CAPITOLO 30

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Ci salutiamo dandoci appuntamento tra qualche giorno a seguire.

E ora che faccio?

Esco dal bar senza una meta precisa e comincio a camminare.

Non ho paura di perdermi.

A dire la verità, adesso come adesso, non ho più paura di nulla.

Non provo più alcuna emozione.

Né rabbia, né tristezza e tantomeno dispiacere.

Non so se preoccuparmi per questa cosa, o ritenerla normale, dopo tutto quello che mi è capitato.

Non ho più nulla da perdere: decido di tornare velocemente a casa per prendere la collana di Aiden.

Voglio provare anche io a rivedere mia madre.

Quando sono davanti a casa corro di sopra, prendo la collana e, senza ripensarci, esco di nuovo.

Decido di andare allo stesso parco nel quale mi fece vedere per la prima e, forse ultima, mia madre.

Mi siedo su quella panchina. Quell'ammasso di legno che mi trasmette così tanto, pur essendo così rovinata e logora.

Ho la collana al collo, la giro e la rigiro tra le mani pensando a quale stupida cazzata io stia facendo.

" 'Fanculo sono tutte cazzate!", Urlo per poi strapparmela dal collo e lanciarla nel prato.

Mi inginocchio, sfinita, portando le mani sugli occhi.
Sto singhiozzando come una bambina.

"Perché a me cazzo, perché?"

Comincio a piangere. Gradualmente, come la pioggia.

Prima pioviggina poi grandine.

Prima poche lacrime poi i singhiozzi.

Per tutto questo tempo ho mentito. Ho mentito a tutti.

Io non sono felice di quello che vivo.

Non sono felice con questi vestiti e con questo atteggiamento! Io voglio essere libera, non voglio dare retta a nessuno.

Voglio che tutti mi lascino in pace.

Rivoglio solo mia madre, voglio mia madre.

La voglio adesso, in questo preciso istante, per accogliermi nelle sue braccia e dirmi che va tutto bene.

Ma non succederà. Non succederà perché non va tutto bene.

Va tutto di merda.

"Ci sono io qui."

Una voce angelica e orecchiabile mi sussurra all'orecchio.

Un freddo gelido accarezza la mia spalla.

"Mamma?", So che è la sua voce, ma voglio sentirmelo dire da lei.

"Sì amore, sono la tua mamma."

"Oh mamma.", Mi alzo in men che non si dica e le corro letteralmente in braccio.

"Non sei più la bimba leggera che tenevo in braccio pochi anni fa."

Non riesco a credere che sia tutto vero; non riesco a credere che davvero, io, la stia abbracciando.

"Mamma, ho da chiederti così tante cose.
Com'è morire? Dove sei tu adesso? Ti trattano bene?"

"Amore, io sono nel posto più felice che avrei mai potuto desiderare: sono in ognuno dei vostri cuori."

Mi sorride. È diventata ancora più bella di quella che già era prima.

"Vai da quel ragazzo. Ti ama davvero, Meggy."

"Ma se mi ha tradito."

"Non parlo di lui."

"Parli di...Aiden?", Rabbrividisco alle mie stesse parole.

"Lui ti ama davvero."

"Come fai a saperlo? Mi ha abbandonata qui, in mezzo al nulla."

"Le hai lette le ragioni per le quali l'ha fatto."

Cosa? Ha letto la lettera?

"Prendi quella dannata collana Meggy, stringila più forte che puoi tra le mani e pensa a lui."

"E poi? Cosa succederà? Mi ritroverò nel suo pianeta?"

"Ti ritroverai dove lui vorrebbe vederti, tra le sue braccia."

"Non ti rivedrò mai più?"

"Non hai più bisogno di me piccola, sei una donna forte."

"Ma non è vero, non so gestire nulla. Non so nemmeno più chi sono."

"Tu sei Morgan. Morgan Carter: una ragazza piena di energie e con un amore da dare immenso, una ragazza che si può solo sognare di avere e sai perché? Perché nessuna ha le qualità che hai tu. Quindi ora vai, l'unico uomo che ti merita sta solo aspettando che tu glielo vada a dire."

"Corro."

La abbraccio piú forte che posso, consapevole del fatto che se ne sarebbe andata poco tempo giù di lì. Mi ritrovo ad abbracciare il vuoto poco dopo.

Mi scende una lacrima che il vento asciuga con un soffio improvviso.

Mi accarezzo la guancia. Ho ancora il suo profumo addosso.

La collana, con mio grande stupore, è attorno al mio collo. Come se fosse già tutto calcolato.

Mi siedo sulla panchina e faccio come mi è stato detto da mia madre poco fa.

La stringo più forte possibile e, come un flash-back, mi ritornano in mente tutti i nostri momenti passati assieme.

Comincia a girare la testa in una maniera insopportabile. Il sangue al cervello, non sento più la sensibilità nelle mani.

Riapro gli occhi quando il dolore sembra passato e mi ritrovo in un parco luminoso seduta su una panchina, assieme ad un signore con un capello buffo sulla testa e un braccio meccanico al posto di quello vero.

Davanti a me passano due signore a bordo di una lastra di acciaio fluttuante che dista pochi centimetri da terra.

Wow, si vola qui.

Quando alzo lo sguardo mi rendo conto che le lastre di acciaio in confronto a quello che sto guardando adesso, non sono nulla.

È un immenso mondo di cose che volano.

Macchine, navi, gatti, bambini, passeggini che vanno da soli.

Ci sono addirittura delle case sospese a mezz'aria.

Mi accorgo che tutti indossano una strana tuta, simile alla carta stagnola.

Che monotonia tutti uguali. Forse è un giorno di festa.

Quando faccio per mettermi le mani in tasca, noto che anche io indosso la loro stessa tuta.

Mi alzo di scatto guardandomi attorno, impaurita ed estraniata da ciò che mi circonda.

Sono tutti robot.

Mi sento un pesce fuor d'acqua.

Ho paura.

Aiden dove sei?

Un segreto da custodireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora