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‹"Appena sei davanti allo studio, fammi uno squillo che ti faccio venire a prendere"› ripeto tra me e me il messaggio di Alessio, mentre attraverso le strisce osservando quel luogo dove potrei far uscire qualcosa di me o scatenarmi dentro una rabbia infinita. Sono queste le due strade, la via di mezzo non esiste.
Seguo le indicazioni di Ale e, in pochi secondi, un bodyguard mi viene a recuperare.
Saliamo delle scale e mi lascia davanti alla porta dello studio di Alessio.
Prima di entrare devo prendere un attimo di coraggio, sento lo stomaco stringersi. Butto un'attenta occhiata all'interno dalle finestre. È seduto ad una scrivania, aspettandomi. Quel ciuffo potrebbe tagliarselo un poco, però: gli sta crescendo un cascata d'edera sulla faccia!
Okay, credo di potercela fare. Non sono ancora pronta, ma non posso stare qui fuori in eterno. Appoggio piano il pugno sulla porta, per poi bussare tre volte.
‹Avanti!› risponde lui.
Entro, cercando di non fargli notare quanto sono tesa e quanto io stia ripensando di rinunciarci ‹Ciao!›
‹Nicole! Che piacere rivederti› mi da' due baci sulle guance. Appena torno a casa prendo il disinfettante e me lo scaravento tutto in faccia, voglio eliminare ogni traccia di lui, almeno quando non dobbiamo lavorare.
‹Vieni, sediamoci che parliamo un po'› m'invita a seguirlo verso un tavolino con due sedie.
È uno studio relativamente piccolo e quel poco spazio che c'è è occupato da un pianoforte bellissimo, lucido, possente. È l'unica cosa che probabilmente amerò qui dentro.
Ci sediamo uno di fronte all'altra. ‹Allora. Intanto ti ringrazio ancora per essere qui› inizia ‹Parto col dirti che per il periodo in cui lavorerai con me verrai pagata, ovviamente. Vorrei chiederti disponibilità tutte le mattine dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 13. Si può fare? Abbiamo tempi ristretti, ad aprile esce il disco ed entro fine mese deve essere assolutamente pronto. Ho già registrato un bel po' di robe, dobbiamo concludere. E, inoltre, mi manca proprio una canzone›
Penso solo che in questo momento gli spaccherei questo tavolino in testa, come minimo, ma cerco di stare rilassata ‹Va bene› non mostro molto entusiasmo ‹tranne che per il sabato mattina, sono sempre impegnata› non esiste che io sospenda le lezioni ai bimbi per venire qui, proprio non se ne parla.
‹Il pomeriggio?› mi propone.
E non annullo nemmeno le lezioni con Luca ‹Neanche›
‹Riusciresti, allora, a venire due giorni anche al pomeriggio per non perdere ore?›
Mi verrebbe da dirgli che mi ha già rotto le scatole abbastanza, ma resisto ancora ‹Giovedì e venerdì, ti va bene? O preferisci altro?› rispondo un po' fredda.
‹Vanno benissimo. D'accordo... Ora ti dico come lavoreremo: inizieremo a rivedere il tuo brano, lo adatteremo meglio in modo che diventi un pezzo suonato al pianoforte adatto ad una canzone, ma questo non significa di certo che la cambieremo perché lo renderemo solamente più semplice, più con funzione di base della canzone, e già questo ci ruba un paio di giorni; successivamente ci aggiungiamo altri strumenti che sceglieremo insieme, solitamente batteria e chitarra, ma ci rifletteremo, fino a che il risultato non ci soddisfa; infine c'è da pensare al testo, ma su questo ci devo ragionare io e ti farò sapere più avanti. Che dici?›
Dico che mi sento male ‹Iniziamo subito?› cerco di sorridere un minimo e di tagliare corto, per evitare di dire qualcosa di spiacevole.
‹Mi piace questo spirito!› si dirige rapidamente verso al pianoforte.
Gli sembro felice di essere qui? Meglio così. In realtà dentro sto facendo una fatica assurda, ma voglio rimanere, anche se già mi ha stancata. Voglio portare a termine questa cosa, anche se mi pesa e vorrei fosse già finita. Voglio mettere alla prova il mio scappare ogni tanto da certe situazioni, anche le più dolorose e pesanti. Voglio provarci e per farlo devo tenere sempre in mente le parole di Lea e Nocciolo. Posso farcela, se mi impegno.
Ale mi chiede di eseguire il mio pezzo e subito lo faccio. Mi sento già un pochino meglio.
Iniziamo immediatamente a cercare un modo per riadattarlo e devo dire che, per quel poco a cui abbiamo pensato e lavorato, il progetto promette bene.
Alessio continua a starmi antipatico comunque, mi irrita, compreso il suo modo di parlare e di comportarsi.
Dice che da domani verranno anche altre persone ad aiutarci con la base e ciò mi solleva, almeno non saremo costantemente soli.
Per oggi abbiamo finito, sono abbastanza stanca ed ho una fame assurda.
Prendo la metro e in qualche minuto sono a casa, la mia dolce casa.

«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora