Troppi. Troppi, troppi, troppi stronzi, diceva Cal mentre camminava sotto la pioggia. Si stava bagnando completamente ma la cosa gli piaceva: una specie di purificazione dell'anima.
Cal aveva paura. Di un sacco di cose. Della morte, della vita. Del futuro. E specialmente dell'amore.
E degli stronzi. Così, in generale. Come quel Filippo, il figaccione. Pippo si fa chiamare, quella merda. Col suo fisico asciutto e il capo calvo che pare una tetta senza capezzolo, e i vestiti eleganti e i rayban anche di notte. Si schiantasse.
Arrivò alla moto, bagnata quanto e più di lui. Due spugne nella vasca. Quando sentì il vibrare della sella fra i glutei, quella sensazione come di un piccolo orgasmo che risale lungo la spina dorsale, si sentì meglio. Anche i 3 Negroni aiutavano. Partì a manetta. E chissenefrega di radar e semafori. Svoltò verso il centro. Fanculo l'autostrada. Fanculo tutto. 3 di notte. Quando vide la vetrina illuminata a 100 metri sentì la rabbia montargli. Diede gas. Quando fu a 40 metri iniziò a urlare. E l'urlo sembrò sfondare la vetrina insieme alla moto e a Cal, per poi confondersi con quello dell'ambulanza. Lo trovarono ancora vivo. Neanche tanto malridotto, semiseppellito sotto un mucchio di occhiali da sole. Rideva.