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‹Un tavolo per tre, grazie›
L'odore dei locali giapponesi è uno di quelli che sopporto a stento, non mi piace per nulla l'oriente e tutto ciò che lo riguarda. Non entro a contatto con cibo giapponese da due anni e mezzo e pensavo che quella sera fosse l'ultima. Stasera sono qui solo per accontentare le mie amiche e non ho voglia di fare assolutamente nient'altro. Mi sento annoiata e da un'altra parte con la testa, parlare con le mie amiche del sogno di quella notte mi ha letteralmente buttata giù. Continuo a pensare ad Alessio e a cosa caspita significhi quel sogno. Ci deve essere una motivazione valida, ma l'odore incalzante di frittura mi distrae da ogni tipo di pensiero. Poi non so perché, ma dopo la breve chiamata con Luca sono anche un po' arrabbiata e confusa. Odio quando non riesco a capire cosa frulla nella mia testa.
‹Già vi dico che mi sto sentendo male› mi siedo al tavolo, sbuffando.
‹Cole, che ti prende stasera?› Lea inizia a recuperare un po' di sushi dal rullo che passa accanto al nostro tavolo ‹So che il giapponese ti porta a ricordi che non nomino ma...›
‹Non voglio parlarne, ormai siamo qui. Comunque nulla, non ho niente›
‹Non è una risposta valida› guarda il sushi passare sul rullo ‹Ele, prendi quello col polipo›
‹Sono solo un po' stanca e mi da fastidio questo odoraccio›
‹Non è vero›
‹Sì. Finiscila di chiedermi come sto, Lea› mi sto stufando.
‹Scusa se ti vedo giù di morale e vorrei fare qualcosa per vederti più... prendi quello col salmone› fa cenno a Ele, per poi riposare lo sguardo su di me ‹...per vederti più felice, non mi piace quando sei così. Di solito hai sempre qualcosa quando ti comporti in questo modo, non prendermi in giro›
La odio così tanto ‹Sto pensando e vorrei non essere qui, ora. Qui a mangiare del sushi che odio›
‹A cosa pensi?› mi chiede Ele.
‹Cose›
Mi guardano, cercando di capire la mia espressione in questo momento. Credo di essere un mix di rabbia, tristezza, stanchezza e scarabocchi indecifrabili.
‹Senti, fai come vuoi› si arrende Lea, mettendosi in bocca del riso avvolto in un alga.
‹Ne riparliamo in hotel, d'accordo? Possiamo per favore non parlare di come sto io e pensare a dove si trova il riso alla cantonese che ho abbastanza fame?› dico molto velocemente.
‹Te lo vado a cercare io› Lea si alza e si incammina verso il bancone con quel suo fare sfacciato e vanitoso. Mi mancano i suoi capelli lunghi svolazzanti, con quel caschetto sembra ancora più odiosa.
Sbuffo, mentre Ele addenta a testa bassa un pezzo di riso col salmone.
‹Riguarda il sogno› le dico senza pensarci ‹Non penso ad altro da oggi pomeriggio› tralascio il pezzo della chiamata di Luca ‹Ma basta, fatemi pensare ad altro. Non l'ho voluto dire a Lea perché so com'è, poi inizia a parlare e parlare e cerca di farmi ragionare su tutto arrivando a parlare del perché ha scelto il liceo delle scienze umane›
‹Lo fa perché ti vuole bene›
‹Fin troppo› sorrido.

Dopo parecchi minuti la vediamo ritornare abbastanza rapidamente con un piatto di riso. Si siede paonazza al suo posto e mi porge il piatto. Un sorriso misto a paura ed emozione le si stampano sul volto.
‹Tutto bene?› le chiede Ele.
‹C'era Alessio. Ci ho parlato› risponde a bassa voce ‹Alessio Bernabei› mi guarda.
Sbatto i pugni sul tavolo girando gli occhi dall'altra parte. Com'è possibile? Tutto in una sera!
‹Dai, Lea, non dire stupidate› Ele cerca di calmare la situazione, imbarazzata, sapendo il motivo del mio malumore.
‹Ele te lo giuro, era al bancone, non era il sosia. È qui con quel suo amico, come si chiama... Sheky, lui› insiste Lea, ancora incredula.
Mi è passata la fame. Poso la forchetta sul piatto di riso ‹Cosa c'è qui dentro?› indico la mia cena con lo sguardo, cercando di cambiare discorso.
Lea sembra un po' spiazzata, delusa dal fatto che ciò non mi abbia fatto così tanto effetto.
‹Mi pare ovvio: frittata, prosciutto e piselli, non vedi? Comunque ho parlato con lui› sembra me la stia facendo a posta.
‹Ce l'hai già detto› prendo la forchetta e mescolo un po' il riso, senza un motivo.
‹Abbiamo parlato un po'. Mi ha anche riconosciuta!› fa finta che io non abbia detto nulla ‹Eppure è passato troppo tempo dall'ultima pazzia che abbiamo fatto per andare dai Dear Jack quando erano ancora insieme, vi ricordate? E ho anche i capelli diversi!›
Mi scoppia la testa ‹Se fosse vero che lui è qui non voglio vederlo, per nessuna ragione›
‹Mangia che il riso si fa freddo› mi stuzzica Lea.
‹Ma che hai? Sembra mi stia facendo dei dispetti, smettila›
‹Il sogno...› si ricorda lei improvvisamente.
Sento di avere la pelle d'oca ‹Sembra invitante questo riso, comunque› ne metto in bocca una forchettata.
‹Nicole, caspita...›
‹Ho detto che la devi finire›
‹Guardati intorno!›
‹Piantala, cazzo!›
Le persone ai tavoli circostanti si girano verso di noi. Ho alzato un po' troppo la voce e vorrei solo piangere.
‹Ragazze, basta› ci sussurra Ele ‹Lea, evita. Cosa ti è successo stasera?›
Sento gli occhi bruciarmi, spero solo sia un altro incubo, è palesemente impossibile che mi trovi nello stesso posto in cui è Alessio. Se così fosse, la situazione fa alquanto ridere. Ma tanto. Anche se da ridere non c'è proprio niente.
‹Mi fa arrabbiare, lei› Lea mi indica ‹perché non vuole vedere la realtà›
‹Di che realtà parli? Sei andata fuori di testa? Prima mi portate in questo locale, poi continuate a mandarmi frecciatine su Luca e adesso pure Alessio› mi blocco, prima di poter dire altro. Mi si immerge la testa di un flashback rapidissimo ma talmente grande che vorrei gridare ‹Sai cos'ho passato. Cosa ti prende, perché fai così? Cosa vuoi decidere, Lea? Non cambierò opinione vedendo Alessio, anzi credo che mi renderebbe ancora più nervosa e intoccabile. Lo sai, non c'è bisogno che te lo dica. Di che realtà vuoi che mi accorga?›
‹Voglio che... voglio il meglio per te›
‹Se volessi il meglio per me saresti stata zitta›
‹Scusami› le esce a stento ‹davvero›
Alzo le spalle ‹Mangiamo velocemente e andiamocene via, prima di vedere quello
‹Mi dispiace, Cole. Non mi piace vederti così, mi fa arrabbiare›
‹Lo so, e dispiace anche a me›

Usciamo dal ristorante e di Alessio nemmeno l'ombra. Ciò mi solleva ‹Io ho ancora fame, però›
‹Andiamo a prendere un gelato? Cerco su internet una gelateria vicina› propone Lea.
Un ciuffone mi passa davanti. Merda. Sento le gambe che mi cedono e mi impediscono di scappare.
‹Alessio!› esce dalla bocca di Lea, mentre si caricano le mappe sul suo telefono. Mi guarda mortificata.
‹Hey!› si avvicina lui.
È cambiato dall'ultima volta che ho visto una sua foto, ovvero dopo la divisone dai Dear Jack. I suoi capelli sono regnati da un ciuffo che è decisamente troppo lungo ed ha un viso più maturo. Tutto ciò mi scombussola. Cerco di stare calma, sento che a momenti potrei rompere questa quiete apparente.
‹Mi ricordo di voi, eravate da tutte le parti, ma come facevate?› Alessio cerca di avere un dialogo con noi.
‹Doti naturali› Lea accenna una risatina.
‹Cosa vi porta a Roma? Non siete mica di Milano?› sembra interessato, d'altronde è sempre stato un ragazzo umilissimo e parecchio disponibile con gli altri ed averlo davanti mi fa andare di matto per ciò che era prima per me e che ora non è.
‹Sabato Nicole› Lea mi indica ‹ha un concorso di pianoforte› e specifica il luogo.
‹Che caso, ci sarò anch'io! Certo, non partecipo, sarò tra il pubblico› ci sorride lui.
Rabbrividisco. Tutto in una sera. Tutto.
‹Come si chiama il pezzo che porterai?› si riferisce a me.
Esito un attimo prima di rispondere. Guardo le mie amiche in preda al panico, sento che sto per piangere ‹"Consuming"› dico a voce strozzata.
‹Sembra interessante, non vedo l'ora di ascoltarlo! Canti anche?›
Mi avvicino ancora di più a Lea, come per allontanarmi da qualcosa. Lei mi stringe a sé, sento che anche lei è nel panico dopo questa domanda ‹No› gli dico ferma ‹Non so cantare› mento.
‹No, dai, non ci credo! Eppure mi ricordo che cantavi...›
Mi sto arrabbiando ‹Ho detto no e no è. Probabilmente ti confondi con qualcun'altra›
Credo di averlo detto in tono un po' troppo arrogante, Alessio sembra esserci rimasto un po' male.
Mi sento avvampare, voglio andare in hotel. Non mi poteva capitare cosa peggiore di Alessio che mi chiede se canto. Odio questo mondo.
‹Beh› prende una sigaretta dal pacchetto ‹allora ci rivediamo sabato e in bocca al lupo!› si sposta da noi e l'accende.
Le mie amiche mi guardano comprensive, mentre una lacrima mi riga il viso ‹Voglio andare in hotel›

‹Cosa più odiosa di quella situazione non esiste! Sembra che tutto ciò che mi circonda ce l'abbia con me! Alessio e il canto, insieme, capite? Ditemi che capite! Tutto in una sola sera non lo posso sopportare› sono sul punto dell'esasperazione ‹Non dite nulla, sembro pazza. È destino. Lui è destinato a fare il mio male. Guardalo in che modo sfacciato mi chiede se canto›
‹Nicole, ma lui si ricordava che...› cerca di farmi ragionare Lea, come sempre.
‹Non dirlo› la fermo ‹Che ore sono?›
‹Quasi le 23› risponde Ele.
‹Voglio chiamare Luca›

-
L'unica cosa che oggi mi rende felice è che stiamo per andare a vedere il Colosseo.
Fermo la sveglia che continua a suonare insistente vicino al mio orecchio. Si sveglia anche Lea e subito mi abbraccia, forte ‹Mi dispiace, ancora› mi sussurra.
‹Smettila, va bene così› la stringo ‹La serata di ieri è assolutamente da dimenticare, non la voglio ricordare e mi tranquillizza se penso possa essere stato tutto frutto della mia immaginazione. Ieri sono entrate nella mia testa troppe cose che mi hanno dato di matto. Non chiedetemi come sto, oggi. Voglio godermi la giornata e non pensare a nulla, per favore›
Ci prepariamo canticchiando le canzoni di Lorenzo Fragola, sto contagiando anche loro con la sua musica.
Prendiamo il pullman e aspettiamo emozionate che arrivi alla fermata vicino al Colosseo.
Guardo fuori dal finestrino respingendo tutta l'energia negativa che ho dentro, cercando di dare spazio all'aria di freschezza che da' questa città. Cerco di pensare il meno possibile a ciò che è successo ieri sera e al fatto che potrei rivedere Alessio al concorso, spero di non incrociarlo. Provo a non pensare nemmeno a come sarebbe cantare ancora, voglio eliminare quei ricordi, anche se impossibile.
Mi appoggio sulla spalla di Lea, in testa "Infinite volte" di Lorenzo Fragola e il Colosseo che si avvicina.

Mi viene da piangere ‹È immenso› guardo la maestosità di questo monumento. Sono ai piedi di quello che è stato uno dei miei più grandi sogni fin da adolescente.
‹Magnifico, davvero› commenta Ele.
Siamo tutte e tre estasiate, incantante da quanto bello sia questo posto. La giornata è luminosa, più di ieri, e il sole di quasi fine inverno si fa riconoscere sempre.
Non penso più a nulla, sono stranamente felice e rilassata.
Sembra di stare in un'altra dimensione, nella dimensione dei sogni irraggiungibili.
Mi sento tanto piccola qui sotto, e questa sensazione mi piace.
Questo posto mi avvolge, profuma di libertà.

«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora