Chapter seventeen

279 19 1
                                    


PDV James

Si addormentò dolcemente al suono delle mie parole.
Le stavo dicendo di non preoccuparsi per il lavoro, che sarebbe bastato fare un doppio turno per recuperare, che per lei non sarebbe stato neanche un grande sacrificio e che probabilmente non l'avrebbe neanche sentito il doppio turno dato che lei quel lavoro lo adorava, era sempre entusiasta di scartare i nuovi arrivi come una bambina la mattina di natale.
Non avendo ricevuto alcuna risposta mi girai verso di lei e la vidi respirare lentamente ad occhi chiusi.
Sorrisi, era così dolce.
"Ma quanto stiamo diventando sdolcinati" vociferò la piccola vocina nella mia testa che mi affrettai a respingere dato che non volevo che niente rovinasse quel momento.

Stranamente non riuscivo a prendere sonno, continuavo a pensare a tutto quello che era successo nel giro di qualche ora.
Il fatto che lei avesse provato a suicidarsi e fosse finita in ospedale, il fatto che volesse suicidarsi una seconda volta, davanti a me.
Le sue lacrime, quel suo discorso, le urla.
Il fatto che la insultassero, che la picchiassero, che si vedesse grassa quando invece non lo era affatto.
Il fatto che non lavorasse per essere indipendente e comprarsi quello che le pareva, ma perché doveva pagare la casa e tutto il resto; la madre morta, il padre che non era suo padre, gli antidepressivi ed i calmanti.
Era tutto un caos così grande nella mia testa che stavo per scoppiare.

Provai a mettermi nei suoi panni, ma non ci riuscivo, anzi, mi sembrava sbagliato anche solo provarci.
Era tutto così più grande di me, lei era più grande di me, nonostante io fossi nato tre anni prima.
Chissà quanto aveva sofferto e quanto ancora soffriva.
Non me ne capacitavo, di come tutto quel dolore toccasse ad una sola persona, quando diviso per dieci o venti persone sarebbe stato ancora troppo.
Era una ragazza davvero forte, tutte quelle che conoscevo io, il dolore maggiore che avevano provato in vita loro era stato un cuore infranto ed un unghia rotta.
E qualcosa in tutto quel dolore, in tutta quella sofferenza, in tutte quelle urla soffocate, in quelle lacrime asciugate, in tutta quella forza, mi affascinava.
"Cosa mi sta succedendo?"
Continuavo a chiedermi, ma non riuscivo a pensare a me, l'unico mio pensiero andava a lei, ad Eireen.

Andai al piano di sotto e mi sdraiai sul divano con la testa ancora piena di pensieri.
Mi stavo per addormentare quando delle urla mi fecero alzare e correre al piano di sopra con il cuore a mille.

Eireen si trovava in una pozza di sudore, aveva la felpa appiccicata al corpo, era seduta e sicuramente si era appena svegliata a causa di un incubo, e con tutto quello che le era successo durante la giornata era comprensibile che li facesse, mi sarei preoccupato se non ne avesse fatti.

Mi avvicinai a lei e le accarezzai la fronte, era così sconvolta, respirava affannosamente.
≪ Hey tranquilla, è stato solo un incubo, okay?
Va tutto bene, andrà tutto bene, ci sono io con te ≫
Non disse nulla, semplicemente annuì lentamente ancora spaventata.
Le misi un braccio sulla spalla ed una sul fianco, l'abbracciai.
Lei strinse ancora di più la presa e scoppiò a piangere sul mio petto, le accarezzai dolcemente i morbidi capelli che profumavano di mirtillo; avevo paura che si rompesse da un momento all'altro, era così fragile tra le mie braccia.
Una volta calmatosi la feci distendere e dopo un po' sembrava essersi addormentata beatamente quindi decisi di alzarmi, ma una voce mi fermò.
≪ Non andartene - mi disse -
Resta. ≫
≪ Vuoi che dorma qui con te? ≫ le chiesi un po' sorpreso dato che di lei conoscevo soprattutto il lato freddo e distaccato, ma dopo quella giornata, non potevo biasimarla.
≪ Sì ≫ affermò lei con abbastanza sicurezza nella voce e poi voltandosi a guardarmi, sollevando una parte del piumone come ad invitarmi nel suo letto, disse ≪ non voglio combattere i miei demoni da sola, non questa notte ≫

Era comprensibile, era a pezzi, avrei voluto tremendamente aiutarla a rimettersi in sesto ma non credo che due giorni sarebbero bastati.

Forse, neanche una vita intera sarebbe bastata, il dolore era così grande, così intenso.

Fragili come petali di rugiadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora