è lontano, ma, essendo nuovo, l'ascensore è in disuso, così siamo costretti a fare otto piani di scale. In realtà la costruzione sarà molto più alta una volta finita: prospettano una quarantina di piani, ma per ora si ferma a dieci. L'ottavo è l'ultimo accessibile ed è dotato di una grande terrazza. Arriviamo a destinazione. Non c'è anima viva, posto perfetto direi.

"Allora?" Lo sprono dopo qualche minuto di silenzio che ho utilizzato per riprendere fiato.

Lui si avvicina alla balaustra di ferro. Lo seguo con lo sguardo, poi lo raggiungo.
Continua a guardare il panorama, poi improvvisamente si gira e, guardandomi negli occhi, pronuncia le seguenti parole:

"Ho paura di essere stato assassinato."

Spazio autrice
Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare ma ho avuto qualche difficoltà con le strade di New York...
P.s. l'edificio Suneye l'ho completamente inventato.

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