Ashes to Ashes [Larry Stylinson]

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Ashes to Ashes

-Ceneri e neve-

A Lolli anche se non la leggerà mai.

A Christian perché voleva leggerla. (Ciao pandacorno)

E, ultima ma non ultima, a Grazia perché si merita tutto, come Haz. 

(Anche a Francesco perché tanto Louis tops.)

All the pretty people died

Innocence is out of style

Fallen, Thirty Seconds toMars

Si conobbero in una mattina d’inverno, quando la cenere si mescolava alla neve e il cielo era sempre bianco. Era una giornata che non aveva nulla da offrire, a nessuno dei due, quel dannato primo febbraio del 1944. Era una giornata che sarebbe potuta anche non esistere, la storia non ne avrebbe mai risentito, il mondo non si sarebbe fermato se Harry Styles e Louis Tomlinson non si fossero ritrovati nella stessa stanza, a nascondersi dalla morte.

Si conobbero nel loro stato peggiore, ridotti ad animali disperati, mentre scappavano dalla natura im4pazzita. Si guardarono a lungo negli occhi, uno con la schiena schiacciata contro alla parete e l’altro in ginocchio sul pavimento, col naso che sanguinava ed un taglio sulla guancia. Si conobbero che il loro respiro era eccessivamente affannato e caldo, e si condensava nell’aria.

Rimasero lì a scrutarsi in silenzio, assorbendo ogni tratto dei loro visi.

Le labbra rosse e carnose di Harry, gli zigomi alti di Louis, gli occhi verdi come un prato primaverile del riccio, quelli azzurri e freddi come il mare del castano.

Quando Louis mosse due passi verso quello ferito, Harry si raggomitolò su se stesso cercando di nascondere le braccia. 

Je ne suis pass l’ennemi.” sussurrò il più grande chinandosi piano verso il ragazzo, che aveva preso a singhiozzare come un matto. 

(Non sono il nemico) 

Allez-vous, allez-vous!” urlò all’improvviso, infilandosi le dita tra i capelli, le guance estremamente rosse, l’accento inglese impossibile da mascherare.

(Vattene)

“Inglese? Sei inglese? E’ da tanto tempo che non parlo con un inglese.” 

Ed il riccio non rispose, cominciò a piangere ancora più forte di prima, premendo i palmi delle mani sulle sue tempie, tentando di costringere i pensieri nella sua mente.

Che poi era iniziato tutto così, quando una macchia gialla aveva attirato attirato l’attenzione di Louis Tomlinson, che all’epoca aveva soltanto ventun anni. 

Ebreo. Quella parola gli aveva attraversato la mente in un lampo, era rimasta lì a galleggiare in mezzo ad altre mille. E poi più niente, soltanto l’eco dei singhiozzi del più piccolo. Ed in quel momento Louis avrebbe voluto potersi concentrare su qualsiasi altra cosa tranne che quel ragazzo, quel posto, quel momento e quella giornata. Quella in cui aveva la camicia macchiata di sangue ed il petto gli andava in fiamme, in cui si era rifugiato in una cantina per nascondersi dai tedeschi. Ma non l’avrebbe mai potuto fare, nemmeno uccidendosi, le immagini confuse provenienti dal ricordo sbiadito del primo febbraio 1944 non sarebbero mai state oscurate da nient’altro, nemmeno dalla morte. 

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