4- Gita in città

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Sono passate già due settimane dal mio arrivo alla reggia e non ho ancora trovato un nuovo lavoro. Non pensavo sarebbe stato così difficile. Bhe, d'altronde lavorando sei giorni su sette tutto il giorno non mi resta molto tempo da dedicare alla ricerca di un ristorante o un hotel bisognoso d'aiuto. Magari se andassi in città sarebbe più semplice...ma il guaio è che dista mezz'ora in auto e io ovviamente non c'è l'ho.
Lunedì scorso ho provato a chiedere a Marta se le sarebbe piaciuto fare insieme un giro nella "Grande Mela" ma non poteva.
Non ha ancora la patente e sta studiando per l'esame di teoria che dovrà dare la prossima settimana, per questo sfrutta il suo unico giorno libero per studiare. Povera, mi fa quasi pena. In compenso mi ha spiegato gli orari dei bus. Sono molto semplici. C'è solo una linea che fa avanti indietro tra New York e la desolata campagna circostante, passa solo due volte, alle otto di mattina o alle sette di sera. Quindi ora sono davvero molto indecisa su quale prendere.

L'autobus, chiamarlo così è un'offesa per tutti i suoi lontani ma molto lontani parenti, è un vecchio catorcio a quattro ruote verde, o almeno un tempo doveva essere quello il colore. È praticamente vuoto, oltre a me ci sono solo altre 5 persone. Una donna con un bimbo, un anziano e due ragazze che lavorano come me alla reggia, Lucy e Mary. Non le conosco bene, sono molto timide. So solo che sono due gemelle identiche che non riesco a distinguere, sempre attaccate l'una all'altra e che si occupano della pulizia delle camere.
Mi siedo vicino al finestrino da sola e osservo i campi che pian piano lasciano spazio alle fabbriche e infine alla città con i suoi maestosi grattacieli.

Decido di scendere alla prima fermata in città. Mi volto per alzarmi ma mi ritrovo di fronte un ragazzo intento a leggere un libro.
"Non ti conviene scendere qui" dice mantenendo lo sguardo fisso sul libro. Io sono abbastanza confusa, apro la bocca per rispondere ma mi anticipa.
"Sono salito due fermate fa e non mi hai notato perché eri intenta a guardare un campo di grano fuori dal finestrino anche se sembravi più assorta nei tuoi pensieri che nel panorama."
Rimango stupita dalle sue parole e ovviamente resto come un'ebete con la bocca aperta a fissarlo.
Nel frattempo il bus riparte e mi riscuoto, provando a concentrarmi sulla prima cosa che ha detto.
"Okaaay...quindi perché non dovrei scendere qui? Anche se ormai è troppo tardi per farlo..."
Chiude il libro e gira gli occhi verso di me. Mi scruta attentamente per qualche secondo, come se fosse un detective che deve assicurarsi che stia dicendo la verità. Quando sembra sicuro della sua tesi risponde finalmente alla mia domanda.
"Sei nuova, mai stata in città prima d'ora. Meglio di no."
Resto nuovamente colpita. Il suo atteggiamento e la sicurezza che traspare quando parla è a dir poco disarmante.
"Come fai a saperlo?"
"Semplice: nessuno scenderebbe in quella zona ammenoche non sia un criminale, un drogato o, nel tuo caso, uno che non è mai stato a New York. Oppure devo dedurre che dietro questa faccia si nasconde una killer psicopatica?"
"Ah, tranquillo non sono una pazza,per ora. Comunque ti ringrazio. "
"Non c'è di che."
Pare non avere piu niente da aggiungere e riapre il suo libro.
Io continuo a guardarlo studiandolo in ogni minimo particolare. Indossa degli occhiali marroni scuro che gli danno un aria molto -sexy- acculturata, i riccioli biondi gli cadono poco sopra i grandi occhi nocciola e la pelle, benché sia ancora presto per una bella abbronzatura, è già bronzea.
"Mi devi dire qualcosa o preferisci continuare a fissarmi finché non ti sentirai troppo in imbarazzo?"
Sento le guance scaldarsi, segno che sono diventata rossa come un pomodoro.
Abbasso lo sguardo e mi rigiro verso il finestrino.
Passo qualche minuto a osservare il traffico per le strade e a pensare a qualcosa di intelligente da dire per non sembrare del tutto una stupida.
Mi giro lentamente verso di lui incerta.
"Ehm..visto che sono nuova, in quale fermata mi consiglieresti di scendere?"
"Sicuramente in quella vicino al Empire State Building, così da brava turista potresti iniziare il tuo tuor con una magnifica vista dall'alto della città."
"Bene, mi sembra una buona idea."
Probabilmente lo avrei detto ugualmente anche se mi avesse proposto di visitare il Bronx.
Ha una voce molto calma e penetrante e un modo di fare talmente sicuro da convincerti di ciò che dice ogni volta che apre bocca.
"Senti io scendo lì e ammesso che tu mi abbia detto la verità sul fatto che non sei pazza, posso farti da guida della città. Oggi non ho nessun impegno prima delle due perciò sono libero. Ovviamente se sei d'accordo."
A questo punto, ormai del tutto ammaliata da lui, non riesco a rifiutare la sua offerta. In fondo la mia ricerca può anche aspettare qualche ora.
"Emh...okay, va bene!"
Mi guarda e nasconde un leggero risolino.
Lo guardò con aria interrogativa.
"No niente ridevo solo tra me e me."
Alzo le sopracciglia per fargli capire che non sono una che si arrende tanto facilmente.
"Stavo solo pensando come tu faccia a fidarti, potrei essere un poco di buono qualunque per quanto ne sai."
Non ha tutti i torti, anzi pensandoci bene ha ragione. Potrebbe essere un imbroglione, un ladro o peggio un killer che adesca le sue vittime in questo modo!
"Dal tuo sguardo si direbbe che ora hai un po' paura". Ripone il libro nel suo zaino che teneva nascosto sotto le gambe.
"Tranquilla stavo scherzando. Sono solo uno studente del college che pulisce piscine per raccimolare qualche soldo ogni tanto."
Sorride e mi fa l'occhiolino. Mi scappa un sospiro di sollievo e un mezzo sorriso.
L'autobus si ferma nuovamente, mi volto e scorgo nello sfondo il più imponente grattacielo di New York.
"Arrivati."

Il pezzo mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora