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È un lunedì mattina di pioggia e fa freddo. Questo tempo non mi aiuta affatto perché accentua ancora di più il mio nervosismo. Il mio stato d'animo in fiamme si fonde con l'atmosfera e sento che ho attorno una potenza assurda che incita il mio desiderio di porre fine al passato e più mi avvicino allo studio più sento la rabbia ribollire sempre più forte. Ho preso una decisione e così è, Alessio non riuscirà ad abbindolarmi anche questa volta. Sto mettendo un'enorme x sopra questa situazione, una x più grande di quella posta precedentemente. È un capitolo chiuso, definitivamente, e riaprirlo non è stata per niente una buona idea.
Entro con passo incalzante e deciso e subito vedo Alessio che mi sta aspettando come al solito, ma sarà l'ultima volta ‹Sapevo che sarebbe andata a finire così, sapevo avresti causato di nuovo il mio male. Basta, ho chiuso› mentre parlo lui mi guarda più confuso che mai ‹Tieniti la canzone e il testo, fai come ti pare, ma lasciami in pace. Tieni anche questa stupida chiavetta e, per favore, piantala di catapultarti nella mia vita. Buone cose, ciao Alessio› giro le spalle e mi avvio a passo svelto verso l'uscita, quando una mano afferra velocemente e strettamente il mio braccio. Giro leggermente lo sguardo e vedo i suoi tatuaggi ‹Lasciami›
‹No, aspetta, ti prego› mi supplica come se fossimo fidanzati e lo stessi lasciando.
Cerco di liberarmi dalla sua presa, ma non riesco.
‹Possiamo parlarne...› cerca di sistemare.
‹Non vedo di cosa dobbiamo parlare, sinceramente. Non capisco cosa vuoi. Io ho bisogno di stare da sola›
‹Voglio sapere perché continui a tirarmi in causa quando parli della tua vita. Vorrei capire solo questo, poi puoi anche andartene› tiene ancora stretto il mio braccio, quasi come se a me, in fondo, ci tenesse.
A momenti non crollo. Tutte le forze che avevo accumulato precedentemente le ho perse in meno di un secondo. Non voglio piangere, lo odio, ma credo sia quasi inevitabile.
Ale mi riporta in studio e, dopo avermi dato un bicchiere d'acqua fresca, si siede accanto a me e aspetta che io parli. Sento il cuore martellarmi in gola, quasi come se volesse uscire ed avere un po' d'aria, di libertà vera e propria. È come se fosse esausto, un urlo rimasto chiuso per troppo tempo. Mi sento molto sotto pressione ‹Okay, allora... vuoi sapere cosa succede? E vuoi sapere anche perché non canto, giusto?›
‹Delle spiegazioni, almeno. Non per farmi gli affari tuoi, sia chiaro, ma voglio capire perché mi tiri in ballo come qualcuno che ti ha salvato la vita e poi te l'ha rovinata›
Bingo ‹L'hai fatto›
Mi guarda sconcertato ‹Come?›
Gli racconto molto brevemente come sono andate le cose nella mia famiglia fino ad arrivare alla divisione della sua band e non so come io stia riuscendo a mantenere la calma. Forse parlare con Luca mi ha fatto davvero bene.
‹Oh... mi dispiace e... posso chiederti scusa?› sembra davvero dispiaciuto.
Faccio spallucce ‹D'altronde che ne potevi sapere? È accaduto e ci ho messo sopra una pietra gigante e ogni giorno ne metto tante altre, anche se è complicato. E comunque sapere di me e della mia situazione non avrebbe di certo cambiato le vostre sorti› accenno una risata.
‹Beh, certo› fa da eco alla mia risatina ‹E il canto?›
‹Piano, una cosa alla volta che essere qui a raccontare a te certe cose non è proprio il massimo che mi potesse capitare›
Annuisce, rassegnandosi alla mia scontrosità.
Prendo una grossa quantità d'aria ed inizio a raccontargli, un po' controvoglia, ciò che mi è accaduto. È un argomento del quale fino a ieri non parlavo da più di due anni e rivivere passo a passo quelle situazioni mi butta giù totalmente.
‹Avevo 6 anni quando iniziai a cantare e 16 quando smessi per colpa di un intervento alle corde vocali che fu totalmente devastante. Quel periodo fu davvero interminabile. Ti racconto. Dopo aver tenuto a riposo la voce per il tempo necessario, ripresi a cantare ed ero immensamente contenta di avere ancora la stessa voce, che non fosse cambiato nulla. Il giorno dopo, però, rimasi senza voce, ma pensai che fosse assolutamente un caso. Decisi nuovamente di riposare la mia voce per un paio di settimane, pensando che dovesse riprendersi ancora dall'intervento. Finite anche queste settimane, ovviamente riprovai a cantare, ma con lo stesso risultato di prima. Dopo parecchi giorni riprovai, non mi arresi, ma la situazione andava peggiorando. Andai dal dottore che mi impose categoricamente un anno senza il canto, di non sforzare la voce per nessun motivo. Non puoi immaginare come stavo. Sta di fatto che l'anno passò, riprovai a cantare con una grossissima paura addosso e persi ancora la voce per un mese intero. Pensavo di essere diventata muta. Quando ritornò, nonostante il dottore mi fece infinite raccomandazioni e avendo anche sospeso le lezioni di canto, mi ritrovai in un momento di immensa rabbia con me stessa e urlai talmente tanto forte per cercare di respingere tutto fuori che mi vennero dei giramenti di testa vorticosissimi da provocarmi lo svenimento. Caddi a terra e mi schiacciai il polso destro in modo molto brusco, senza volerlo, ma lo ruppi. I miei genitori mi portarono al pronto soccorso e una volta uscita dall'ospedale con una voce di merda e il polso ingessato, passai un periodo terribilmente brutto. Interruppi per sempre lo studio di canto e pianoforte ma, una volta guarita da tutto, ripresi solo a suonare perché non potevo assolutamente starne senza anche se, ancora adesso, quando suono per molto tempo di continuo, il polso mi fa male. Di cantare, però, non se ne parla più. Sono molto meno libera e meno estroversa da quando non canto, ma ho una paura troppo forte per far uscire la voce di nuovo e non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del cervello di ricominciare. Le cose sono andate così e me le devo tenere, pur non avendo più con me un'enorme valvola di sfogo›
Alessio sembra stravolto e ha l'aria di volermi aiutare in qualche modo. Non dice nulla, pare senza parole.
‹Posso andare adesso?› riprendo parola.
‹No› è serio ‹Non finché non canti› insiste.
Mi alzo prepotentemente dal divanetto ‹Ma, cazzo, non ti è bastato sapere tutto ciò? Ci provi ancora?›
‹Sì perché, come hai detto tu, dentro di te c'è solamente una paura interminabile che devi sconfiggere›
‹Ale ti hanno tagliato le orecchie, per caso? Non posso cantare!› urlo.
‹Tranquillizati, per favore›
‹No!!› strillo ‹Sei un egoista, smettila!!›
‹Nicole, ascoltami!›
‹No!›
‹Tu puoi tornare a sentirti davvero libera!›
‹Ho detto no!› gli occhi si riempiono di lacrimoni.
‹Anche se mi odi, ti prego di ascoltarmi almeno per qualche minuto›
Inizio a singhiozzare e vorrei solamente sparire, ma lui mi abbraccia forte, improvvisamente. Il calore che emana un suo abbraccio è rimasto invariato dall'ultima volta ed io ho sempre considerato i suoi abbracci una cosa meravigliosa.
‹Scusami› piango ininterrottamente.
Mi stringe ancora di più.
‹Ti ascolto› gli do' parola.
‹Questa tua paura la sconfiggi solamente affrontandola direttamente. Dunque guardami› punta i suoi occhi su di me ‹Lo vedi?› mi indica un oggetto, in fondo alla sala, che non prendo in mano da secoli ‹Prendi quel microfono e canta.›
‹Non posso Ale›
‹Puoi. Sento che dentro te, oltre a paura, c'è anche rabbia che vuoi tirare fuori prepotentemente, ma non riesci›
‹E solo cantando potrei›
Mi sorride e va a prendere il microfono.
Sono tanto nervosa, troppo.
‹Tutto tuo› me lo porge.
È ben pulito, lucidato e non ammaccato: è nuovissimo e pare che io debba essere la prima ad usarlo. Lo prendo tremando e con l'ansia che palpita ‹Non so se...›
‹Coraggio. Siediti al pianoforte e canta una canzone che ti piace tanto, che vuoi cantare da tanto›
Mi sento una neonata appena uscita dal grembo della madre e sta iniziando a respirare. Mi siedo al piano e appoggio il microfono sull'asta ‹Ho paura› gli dico esitando.
‹Affogala e pensa a te e nient'altro›
‹E se rimanessi ancora senza voce?›
‹Non accadrà›
‹Come lo sai Ale? Io voglio cantare, credi che non ne abbia bisogno? Penso che nessuno meglio di te può capire come sto senza cantare, o sbaglio? Non canto da due anni ed ho un'evidente e disperata necessità di cantare per me. Non sai quante cose ho dentro che vorrei sentire anche fuori e senza il canto non riesco appieno. Ero una persona più sicura, prima, mentre ora penso davvero troppo. Cantare mi dava quella spensieratezza che vorrei tanto riavere, ma non posso rischiare› improvvisamente Alessio ha assunto le sembianze del mio quadernino che per me è uno dei miei più grandi confidenti. È incredibile come la mia mente cerchi di allontanarsi ma lui riesce a rendere tutto così confortevole anche dopo una situazione di totale caos, disordine.
Ale sistema accuratamente il microfono sull'asta pensando alle parole giuste da dirmi. Sospira, dispiaciuto, come se già sapesse la risposta alla domanda che sta per pormi ‹Ti fidi di me giusto un pochino?›
Passo le mani sulla mia faccia, presa da una crisi di panico. Alessio mi sta facendo pensare quando non dovrei farlo. Canto o non canto? Credevo non mi sarei mai più posta questa domanda, ma è arrivato il momento. Probabilmente il destino questa volta sarà dalla mia parte, ma chi lo può sapere?
‹Senti, Nicole, ti capisco, okay?›
‹Sì, ma se perdessi definitivamente la voce?›
‹Finiscila di trovare scuse su scuse›
‹Non sono scuse!›
‹Cazzo, devi credere in te stessa! Solo da quello che mi dici si vede che non hai un briciolo di orgoglio. Bene, trovalo adesso›
‹Spiegami come faccio! Spiegamelo!› so che ha pienamente ragione.
‹Con quel dannato microfono! Solo con quello!› alza la voce quanto basta per farmi calmare di nuovo completamente e darmi l'impulso di appoggiare le mani sul piano.
‹Una canzone che vuoi cantare da tanto› mi ricorda pacatamente. Si siede sulla sedia, esausto, come se avesse fatto parecchi giri di corsa.
Le mani tremano senza sosta e il cuore non trova pace continuando a saltare pesantemente toccando ogni parte di me.
Inizio a suonare ed immediatamente tutto il peso mi si scrolla di dosso. Sto cercando di immaginarmi nella mia camera, da sola. Chiudo gli occhi e le note di "Ricomincio da me" invadono il mio animo in una frazione di secondo. La voce inizia ad uscire ed improvvisamente riscopro il piacere di volare per davvero, il piacere di stare su una nuvola. Tutto si trasforma in pura magia e cantare oggi, adesso, mi sta rendendo invincibile, potente, indistruttibile. Si sta creando dentro di me una forza e un'aria così tanto pure che non le saprei mai descrivere. È davvero impressionante.
‹...perché è l'unico salto da fare... per te!› canto ‹Non è l'ultimo... l'ultimo, non è l'ultimo!› e sento che davvero questo salto che fino a qualche minuto fa avrebbe potuto sembrarmi nel vuoto, ora è un salto su un letto di piume immenso che mi da' quella tranquillità che tanto desideravo da tempo. Si tratta di una sensazione incredibilmente magica e maestosa e so sicuramente che questo salto non sarà l'ultimo.
Quando riapro gli occhi a fine canzone, suono l'ultima nota in modo liberatorio, forte, passionale. Mi volto verso Alessio che mi osserva con un'espressione rilassata, di totale pace. Mi sorride, e quel sorriso è rimasto impresso dentro me fin dall'ultimo istante in cui credevo che lui non sarebbe mai più entrato nella mia vita. E invece eccolo, e mi ha salvata di nuovo.
‹Grazie› mi dice quasi sussurrando, come se fosse un segreto tra me e lui e, infondo, credo lo sia.
Penso di aver sentito un piccolo brivido di emozione. Impacciata gli chiedo ‹Per... per cosa?›
‹Mi hai regalato un momento bellissimo, pieno di ricordi, e la tua voce, caspita, è decisamente più incredibile di due anni fa›
‹Io ti ringrazio Ale, davvero. Mi sento meglio, felice, e questa volta sono felice veramente. Sei stato a dir poco eccezionale, mi hai sbloccata e ritirata fuori, mi sento così decisa e tutto ciò in pochi minuti›
‹Non lo avrei fatto se avessi pensato che tu non possedessi queste enormi potenzialità. E ringrazia la tua amica per avermi dato quella chiavetta› mi fa l'occhiolino.
Accenno una risata e lo abbraccio d'istinto. Lui ricambia affettuosamente facendomi dondolare a destra e a sinistra, dolcemente, e penso che non se ne sia mai andato per davvero.
‹Grazie Ale, grazie veramente ancora›
‹Io ti ho dato solo la spinta. Le tue paure le hai sconfitte da sola e non c'è niente di più gratificante›
‹Lo penso anch'io›
‹Da oggi, questo› prende il microfono ‹lo devi tenere sempre in mano, e la voce sempre alta, sempre immensa, pronta ad urlare al mondo la tua persona›
Nel trovare le parole adatte a tutto non ha mai fallito e mai lo farà.
‹Credo di star vivendo un nuovo inizio e sento di poter fare tutto, in questo istante. È bellissimo› sono emozionata al massimo.
‹Sono felice di averti aiutata›
‹Ed io sono felice di aver condiviso ciò con te e di averti... ritrovato› gli sorrido davvero.

Sono sotto la doccia e canto, canto, canto. Mi era mancato dannatamente tanto. Devo raccontare tutto ai miei amici, soprattutto a Lea.
Stasera indosso un pigiama pulito, appena lavato, e, dopo aver asciugato i capelli, accenderò delle candele profumate in camera mia e mi preparerò una tisana. Spalmerò sul mio corpo quella crema alle mandorle che tanto amo ma non metto quasi mai. Andrò a dormire relativamente presto per sentirmi ancora più rilassata e in questi giorni voglio iniziare a progettare la mia nuova camera. Avevo bisogno di dedicare veramente del tempo a me stessa.
Mi guardo allo specchio e vedo una Nicole in viaggio per un cambiamento importante: essere nuova, fresca. Mi vedo pronta ad affrontare addirittura il mondo intero, pronta a farcela più di prima. Sorrido sistemandomi i capelli e pensando che, in fondo, non sono così tanto male.
Vado in cucina a prepararmi la tisana e, non appena pronta, vado nella mia camera e m'infilo sotto le coperte. Mentre aspetto che la tisana si raffreddi, prendo il mio quadernino. Voglio scrivere qualcosa, qualunque cosa mi passi per la testa. Sono più che certa di volermi impegnare nel scrivere canzoni, credo di poter fare qualunque cosa! Oggi, davanti a me, si sono aperte le porte della vera gioia.
Apro il quaderno e la prima cosa che mi balza all'occhio è quella frase, quella dannata frase: "La vita ci consuma". Subito quel sogno che mi ha turbata per parecchi giorni assume un senso logico. Con la mia frase ho creato una canzone meravigliosa ed ora Alessio ne è il proprietario. I sogni portano sempre da qualche parte o portano qualcosa da te, ed io ci ho sempre creduto.
Prendo una pagina bianca e una penna e lascio che i miei pensieri si materializzino.

«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora