34. Cappuccetto Rosso e il lupo cattivo

907 77 20
                                    

«Potevi entrare alla seconda ora. Ormai mancano quindici minuti» mi fece notare il professore quando entrai nell'aula.
Feci un sorrisetto colpevole ed arretrai «Ok, come non detto, entro alla seconda ora».
«Ma no!» mi fermò il professore ridendo «Quale seconda ora? Entra e siediti, muoviti».
Alzai le spalle e mi diressi verso l'unico posto libero vicino all'ultima persona con la quale avrei voluto parlare: Andrea.
«Ah, aspetta...» mi fermò il professore «Hai la giustifica per il ritardo?».
Mi voltai a guardarlo e scossi la testa «No, mi scusi. Gliela porto domani».
L'uomo scosse la testa «Ah, voi adolescenti» mormorò «Sempre con la testa fra le nuvole. Ok, va bene, purché te la ricordi».
Mi sedetti vicino ad Andrea e finsi di seguire la lezione, ma in realtà stavo pregando che non mi chiedesse nulla riguardo a ciò che era successo con Bella il giorno prima.
«Ehi, tutto bene?» bisbigliò rivolgendosi a me.
Gli lanciai un'occhiata fugace e poi tornai a guardare la lavagna.
«Chiara? Tutto ok?» mi chiese di nuovo.
Annuì senza guardarlo.
«Perché sei arrivata così in ritardo?».
«Colpa di Emmett» risposi «Ci ha messo tre secoli per svegliarsi e vestirsi».
In realtà, avevo chiesto io ad Emmett di portarmi a scuola il più tardi possibile, non volevo parlare con Andrea di Bella.
«Potevo portarti io».
«Ma no, non è importante. Domani farò svegliare Emmett all'alba, almeno sarà pronto in tempo».
Andrea sorrise divertito «Guarda che posso davvero portarti io. Sto bene».
Si riferiva sicuramente a quello che era accaduto il giorno prima.
«No, Andre, davvero. Chi scherza col fuoco prima o poi si brucia; e non voglio vederti soffrire».
«Starò lontano da casa tua, mi raggiungerai in strada, dopo il viale d'accesso».
«Non serve che tu mi accompagni né a scuola né a casa. Ho tre fratelli, due sorelle, un padre e una madre; non rimarrò a piedi, qualcuno potrà portarmi a scuola e a casa» tagliai corto.
Andrea sospirò «Come vuoi... però...» iniziò a dire ma fu interrotto dal suono della campanella.
Benedissi mentalmente il cambio dell'ora e scattai fuori dall'aula.
Mi diressi verso la lezione di storia nel modo più lento possibile. Per evitare che Andrea mi raggiungesse, iniziai a vagare a caso per i corridoi e arrivai con mezz'ora di ritardo in classe.
La professoressa mi guardò a metà tra lo stupore e la rabbia. «In ritardo? Wow... a cosa è dovuto?».
«Ehm... beh...» non sapevo cosa inventarmi. Alzai le spalle, colpevole e risposi: «Mi scusi, non si ripeterà più...».
«Va' a posto» rispose la donna «Ragazzi, silenzio!» urlò per richiamare la classe che aveva utilizzato il mio intervento come scusa per fare una pausa.
Mi sedetti vicino ad Andrea. Anche questa volta l'unico posto libero era vicino a lui.
«Anche questa volta Emmett si è svegliato tardi?» mi chiese.
Alzai gli occhi al cielo «Non rompere» gli risposi seccamente e cercai di ascoltare seriamente la lezione.
Fortunatamente Andrea adorava la storia e tutto ciò che la riguardasse, quindi ascoltò interessato e mi lasciò in pace.
Fortunatamente passammo l'intervallo con Brian ed Alexis, quindi Andrea non si azzardò a chiedermi spiegazioni riguardo al giorno prima.
Utilizzando la scusa di dover andare in bagno, riuscì a scollarmi Andrea di dosso. Rimasi in quel posto per circa venti minuti, così da riuscire ad arrivare alla lezione di inglese nuovamente in ritardo.
«Scusi, prof. Non... non trovavo l'aula» azzardai quando la professoressa mi chiese il perché del mio ritardo.
«Vuoi fare la spiritosa?» mi chiese acidamente. Mi ero dimenticata della sua serietà.
«No, certo che no. È la verità».
«SILENZIO!» urlò per far stare zitti i miei compagni di classe. «Bene, adesso tu siediti, in fretta, e riprendiamo a parlare di Shakespeare».
Fortunatamente mancavano delle persone a questa lezione, quindi potei mettermi in un banco vuoto, da sola e lontana da Andrea.
Appena suonò la campanella scattai verso la palestra e passai tutta l'ora con Alexis, evitando che Andrea mi parlasse.
Grazie a Brian ed Alexis, Andrea non poté parlarmi di ciò che era successo con Bella neanche durante l'ora di mensa.
Durante matematica riuscì a non parlare ad Andrea perché eravamo impegnati in una verifica non troppo difficile.
Sfortunatamente, durante arte fummo di nuovo costretti a stare vicini.
«Ora non puoi più scapparmi» mi bisbigliò «Spiegami perché mi stai evitando da tutto il giorno».
«Non ti sto evitando».
«Ah, no? Allora mi stai ignorando?».
«No».
«Perché ti comporti in modo così strano?».
«Non mi sto comportando in modo strano».
«No, certo che no... mi ignori da tutto il giorno».
«Ti sto evitando, non ti sto ignorando!» sbottai, attirando l'attenzione di tutti.
«Visto? Lo hai ammesso».
«Andrea, vieni qui e lascia stare Chiara» disse il professore indicando la cattedra. Quell'uomo mi adorava perché disegnavo benissimo, non avrebbe mai dato la colpa a me per nulla; e questo mi infastidiva abbastanza, odiavo essere la cocca dei prof.
Andrea si alzò e si diresse verso la cattedra. Però, prima di allontanarsi da me mi sussurrò: «Comunque non voglio parlare di Bella».
Alla fine dell'ora Andrea uscì insieme a me e ci dirigemmo insieme verso il parcheggio. Camminammo nel più assoluto silenzio per circa due minuti, poi il ragazzo iniziò a parlare.
«Vuoi un passaggio a casa?» chiese.
«No, grazie».
«Dai, ho la moto».
«No, dovrebbe esserci Emmett».
«Ok... domani ti vengo a prendere?».
«No, c'è Emmett o comunque qualcuno».
«Va bene... sicura di non volere un passaggio a casa?».
«No. E comunque sta piovendo».
«Come sta piovendo? Stamattina c'era il so...» Andrea si fermò, notando la pioggia che scendeva copiosa.
«Siamo a Forks, dovresti sapere meglio di me che il tempo cambia in pochissimo tempo».
Andrea sbuffò irritato «Che cavolo... non ci voleva... ora dovrò pure bagnarmi».
«A domani» gli dissi allontanandomi.
«A domani...» bofonchiò.
Avrei voluto offrirgli un passaggio, ma non volevo far ritrovare Emmett ed Andrea nello stesso luogo. Sapevo quanto potesse essere stupido Emmett e volevo evitare che rivelasse qualcosa.
«Ciao, Emm» lo salutai quando raggiunsi la macchina.
Era appoggiato al fianco della Jeep e si riparava dalla pioggia con un ombrello blu elettrico.
«Ciao» mi rispose e salimmo in macchina.
Emmett mise in moto l'auto e si diresse verso l'uscita del parcheggio. Quasi subito, però, la Jeep si fermò di fianco ad Andrea e alla sua moto.
Il vampiro abbassò il finestrino e si mise a parlare con l'umano.
«Ehi, vuoi un passaggio?».
«No... Emm...» mormorai, ma ovviamente lui non mi ascoltò.
«Sì, volentieri. Ma come faccio con questa?» chiese Andrea indicando la moto rossa.
«La carichiamo sulla Jeep! C'è un sacco di spazio!» rispose Emmett e saltò giù dall'auto.
Dopo circa cinque minuti, ritornò al posto del guidatore ed Andrea si sedette di fianco a me, nei sedili posteriori.
Rimasi zitta a guardare fuori dal finestrino per tutto il tempo, nel mentre che mio fratello e il mio ragazzo parlavano allegramente. Ad Andrea non sembrava dare fastidio essere vicino ad un vampiro; di solito, gli umani avvertivano qualcosa di strano nei Cullen e cercavano di stargli alla larga.
Fortunatamente, raggiungemmo in fretta la casa del ragazzo.
Emmett saltò di nuovo giù dalla Jeep per poter scaricare la moto di Andrea. Il ragazzo, invece, rimase ancora un attimo con me.
Mi si avvicinò lentamente e mi spostò una ciocca di capelli, posizionandomela gentilmente dietro l'orecchio.
«Anche se non so perché fai così e credo che non ti interessi saperlo, ti amo. Ricordatelo» mi sussurrò. Poi mi diede un veloce bacio sulla guancia e scese dall'auto.
Mi voltai a guardarlo nel mentre che scendeva e non potei trattenere un sorriso di pura felicità. Lo adoravo, non potevo negarlo. Solo... perché doveva essere così complicato? Perché io non potevo essere una semplice umana? Cosa avevo fatto di sbagliato?

In meno di dieci minuti Emmett rientrò nella macchina e rimise in moto. Direzione: casa.
«Che cosa ti ha fatto?» mi chiese dopo pochissimi istanti di silenzio.
«Chi?» chiesi fingendomi confusa.
«Andrea. Chi altri, sennò?».
«Nulla».
«Perché lo tratti così, allora?».
«Così come?».
«Sembra che lo odi. Sei fredda e impassibile... cosa ti ha fatto?».
«Nulla, non mi ha fatto nulla».
«E allora perché lo tratti così?».
«Perché sì! Sono fatti miei, non rompere!» risposi ringhiando. «Che palle, non riesco neanche più a controllarmi!» imprecai con un tono di voce lievemente più basso.
«Sai, non dovresti trattarlo così» commentò Emmett dopo qualche secondo di silenzio. «Andrea è un ragazzo d'oro. Ci ho parlato poco, è vero, ma mi è bastato per capire che tiene davvero tanto a te. Tu spesso lo tratti male e lo tieni all'oscuro di tutto, certo lo fai per proteggerlo, però lui non si lascia abbattere ed è sempre lì da te. Farebbe di tutto per te, anche uccidersi, e tu, invece, lo allontani sempre di più».
«E allora? Perché me lo dici? Lo so già che lo tratto malissimo».
«Perché voglio farti notare che anche le belle persone pazienti come lui prima o poi si stancano. Se continui così, prima o poi lo perderai.
Non dico di metterlo al corrente di tutto, certo che no. Però, non trattarlo in questo pessimo modo. Da quanto ho capito parlandoci, non vuole sapere nulla riguardo a Bella, vuole solo stare con te. Cerca di essere un po' più... attenta nei suoi confronti. Non dirgli nulla, ma evita di arrabbiarti se ti fa qualche domanda. È ovvio che sia incuriosito dalle strane faccende...».
Sbuffai irritata, però sapevo che aveva ragione.
La Jeep si fermò nel giardino della casa.
«Beh, io e gli altri andiamo a caccia. Vuoi venire?».
«No, Emm, grazie» risposi e scesi dall'auto.
Posai lo zaino nel portico e poi mi diressi verso il bosco, volevo fare una passeggiata per schiarirmi le idee, non potevo continuare ad evitare Andrea in questo modo, era fisicamente impossibile.

Camminai per una buona mezz'ora.
Il rumore della pioggia era rilassante e fortunatamente gli alberi erano abbastanza fitti da far sì che non mi bagnassi.
Continuavo a chiedermi cosa ci fosse di sbagliato, perché proprio io dovessi essere un mostro e non chiunque altro. Perché io dovevo stare con un ragazzo fantastico come Andrea rischiando ogni millisecondo di fargli del male?
Perché proprio noi due dovevamo piacerci? Non poteva innamorarsi di una qualsiasi altra umana? Un'inutile e mortale umana ma che, almeno, non avrebbe potuto ucciderlo solamente sfiorandolo e che, soprattutto, non rischiasse di trasformarsi in un lupo perdendo il controllo.
Ecco, noi due eravamo come Cappuccetto Rosso e il lupo cattivo. L'innocenza e la malvagità. E che fine facevano Cappuccetto e il lupo? La bambina rischiava la vita e veniva salvata dal cacciatore che uccideva il lupo oppure, nella prima versione, il lupo uccideva sia lei che la nonna. Ecco, io ero pericolosa quanto quell'animale che terrorizzava i bambini piccoli, non meritavo di stare con Andrea, potevo solo fargli del male.

Alla fine, pensando e ripensando, tornai a casa.
Entrai dentro e mi sedetti di fronte al pianoforte di Edward, aspettando che il tempo passasse.
La casa era vuota. Probabilmente tutti erano a caccia e Renesmee era con i genitori nella loro casetta oppure con Jacob. Non lo sapevo e non mi interessava.
Iniziavo ad annoiarmi. Presi a schiacciare a caso le note del piano, cercando di ricordarmi qualche brano che avevo imparato da piccola all'orfanotrofio. Ero tentata di salire nella camera di Edward e cercare qualche suo spartito, perché sicuramente ne aveva almeno uno, ma non volevo frugare fra le sue cose.

«Non sapevo che sapessi suonare il pianoforte» mi interruppe una voce dopo circa sette minuti.
Mi voltai verso la colui che aveva parlato. Cosa ci faceva qui? Ma, soprattutto, come aveva osato interrompere il mio "Inno alla gioia" che mi stava venendo decentemente anche se improvvisavo la maggior parte delle note perché non me le ricordavo?

I Cullen e i Quileutes 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora