Capitolo 13

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Lord Grimshaw batté leggermente il pugnale che usava come tagliacarte contro il bordo laccato della sua scrivania. Sollevò il sopracciglio e studiò i due uomini rozzi che gli stavano davanti.
<<L'ho... perso, mi... milord>> balbettò il più robusto, girando nervosamente il cappello tra le mani.
<<Ha fatto ritorno a casa, ma non vi è rimasto. Prima che me ne rendessi conto, era uscito di nuovo. È montato su un cavallo ed è partito. L'ho perso in Saint James.>>
Grimshaw si accigliò. <<E il ragazzo?>>
<<Non è più uscito di casa>> disse l'altro uomo. <<Non dovete preoccuparvi, milord. Ci sono degli uomini che controllano la casa del cavaliere e di lui.>>

Sua Signoria si adagiò contro la spalliera della poltrona, battendo la lama del pugnale contro il palmo della mano. <<Non sembra che ci sia aria di fidanzamento.>>
Emise una risata secca, senza curarsi dei due uomini. <<Scommetto che lui l'ha respinto. L'altro l'ha compromesso, e l'ha rifiutato lo stesso.>>
Gli uomini si agitarono un poco e lui li congedò con un cenno della mano.
<<Trovate Tomlinson, e controllate entrambi.>> Li guardò cupo. <<E vedete di non fallire, questa volta.>>
I due indietreggiarono, si inchinarono e si dileguarono.

Grimshaw saggiò la punta del pugnale con le dita e sogghignò. Sembrava che il diamante avesse rifiutato Tomlinson.
Non era troppo tardi per rinnovare la sua offerta, e questa volta l'altro non avrebbe potuto rifiutare. Voleva proprio vederlo... e voleva anche punirlo adeguatamente per averlo rifiutato la prima volta. <<Si deve fare violenza all'oggetto del proprio desiderio>> disse citando De Sade. <<Quando si arrenderà, il piacere sarà maggiore.>>






Harry si rinchiuse in camera per due giorni, cercando di dormire per farsi passare il mal di testa e il mal di cuore che lo tormentavano. Il terzo giorno, quando si svegliò, tutto quello che restava era un battito sordo. Si alzò dal letto prendendo la vestaglia e pensando a Tomlinson. Sarebbe stato così facile accettare la sua proposta di matrimonio e risolvere così tutti i suoi problemi, ma aveva imparato da lui e aveva fatto quello che riteneva giusto per lui.
Allora, perché si sentiva così male?
Mosse un passo verso il tavolo da toeletta e si portò una mano alla bocca quando un'ondata di nausea lo sommerse. Forse avrebbe dovuto mangiare qualcosa di più, invece di ignorare il vassoio del cibo.
La porta si aprì silenziosamente e la cameriera si affacciò. <<Oh, signore, siete sveglio. La signora Styles ha chiesto di voi.>>
<<Bene. Aiutatemi a vestirmi, allora.>>

Si sentiva quasi presentabile quando scese le scale e raggiunse la sala della colazione dove sua zia lonaspettava. Tra qualche boccone di pane tostato e alcuni sorsi di tè, gli raccontò tutta la storia del viaggio a Brighton e di quanto era accaduto, omettendo di menzionare l'identità del suo accompagnatore e quando intimamente si era preso cura di lui, di come avesse diviso il suo letto e della sua proposta di matrimonio.
<<Cosa farai ora?>> gli chiese zia Ellen alla fine, la voce carica di tensione.

Harry distolse il pensiero dal capitano dai freddi occhi celesti e i capelli castani che l'aveva tenuto tra le braccia confortandolo con parole gentili. <<Troverò qualcuno che mi sposi>> replicò deciso.

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