Apro lentamente gli occhi. La luce è accecante per le mie pupille, faccio fatica a tenere gli occhi aperti. Vedo sfuocato, ma riesco a percepire qualcuno nella stanza. Sento delle voci ovattate ma non riesco ad associarle a nessun conoscente. Quando il suono riacquista la sua intensità naturale, sento dire -si è svegliato- con tono tranquillo. Lentamente riacquisto la vista e vedo due donne. La prima è a circa un metro da me ed è vestita completamente di bianco, direi un'infermiera, ha i capelli lunghi fino alle spalle, di colore biondo-dorato, e non le darei più di trent'anni d'età. La seconda è seduta di fronte a me, avrà circa quindici o sedici anni, ha i capelli color castano chiaro, non credo sia il suo colore naturale, raccolti in una treccia lunga fino a metà della schiena. Indossa un vestito blu cobalto, con dei tratti azzurri, che le arriva poco sopra il ginocchio. Non ho idea di chi sia. Ad un tratto si alza, mi si avvicina e mi abbraccia mentre io rimango impassibile. Nel vedere la mia totale indifferenza la sua espressione cambia mostrando l'angoscia che fino ad ora era stata tenuta nascosta dietro un'apparente spensieratezza. Gli estremi delle labbra cercano di fingere un sorriso ma al tempo stesso s'inclinano verso il basso come se la mente desse un ordine ma il corpo non volesse obbedire. Per non parlare degli occhi, gonfi e socchiusi per cercare di non far scendere le lacrime. Si volta e mi dice qualcosa tremando -evidentemente hai ancora...- si blocca per poi riprendere aggiungendo, parlando così veloce da mangiarsi le parole, -...bisogno di tempo per riprenderti-. Dopo queste parole lascia la stanza correndo. -A dopo- dice l'infermiera mentre esce dalla stanza lasciandomi solo con mille domande. La stanza non è molto grande, alla mia destra si trova l'unica finestra della stanza mentre dal lato opposto la porta. Le pareti sono bianche e mi danno fastidio agli occhi, c'è pure una lampada a forma di tubo sul soffitto. Il tutto la fa sembrare più grande di quello che è. Ci sono solamente una sedia ed il mio letto. C'è anche un carrello in metallo con sopra una siringa vuota ed un flacone di vetro scuro. Ci sono delle apparecchiature mediche di fianco a me. Attendo del tempo ma nessuno torna, sto perdendo la pazienza. Cerco di alzarmi ma non ci riesco, le mie gambe sembrano immobili, non mi resta che aspettare qualcuno. Passa ancora del tempo ma nessuno si fa vivo, mi sto annoiando e mi è pure venuta fame. Riprovo ad alzarmi. Riesco a spostare la gamba sinistra di qualche centimetro, anche se provo un dolore straziante, forse sarebbe meglio rimanere nel letto per evitare complicazioni fisiche ma odio dover aspettare senza sapere nulla di quello che sta accadendo. Provo a muovere anche l'altra gamba e anche in questo caso il dolore è immenso. Continuo a muovere le gambe a fatica, più le muovo più il dolore diminuisce fino a scomparire del tutto. Apro la porta ed esco dalla stanza: forse potrò capire qualcosa.
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The Atom
Science FictionJack si risveglia in un ospedale senza nessun ricordo. Scoprirà di essere l'unico sopravvissuto ad una strage in cui morirono più di diecimila persone e che ciò l'ha trasformato in una macchina da guerra. Dovrà lavorare al servizio di un'agenzia seg...