Le lenzuola del mio letto iniziano a farmi sudare in questa notte tra venerdì e sabato. Mi scopro un pochino e controllo che ore sono: 1.33. È inutile, non riesco a dormire. Se solo questo dannato pensiero smetteste di battersi nelle pareti della mia mente sarebbe cortese. Eppure non dovrei pensarci più di tanto, non me ne dovrei preoccupare, non dovrei spremermi le meningi per una cosa che non voglio, che non desidero nemmeno minimamente. Alessio non lo voglio chiamare e su questo sono fermissima ma, se così fosse, non sarei sveglia a quest'ora con un sonno e una stanchezza profondi.
Oggi Lea mi ha inviato per messaggio il suo numero di telefono che sono rimasta ad osservare per qualche minuto. Successivamente lei mi ha scritto anche >Pensaci< e, purtroppo, è da pomeriggio che continuo a farlo, quando non ne ho motivo. Evidentemente ho una curiosità immensa di sapere cos'ha da dirmi ma, dall'altra parte, non mi interessa. Sono combattuta, non lo voglio chiamare, non voglio più avere niente a che fare con lui e non so quante volte io l'abbia ripetuto al mondo e a me stessa.
Mi guardo intorno cercando uno spiraglio di luce per disorientare un po' il mio pensare, ma il buio della notte è talmente pesto nella mia camera che mi tiene ancorata al continuo martellare nella mia testa.
Vorrei solo dormire un poco, ma non riesco proprio. Sono nervosa e anche un po' arrabbiata, ho i muscoli in tensione e la testa al punto massimo di ebollizione: è impossibile rilassarsi un minimo.
Anche se cerco di non pormi domande sul caso, queste vengono a me senza preavviso e la vocina che ho dentro inizia discorsi interminabili più fastidiosi di Alessio stesso che è anche più fastidioso delle etichette nei vestiti, e queste sono dannatamente fastidiose.
Mi rassegno sbuffando, sperando che in questo sbuffo possa uscire un po' ti tensione, ma niente.
Affogo la faccia nel cuscino e ci sto un po', ascoltando il nulla della notte, il silenzio, la calma, e un po' mi sta aiutando. Mi concentro parecchio su questo, sull'aria muta che gira intorno a me e i pensieri si stanno sbiadendo. Sembra stia tornando un pochino di pace nella mia testa, o almeno qualcosa sta diventando più lieve, più basso, più stanco di farsi sentire.
Continuando a dare spazio al silenzio, ritorno piano a pancia in su. La testa non picchia quasi più e anche la tensione se n'è quasi andata. Mi sento già meglio e quasi non ricordo a cosa stessi pensando.
Ascoltare il silenzio è una delle migliori cure.-
Niente da fare. Sto aspettando Nocciolo per la lezione e il pensiero di Alessio continua ad esserci da stamattina alle 6. Basta, non ne posso più, spero passi prestissimo.
Per oggi Connor mi aveva chiesto se avessi potuto anticipare la lezione di Luna, dunque è stata la prima stamattina ed ho rivisto anche lui che era da un po' non vedevo. Mi ha fatto piacere parlarci un po'. Mi ha chiesto riguardo il concorso e mi ha detto che dovremmo organizzare un'altra serata tutti insieme. Perché no? Potremmo pensare ad un'altra pizzata, poi ne parlerò con gli altri.
Finalmente arriva Giacomo con quel suo sorriso affascinante e gli occhialini rotondi sul naso ‹Buongiorno Nicole, ho studiato molto in questi tanti giorni che non ci siamo visti, mi sono davvero impegnato!›
Mi mette allegria, lo adoro ogni giorno di più ‹Alla grande, Nocciolo! Siamo pronti per i grandi teatri del mondo?› gli scompiglio un po' i capelli.
‹Voglio suonare in Russia!›
‹Che grandi ambizioni, piccolino, ma direi che c'è ancora molta strada da fare, perciò... al pianoforte!› annuncio con tono un po' militaresco.
Lui sta al gioco ‹Agli ordini signora!›
Ci sediamo insieme al pianoforte e, dopo aver fatto qualche esercizio tecnico, gli propongo di iniziare a studiare insieme un nuovo pezzo ma, mentre lui prova a suonare, non riesco ad ascoltarlo per bene, continuo a distrarmi. Devo trovare una soluzione ai miei pensieri...
‹Nicole, come sono andato? Sono pronto per la Russia?› mi riporta al presente.
‹Ehm.. sì, Alessio, hai suonato... bene... Potresti rifarlo?›
Mi guarda un po' sbigottito ‹Mi hai chiamato Alessio? Io mi chiamo Giacomo!› quasi mi rimprovera.
Noto l'errore e subito mi scuso ‹Non volevo, mi sono sbagliata› cerco di sorridergli un po'.
‹Chi è Alessio?›
Questo bambino è troppo curioso ‹Un ragazzo e...›
‹Wow, è il tuo fidanzato? Come io per Maia?›
Solo l'immagine di me e Alessio fidanzati mi da' il voltastomaco ‹No, no... Non è nemmeno un mio amico. È quello che canta quell'orribile canzone... "Noi siamo infinito"› l'ho sentita una volta in radio e giuro che volevo sbattere la testa da qualche parte, è improponibile.
‹Però non è orribile, a me fa ballare un sacco!›
Ballare inteso dimenarsi disperatamente come se stessi per avere un collasso? Allora sì ‹No, Giacomo...›
‹Comunque ora cosa c'entra Alessio?›
‹Non ti preoccupare, continuiamo col brano›
‹Ma io voglio sapere!›
Ribadisco: è maledettamente curioso. Gli dico che l'ho incontrato al concorso e vorrebbe lo chiamassi.
Lui mi guarda quasi sognante ‹Io lo chiamerei!›
Sorrido alla sua ingenuità ‹Sei piccolo, Nocciolo, non lo chiamo per vari motivi miei›
‹Ma pensa che non ti ricapiterà magari mai più! Secondo me vuole farti qualche... come si dice... ah sì, qualche proposta bella! Devi provarci perché, se mai lo fai, potrai essere triste per non averlo fatto e quando ci ripenserai e ti dirai che potevi farlo, allora sarai ancora più triste!›
I bambini, a volte, ti fanno riflettere profondamente, e Giacomo ne è l'esempio. Pur non sapendolo, sta esprimendo un concetto da persona abbastanza matura per capire. E lui è un bimbo che sogna tanto, lo so, e non avrebbe potuto che dirmi queste parole che, in un istante, mi hanno portata ad un punto fermo, ad una conclusione. Non finirò mai di imparare da lui, è così pieno di risorse.Cerco di sistemare un pochino la mia camera prima che arrivi Luca, tanto somiglia comunque ad una stanza d'ospedale. Manca ancora un'ora, dunque mi accomodo alla mia scrivania ed accendo il computer. Vorrei iniziare a cercare qualche idea carina per risistemare seriamente questo pezzo di mortorio che non ha niente a che vedere col resto della casa.
Cerco su internet qualche catalogo di arredamento: tutte queste camere coloratissime e moderne con mobili nuovissimi e lustri, letti principeschi e scrivanie di lusso mi fanno venire lo schifo vero e proprio per la mia camera più di quanto io già lo abbia. Devo impegnarmi assolutamente.
Suonano al campanello. Vado ad aprire la porta e un ragazzo alto, ciuffo biondo ed occhi verdi mi sorride.
‹Ciao Luca, come stai?› lo invito ad entrare.
‹Alla grande, sono carico per iniziare! Accogliente qui dentro› si guarda intorno.
Perché non ha ancora visto la mia camera ‹Ti porto a fare un giro della casa... Beh questa è la cucina e subito il salotto›
Ci avviciniamo alla sala e lui rimane particolarmente affascinato da un quadro. Non so nemmeno di che pittore sia, però è sempre piaciuto anche a me. Rappresenta una distesa di mare immensa sulla quale galleggiano leggeri, quasi la sfiorano solamente, degli spartiti di qualche brano sconosciuto.
‹...è davvero molto bello› lo fissa. Rimango anch'io a fissarlo accanto a lui.
‹Che interpretazione gli dai?› mi chiede.
Appoggio il mio sguardo sul suo ‹L'ho sempre osservato con gli occhi di chi pensa che senza musica non c'è vita. La musica è immortale, non ha una fine. Esisteranno sempre nuove musiche, nuove note, nuove melodie, nuove emozioni. Per questo del mare di questo quadro non vediamo una fine: sta trasportando una musica fresca, nuova, senza un limite›
Posa gli occhi sul quadro e, poi, li rimette su di me ‹Wow› riesce solamente a pronunciare.
Lo porto al piano di sopra: gli mostro il bagno, la camera di mio fratello, quella di mia mamma ed ora entriamo nella mia ‹Okay, scusami già da ora se fa schifo rispetto a tutto quello che hai visto, devo ancora sistemarla, ma ci sto lavorando› gli dico.
‹Non preoccuparti›
‹Allora, cosa sai sul pianoforte?›
‹So com'è fatto e so suonare qualche scala›
‹Sai suonare anche qualche pezzettino? Qualcosa di semplice, basilare?› mi siedo sul mio letto.
‹La ninna nanna› scoppia a ridere.
Seguo la sua risata contagiosa ‹Perché ridi?!›
‹Perché è banale!›
‹Tranquillo, iniziano tutti con quella. Dai, suonala› lo invito e, mentre si siede alla pianola, mi scuso ulteriormente ‹E perdonami se anche questa tastiera fa schifo›
‹Ho visto di peggio› mi sorride ed inizia a suonare.
Pensavo sapesse solo le note, ma sta eseguendo anche gli accordi. Ha un tocco che mi piace.
‹Hai già provato a studiare pianoforte?› gli chiedo appena finisce.
‹Ho tentato di seguire dei tutorial su internet, ma ho imparato davvero poco e non avevo pazienza di stare a guardare tutti quei video›
‹Sei bravo›
‹Non ho suonato nulla di particolare...›
‹Importa poco, hai un suono dolce› mi complimento ‹e piacevole all'udito›
‹Grazie. Allora dici che ci si può lavorare?›
‹Assolutamente sì› gli sorrido ‹Per la prossima volta vorrei tu iniziassi a leggere questo› mi siedo alla pianola con lui e gli mostro uno spartito.
‹"Consuming"... ma è il tuo brano?›
‹Esatto. Ieri l'ho riadattato e l'ho fatto semplice, per iniziare. Te lo avrei proposto più avanti ma, dato che, secondo me, da come hai suonato prima, potresti farlo senza grandi spiegazioni, ora te lo suono io, poi provi a farlo tu. A mano a mano che lo studi aggiungo sempre qualche difficoltà, fino a che lo suoni completo, come deve essere. Ci stai?› mi sembra interessante come proposta.
‹Direi che è un onore poter imparare il tuo pezzo›
‹Ouh... grazie mille. Oltre a questo ti lascio anche uno studio relativamente semplice che sarebbe buono vedessi da solo. Se trovassi difficoltà, la prossima volta lo guarderemo assieme›
‹Perfetto!›
‹Bene!› mi sento un po' soddisfatta.
Appoggio le mani sulla pianola ed inizio a suonare il mio brano semplificato. È un pochino strano, abituata a sentirlo completo, ma ha sempre quella melodia romantica e leggera che mi fa innamorare ogni volta.
Una volta finito, ci prova lui, e devo dire che non è per niente male, a parte qualche nota che non conosce e qualche piccola spiegazione da dargli.
Passa un'ora e siamo a un buonissimo punto, suona già il brano con quella poca fluidità che sono sicura aumenterà ‹Per oggi può bastare› annuncio la fine della lezione.
Lo accompagno alla porta d'ingresso per salutarlo.
È stata una prima lezione ottima e il fatto che già sappia suonare un pochino, mi soddisfa e credo imparerà in fretta molte cose.
Inoltre è un modo per conoscerci ancora un po' e passare del tempo insieme che mi fa sempre bene.
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«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei [COMPLETA]
Fiksi Penggemar«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei TRILOGY. number 1. Un passato frastornato, segnato dal canto e da suo padre. E poi loro, la sua band preferita, che dopo la divisone l'ha resa niente. Nicole, 19 anni. Ormai crede di non poter es...