Ain't nobody hurt you like I hurt you

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(But ain't nobody need you like I do)


"Perché è in camera tua?"

La voce di John camminò con lui per il corridoio della casa in cerca del biberon della piccola Rosie che ora si dimenava non troppo tranquilla tra le braccia di Sherlock nel salotto. John trascinò sul pavimento le pantofole che portava ai piedi e andò dritto in camera da letto, aprendo attentamente la porta come per non fare nessun rumore; come se dentro ci fosse il suo coinquilino a dormire e non volesse farsi scoprire.

Era sempre qualcosa di eccezionale entrare in quella stanza poiché rappresentava lo spazio più personale che Sherlock avesse in quell'appartamento e, da quando John si era trasferito di nuovo, lì era diventato un luogo sempre più accessibile. Se c'era qualcosa che gli serviva, mandava tranquillamente John a prenderla o, come ora, addirittura gli oggetti di Rosie erano sparsi per la sua stanza. Oggi è il biberon, due giorni fa era la sua copertina e qualche giorno prima i pannolini appena comprati. Quella stanza stava diventando sempre più parte della casa e meno spazio isolato (o era Sherlock che aveva semplicemente accolto sua figlia e lui ancora più profondamente?).

"Qui non c'è nie-"

"Vedi nel primo cassetto del comodino!" Esclamò Sherlock dall'altra stanza, interrompendo il sussurro frustrato del dottore mentre si guardava intorno. Non l'aveva nemmeno detto così ad alta voce da essere sentito da lui nella camera da letto, ma forse il detective aveva velocemente calcolato che il tempo impiegato per ritornare era troppo: chiaramente non aveva ancora trovato niente.

Quando arrivò il chiarimento, immediatamente John fece il giro del letto e si avvicinò al comodino, aprì il cassetto e la bottiglina, con tanto di tappo protettivo, rotolò fino a battere contro il legno, accompagnata da un foglio piegato almeno quattro volte su se stesso.

A John si bloccò il respiro per un attimo. Quello era il suo biglietto o sbagliava?

Allungò velocemente la mano e con la sinistra prese il biberon, mentre con la destra il foglio, cominciando ad aprirlo e... sì, era il suo.

"Non cercarci più e non farti più vedere.

Non abbiamo bisogno di te e ho intenzione di andare avanti.

Addio."

Era veramente stato così vigliacco? Erano passati ormai quasi sei mesi da quel biglietto e almeno un milione di scuse per come lo aveva trattato e per come lo aveva ridotto in quell'ospedale a furia di colpirlo.

John chiuse gli occhi. Era ancora difficile scendere a patto con ciò che aveva fatto quella sera, non ne andava fiero per niente e se fosse tornato indietro avrebbe cambiato moltissime cose. Sospirò cercando di tranquillizzarsi mentre il suo cuore aveva cominciato a battere velocissimo al solo ricordo di quei momenti.

Si era perso come poche volte nella vita, ma per fortuna poteva dire di essersi ritrovato; aveva ritrovato la strada di casa e ora era di nuovo al 221b di Baker Street con sua figlia e con quello che aveva scelto come suo compagno di vita, ancora insicuro sull'etichetta esatta da usare per il loro rapporto (anche se ormai si era arreso all'idea che, probabilmente, per lui e Sherlock un'etichetta non esisteva e basta). Tornare a casa era stato un toccasana, John finalmente non sentiva più di dover portare un peso enorme sulle spalle, non si sentiva più solo e soprattutto si sentiva un uomo rinato. Era andato avanti dopo il proprio tradimento a Mary con la promessa di diventare un uomo migliore, quello che avrebbe voluto essere.

Si stava impegnando per esserlo, ogni giorno.

Per Rosie.

Per Sherlock.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 21, 2017 ⏰

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