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Sono passate due settimane da quando io ed Emily abbiamo pranzato assieme, passando il pomeriggio a passeggiare in un parco poco distante da casa mia. Da allora, però, non è più venuta a scuola, e se prima non mi importava un granchè, ora comincio sul serio a preoccuparmi.
L'ultima volta che ci siamo visti mi sono offerto di riaccompagnarla a casa, e ciò che ha fatto mi ha lasciato la testa colma di pensieri; nel momento in cui ha dovuto darmi il suo indirizzo ha mentito, facendosi lasciare davanti ad un enorme villa. Ero abbastanza sicuro che non si trattasse di casa sua, dubbio confermato dalla padrona di casa; qualche giorno fa, infatti, mi sono recato sul posto, e la donna che mi ha aperto la porta ha detto di non avere idea di chi fosse Emily Ray.
Questa mattina ho sperato sino all'ultimo di vederla arrivare in classe, ma dopo la terza ora ho perso le speranze, continuando a domandarmi cosa potrebbe esserle successo.
<<Signor White>> dice il professore quando l'ultima campanella suona.
Lo guardo, alzandomi e mettendomi lo zaino in spalla. <<Si?>>.
<<Tutti ci chiedevamo che fine avesse fatto la signorina Ray>> dice. <<É da un po' che non viene a scuola>>.
Faccio spallucce. <<Non lo so>>.
<<Com'è possibile che non lo sappia?>>.
<<Per il semplice motivo che io e la signorina Ray non siamo niente di più e niente di meno che semplici compagni di classe>>.
Il professore arretra di qualche passo. fissandomi torvo, dopodichè torna a sedersi alla cattedra.
Proprio mentre sto per uscire dall'aula - ormai vuota dopo la fine delle lezioni - sulla soglia appare Emily, con il fiatone.
<<Signorina Ray. Stavo proprio chiedendo al signor White che fine avesse fatto>> dice il professore.
Emily entra in classe, lanciandomi una rapida occhiata ma senza salutarmi, dirigendosi direttamente verso la cattedra.
Indossa un maglione a maniche lunghe, dei pantaloni di due taglie più grandi e degli enormi occhiali da sole neri. <<Posso parlarle?>>.
Il professore le fa cenno di accomodarsi, guardando poi me e dicendomi : <<Signor White, le chiederei gentilmente di uscire>>.
Serro la mascella, uscendo dall'aula e chiudendomi la porta alle spalle.
In un primo momento penso di andare via, ma poi decido di aspettare che Emily esca, così da parlarle e capire cosa le è successo.
Resto seduto su una scrivania sistemata nel corridoio, a qualche metro distanza dalla porta dalla quale Emily esce dopo una ventina di minuti.
<<Che fine hai fatto?>> domando seccato, andandole incontro.
Sospira, portandosi subito una mano al petto, mentre sul suo volto compare un espressione dolorante. <<Nessuna fine. Ho avuto da fare>>.
<<Per due settimane?>> insisto.
Annuisce.
No, c'è qualcosa che non mi quadra affatto. <<Guardami>>.
Esita per un momento poi, non appena tira su il capo, le sfilo velocemente gli occhiali, allontanandoli dalla sua portata; il suo occhio sinistro è praticamente pesto, il sopracciglio tagliato, la palpebra viola e gonfia. Ma la cosa che più mi fa venire i brividi è il bianco del bulbo oculare, ora sostituito dal rosso vivo del sangue.
<<Hai avuto da fare, eh?>> domando, sentendo la familiare sensazione di rabbia montarmi dentro.
Annuisce e si porta una mano alla testa. <<Diciamo che ci sono stati... vari problemi>>.
Mi metto lo zaino in spalla e le afferro la mano. <<Vieni con me>>.
Mi segue fuori dall'istituto senza opporre resistenza e mi guarda confusa quando arriviamo nel parcheggio.
<<Emily...>> sussurro.
Mi guarda e una lacrima le scivola sul viso; la goccia rossa che scende dal suo occhio sinistro mi fa trasalire.
<<Dimmi>> dice con voce rotta.
Tento di fare appello a tutto il mio autocontrollo per evitare di mostrarle tutta la rabbia che provo nel vederla ridotta così. <<Chi ti ha fatto questo?>>.
Resta in silenzio per un lungo istante, poi abbassa lo sguardo, visibilmente in imbarazzo. <<Come so che posso fidarmi?>>.
<<Rischia... la vita è questa. Vuoi sapere se puoi fidarti? Devi soltanto provarci>> le dico, stupendo addirittura me stesso nel sentire queste parole uscire dalla mia bocca.
Esita, ma poi torna a guardarmi, dicendo : <<Mio padre>>.
<<Tuo padre ti ha fatto questo?>> sbotto.
La preside mi ha accennato qualcosa riguardo la famiglia di Emily, ma non pensavo che la situazione fosse ulteriormente grave. Non così, almeno.
Annuisce debolmente. <<Si>>
<<Cazzo>> esclamo serrando i pugni e voltandomi, dando le spalle ad Emily.
Comincio a respirare affannosamente, nervoso; se c'è una cosa che non tollero è che un uomo - se così si può definire una persona che arriva a tanto - che mette le mani addosso ad una donna.
Emily mi afferra la mano e la stringe forte. <<Calmati, ti prego>>.
La guardo, notando che la sua espressione, assieme al tono di voce, è di supplica.
Non ribatto, limitandomi a scortarla sino alla mia macchina. <<Andiamo a casa mia>>
Durante il tragitto restiamo entrambi in silenzio e non posso far altro che sfogare la mia rabbia stringendo il volante e prendendomela con pedoni e semafori a parer mio troppo lenti nel passare dal rosso al verde.
<<I tuoi sono in casa?>> domanda Emily non appena arriviamo.
Scuoto il capo, scendendo dall'auto e aggirandola per aprire la portiera di Emily. <<Sono a lavoro>>.
Entriamo in casa e getto lo zaino in un angolo del salotto, traendo un respiro profondo nel tentativo di calmarmi. <<Dimmi cosa è successo>>.
Sospira e si siede sul divano. <<Papà mi ha picchiata... che altro devo dirti?>>.
<<Perché>> sussurro, fermandomi accanto al divano e guardando Emily dritto negli occhi.
<<Ha bevuto un po' troppo...>> dice, come se questo giustificasse il suo gesto.
Mi porto una mano sul viso, stringendomi tra le sopracciglia con pollice e indice. <<Ti ha fatto dell'altro?>>.
Annuisce e si tira su, sfilandosi lentamente il maglione, cosa che in un primo momento mi fa avvertire uno strano senso di imbarazzo; indossa soltanto un reggiseno nero, ma in questo momento ad attirare la mia attenzione sono i lividi che ha sul collo, sul petto, sull'addome e sulle spalle.
<<Non posso starmene quì a vedere cosa ti ha fatto quel...>> comincio, zittendomi e sentendo nuovamente la rabbia farmi visita.
Emily mi afferra il braccio. <<Smettila>> dice tranquillamente.
Non sono tenuto a fare niente per questa ragazza ma dentro mi ribolle una rabbia incontrollabile.
Emily abbassa lo sguardo e sospira, senza però dire una sola parola.
<<Vieni con me>> dico, afferrandole la mano e scortandola al piano di sopra, in bagno.
Si siede sul bordo della vasca mentre io rovisto nel kit del pronto soccorso in cerca di qualcosa che possa alleviarle i dolori.
<<Sei... carino, a preoccuparti così per me>> dice con un filo di voce.
Accenno un sorriso ma, dal momento che le do le spalle, non può vedermi. <<Non credo che carino sia l'aggettivo più adatto per descrivermi>>.
<<Si, invece>> insiste.
Non rispondo e continuo a cercare nel kit. Trovo una pomata per i lividi, un antidolorifico, acqua ossigenata e cerotti.
<<Spalmala sui lividi>> dico porgendole la pomata.
La afferra, osservandola con sospetto. <<Come faccio a metterla nei lividi che ho nella schiena?>>.
<<Ti aiuterò io>> dico, passandomi una mano fra i capelli.
Emily arrossisce e comincia a spalmare la crema sui lividi da lei raggiungibili.
Quando termina mi porge la crema e si volta; devo ammettere che mi sento piuttosto a disagio quando comincio a spalmare la pomata sul corpo di Emily. La sua pelle profuma di buono, più precisamente credo sia vaniglia, ma tento in tutti i modi di non pensarci.
<<Aspetta>> dico quando termino con la crema.
Sistemo un cerotto sul taglio al sopracciglio, guardandola dritto negli occhi.
Improvvisamente lei si sporge piano verso di me ed io, senza neanche rendermene conto, faccio lo stesso, finchè i nostro volti non sono tanto vicini da permettermi di sentire il suo respiro sulle mie labbra.
<<Chris...>> sussurra.
Ho avuto tante donne, ma non bacio una ragazza con vero desiderio da molto tempo.
Senza pensarci ulteriormente mi sporgo in avanti e le mie labbra incontrano le sue, così morbide.
Lei indietreggia e va a sbattere delicatamente contro la parete, passandomi una mano fra i capelli e accarezzandomi la schiena con l'altra.

My Everything #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora