Rain, kisses and misunderstandings

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Due settimane, era quello l'arco di tempo trascorso dal loro rientro a scuola.
Come avevano stabilito prima di lasciare casa Potter, Sirius e Remus avevano continuato a recitare la loro parte da finti-fidanzati; si erano preoccupati di tenersi saldamente per mano nei corridoi, di trascorrere la maggior parte del tempo da soli e di scomparire volutamente nello stesso istante in modo da attirare su di loro più attenzioni possibili. L'imbarazzo dei primi giorni era definitivamente scomparso, lasciando posto ad una sfrontatezza e ad un orgoglio quasi innaturale, in entrambi i ragazzi; da una parte, Sirius sapeva che più il suo comportamento andava "fuori dalle righe", più la sua famiglia lo estraniava e lo allontanava da quell'ambiente a lui così ostile, e dall'altra parte, Remus sapeva che aiutandolo sarebbe riuscito a fargli dimenticare, anche se per poco, quei pensieri che assillavano la mente del moro ogni sera prima di andare a letto.
Infatti, anche se faceva finta di non sentirlo, dal letto accanto il licantropo vedeva distintamente l'amico rotolarsi tra le coperte succube di un sonno perennemente agitato; che cosa sognasse però, Remus non lo sapeva.
Dopo il loro rientro ad Hogwarts, la madre di Sirius gli inviava ogni giorno una lettera; puntualmente Walburga Black riempiva il figlio di insulti, in una lista infinita di motivazioni per cui fosse una disgrazia ed una calamità per la propria famiglia e, addirittura, per l'intera razza di maghi Purosangue. I primi giorni il licantropo aveva tentato di nascondere le lettere all'amico, ma dopo un po' Sirius era riuscito a farsele recapitare personalmente nel dormitorio, in modo che potesse leggerle da solo al riparo da occhiate indiscrete.
In questo clima di turbamento e malumore, il tempo non sembrava presentare alcun miglioramento, le giornate erano sempre piovose, nonostante la neve cominciasse a sciogliersi, e nella maggior parte delle giornate grandi nuvoloni neri si stagliavano contro il cielo, impedendo ai raggi del sole di raggiungere terra. Quel pomeriggio i ragazzi, stretti nei loro mantelli e col corpo chino, si affrettavano a rientrare al castello alla fine delle lezioni; la pioggia si infrangeva sulle loro schiene, inzuppandogli gli abiti che si appiccicavano addosso in una maniera quasi innaturale.
"Sono totalmente fradicio! –si lamentò Peter, strizzando il bordo del proprio maglioncino da cui colò un rivolo d'acqua che si accumulò ai suoi piedi- Non è giusto che non abbiano spostato le lezioni di Erbologia in un'altra aula!" –concluse con un lamento, mentre strisciava i piedi lungo i corridoi.
"Questa volta, a malincuore, mi trovo d'accordo con te Wormtail. Guarda!" –esclamò James indicando le goccioline d'acqua che cadevano ininterrottamente dai suoi capelli, formando una piccola pozza ai suoi piedi.
I quattro malandrini, bagnati fradici dalla testa fino ai piedi, si fermarono davanti il ritratto della Signora Grassa; mancava un'ora alla cena così decisero all'unisono di tornare al dormitorio per asciugare le divise. Attraversarono dunque il passaggio ed entrarono nella Sala Comune, particolarmente affollata; tutti i Grifondoro, di ritorno dalle lezioni pomeridiane, si affollavano attorno al camino tentando di riscaldarsi.
Peter si congedò sin da subito, prenotando il bagno per sé prima degli altri, e James scomparve in mezzo ad un gruppo di ragazzine del secondo anno particolarmente euforiche andando alla ricerca della Evans; Sirius e Remus, ritrovatosi soli, si accomodarono ad un tavolino in uno degli angoli più isolati.
"Allora Sir, novità da parte della tua famiglia?" –sussurrò il licantropo facendosi più vicino in modo che solo l'amico potesse sentirlo; nonostante fossero entrambi nascosti da un'alta pila di libri, il giovane sentiva su di sé lo sguardo dei suoi compagni di casa, mentre il fragoroso vociare che vi era stato fino a quel momento si attenuava all'improvviso, riducendosi ad un lieve sussurro.
"Non ho notizie di mia madre dall'ultima volta in cui siamo andati insieme a casa sua –rispose in tono piatto l'altro, allungandosi leggermente e poggiando i piedi sul tavolino; a quel gesto, l'amico gli rivolse uno sguardo torvo, intimidendogli di scendere- In compenso, però, la scorsa mattina ho ricevuto una lettera dallo zio Alphard. Dice che le voci sulla nostra relazione si stiano ingigantendo e che i miei genitori siano su tutte le furie e vogliano addirittura dar fuoco alla mia stanza. Menomale che prima di partire ho lanciato qualche incantesimo di protezione." –e nel dire ciò Sirius alzò volutamente il tono della voce, attirando su di sé altri sguardi incuriositi.
"Hai intenzione di dirgli che si tratta solamente di uno scherzo?" –domandò il licantropo, abbassando ancor di più la voce, quasi in un sussurro; attorno ai due, infatti, si stava formando un pubblico di Grifondoro avidi di ascoltare i dettagli.
"Sai Moony, ci pensavo proprio stamattina. Dopo alcune accurate riflessioni sono giunto alla conclusione che potrei addirittura abituarmi a tutto questo." –rispose semplicemente il moro; poi, dopo aver gettato una rapida occhiata alla Sala Comune, si avvicinò pericolosamente, sporgendosi in avanti, e colmò la distanza poggiando le labbra su quelle di Remus in un lieve e castissimo bacio. Durò tutto solamente qualche secondo, ma in quel momento attorno ai due ragazzi tutto si annullò, e nella mente di entrambi era come se ci fossero solamente ed esclusivamente loro.


Passò qualche secondo prima che Remus si scansasse, sul viso un'espressione di puro sgomento. Quel gesto lasciò interdetto il moro, che rivolse uno sguardo preoccupato all'amico; quando si guardò attorno, vide che una ventina di occhi curiosi erano fissi su di loro.
"Che cos'era questo, Sirius?" –domandò il licantropo con un tono stranamente piatto, passandosi una mano sulle labbra.
"Un bacio, Rem. Cosa pensavi che fosse?" –rispose il moro semplicemente, tentando di interpretare la reazione del ragazzo difronte a lui.
"E a cosa sarebbe servito? Pensavi che gli altri avrebbero avuto altri pettegolezzi da mettere in giro? -il licantropo si alzò in piedi, la voce ora più alta di un'ottava e le mani strette attorno il bordo del tavolo- Pensavi che il casto bacio tra l'ingenuo Remus Lupin e il popolare Sirius Black sarebbe stato sulla bocca di tutti nel giro di qualche minuto? Pensavi che la povera Walburga avrebbe perso un battito sapendo che il suo adoratissimo figlio aveva baciato in pubblico il proprio fidanzato?" –sbraitò il castano, sporgendosi pericolosamente mentre una vena pulsante faceva capolino sulla tempia destra.
"No Rem, davvero, io" –tentò di parlare il moro, ma fu interrotto da uno sguardo truce da parte dell'altro che lo costrinse a zittirsi.
"Non sono la tua bambola Sirius, non sono il giocattolo che puoi buttare via quando ti pare. Anche io ho dei sentimenti, ma non ci hai pensato, vero? Perché tu non pensi ad altro se non a te stesso, con il tuo stupidissimo ego a far da padrone. Per te stesso esisti solamente tu, e non ti rendi conto di quanto le tue azioni feriscano le persone che ti stanno attorno. Mi dispiace Sirius, ma io non ci sto più." –rispose in tono neutro il licantropo, voltandogli le spalle e uscendo dalla Sala Comune sotto lo sguardo sconvolto dei suoi compagni di casa. Sirius rimase immobile, mentre nella sua mente rimaneva impresso lo sguardo carico di odio, risentimento e delusione che il castano gli aveva rivolto; e pensò che avrebbe preferito un pugno in pieno volto piuttosto che quello, di certo gli avrebbe fatto meno male.
Dopo qualche minuto, sentendo la nausea agganciargli lo stomaco e gli occhi riempirsi di lacrime, corse fuori alla ricerca del compagno; il rumore sordo dei suoi passi lungo il corridoio echeggiava in lontananza mentre correva senza sosta, nel tentativo di raggiungere Remus. Il cuore gli martellava nel petto, il respiro gli si mozzava in gola e le gambe chiedevano pietà per lo sforzo eccessivo, ma in quel momento non gli prestò particolare attenzione. Sentiva dentro la necessità di trovare l'amico, di dirgli che per lui quel bacio non era stato solamente un modo per dare agli altri qualcosa di cui parlare; voleva spiegarli che c'era un motivo per cui avrebbe preferito scegliere qualcun altro per quello scherzo, che il solo pensiero di stringergli la mano anche solo per un istante gli causava i capogiri.
Cercò in tutti i luoghi dove pensava che avrebbe potuto trovare il licantropo: la biblioteca, la torre di Astronomia, il bagno dei prefetti nel quale non sarebbe nemmeno dovuto entrare; controllò ovunque, ma di Remus non c'era traccia.
Alla fine, senza riuscire a darsi una risposta del perché si trovasse lì, Sirius raggiunse l'entrata della Foresta Proibita; si guardò attorno, le guance rigate dalle lacrime. Il suo istinto lo aveva portato nel luogo in cui, in quel preciso istante, si sarebbe sentito a casa.
Bastò solamente un attimo per comprendere ciò che la sua mente tanto contorta stesse cercando di dirgli; poi, riparatosi da occhiate indiscrete dietro un pino dal tronco particolarmente spesso, si spogliò restando in biancheria intima.
Passò qualche secondo di innaturale quiete, poi la pelle del ragazzo, candida come la neve, si tramutò in un ispido pelo color notte.

Matters of different point of viewWhere stories live. Discover now