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"Mamma, io vado, è tardi!" annunciò Louis scendendo velocemente le scale, senza fare attenzione a dove stesse mettendo i piedi.

"Lou, non correre potresti farti ma-" Anne non fece in tempo a finire la sua frase, che sentì un forte tonfo provenire dalle scale. Si affrettò a raggiungere suo figlio per aiutarlo, quando lo vide massaggiarsi le ginocchia.

"Sei sempre il solito! Quando finirai di farmi prendere dei colpi?!" lo sgridò sua madre, che era stanca di quella situazione. Lei amava i suoi figli più di ogni altra cosa al mondo e vedere Gemma realizzarsi, andando all'università e facendo quello che più le piace era stata una delle sue gioie più grandi, ma desiderava la stessa cosa per Lou. Un lavoro che lo rendesse felice, una casa tutta sua, ma soprattutto una persona che potesse amarlo per quello che è.

Dopo la morte di suo marito, Anne, non aveva mai voluto intraprendere nessuna relazione o qualsiasi tipo di conoscenza. Aveva preferito passare del tempo con il suo piccolo e dargli tutte le attenzioni che meritava, però negare a Louis di fare tutte le cose che facevano i suoi coetanei le faceva male; ascoltare quando le raccontava di essere preso in giro tutti i giorni per la sua omosessualità; sentire degli scherzi che subiva. Le faceva davvero male.

"Mamma, sono stanco di tutto questo" disse Louis, mentre si asciugava le lacrime che avevano iniziato a scendere dai suoi occhi. I suoi occhi. Erano loro il suo problema. Stavano lì, come quelli di tutti gli altri d'altronde, anche se lui non poteva dirlo con certezza, ma i suoi non servivano a nulla.

L'oscurità era tutto ciò che poteva vedere. Lui non aveva idea di cosa lo circondasse, di come fosse il suo fisico, il suo volto, di come sua madre lo guardasse ogni volta con fierezza per tutto quello che riusciva a fare con le poche possibilità che aveva.

Lui cercava di dimostrare che fosse abituato alla sua vita, ma in realtà si sentiva davvero stanco di lottare. Aveva solo bisogno di rilassarsi e smetterla di fingere.

"Lo so, tesoro, ma vedrai che prima o poi le cose cambieranno." lo rincuorò sua madre e Louis non si sentiva mai così bene come dopo le parole di sua madre.

Infilò il cappotto e i guanti, uscendo dalla porta che sua madre gli aveva aperto, dopo averlo abbracciato e informato che quella mattina non doveva subire lo stress del pullman, perché lo avrebbe accompagnato lei.

"Oggi passo a io a prenderti" gli disse sua madre, prendendogli il viso fra le mani e lasciandogli un bacio sulle labbra.

Perché a me tutto ciò. Perché non poteva succedere a chi fa del male agli altri.

Scese dall'auto e si diresse verso la sua classe, ricordandosi di avere storia dell'arte alla prima ora. Louis era sempre felice quando sapeva ci fosse il professor Styles, perché lui era sempre paziente e comprensivo e poi tutti dicevano fosse un bell'uomo. Louis poteva sentire solo la sua voce e doveva ammettere che gli piaceva un sacco. Era roca, molto profonda e allo stesso tempo dolce.

Louis aprì di scatto la porta della classe e sentì il professore stoppare la lezione, probabilmente per guardare chi fosse entrato.

"Buongiorno professore, scusi il ritardo ho avuto un piccolo problema" si scusò il giovane avanzando lentamente verso il suo posto e accomodandosi.

Aveva un piccolo registratore con se, dove registrava ogni lezione per memorizzarla meglio, ma faceva comunque fatica e stava cercando qualcuno che gli desse delle ripetizioni private. Non si fidava delle persone, era molto schivo e quindi ci stava mettendo un po'.

"Bene, Tomlinson, non preoccuparti dopo ripeterò per te quello che hai perso." disse il professore ricominciando a spiegare.

Le ore passarono molto lentamente quella mattina e Louis sentiva gli occhi lacrimare ogni tanto. Girò il capo e chiese un fazzoletto ai suoi compagni, ma ottenne solo risatine e nessuna risposta, così si ricompose e si asciugò le lacrime con le maniche della felpa. Questa volta, però, sentì altre lacrime aggiungersi e capì che aveva iniziato a piangere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 15, 2017 ⏰

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